"Dalle sponde del mare bianco"
di Mouncef Ghachem
di Mouncef Ghachem
Ogni
parola ha la sua nota, ogni scritto la propria colonna sonora, in questa
raccolta di liriche più vero che mai. Il poeta pescatore di Mahdia, nel sud
della Tunisia e il complesso musicale siciliano dei Dounia, sono un binomio di
emozionalità legato al Mediterraneo che in quel tratto lega e mescola sentori,
parole, accordi tunisini e siciliani in un intreccio difficile da dipanare, con
un ammiccamento che è vezzo e insieme rabbia, ma anche nostalgia per la cultura
francese. Chi conosce e ama la letteratura sa che quest’inclinazione la si
ritrova presso i siciliani come i tunisini. Mi viene in mente una lettera che
Leonardo Sciascia ha scritto a Gesualdo Bufalino, parlando dell’isola patria
comune come di un crocevia di culture quanto, al tempo stesso, di un luogo
appartato un po’ dimenticato nel quale i giovani intellettuali curiosi si sono
formati fuori dai clamori della mondanità culturale; per dedicarsi alla lettura
dei grandi classici e certamente della letteratura francese. Moucef Ghachem è
una scoperta che merita, rivelatrice della poesia nella sua doppia dimensione
estremamente intima e consolatoria e allo stesso tempo corale, come il canto
dei pescatori. In un mélange tra prosa e poesia il poeta racconta il suo
esordio in un paese pressoché medioevale, la storia della povertà della sua
famiglia, mai della miseria; la lezione di dignità e la vita dura e solidale
del mare. E ancora l’importanza degli incontri, in particolare quello con il
maestro che li porta a visitare la fortezza spagnola della cittadina, gli
insegna i versi di Victor Hugo e con l’emozione della poesia, la cultura come
strumento di civilizzazione; facendogli provare lo choc di una visita al
carcere appunto. Nei versi talora crudi, dove il tunisino – e non l’arabo
classico e aulico – si mescola ad influenze siciliane, all’eco francese e a
suggestioni della cultura orale – c’è la forza dirompente della natura tra il
mare sconfinato e le rocce ruvide, aguglie; il pesce che in molti proverbi
tunisini è ritenuto come simbolo di abbondanza e grazia; e il duro lavoro
vissuto sempre con fierezza. Nei racconti dello zio arriva l’eco della guerra,
combattuta dai maghrebini per conto del colonizzatore, il senso di
emarginazione e la voglia di emulazione, l’orgoglio di aver imparato a parlare
nella lingua degli ‘invasori’ per essere poi disconosciuti in patria. Il
linguaggio di Ghachem è musicale, nutrito dal rumore del mare, il canto degli
uccelli, i sussulti dei pesci, pare di sentire, è nella sua semplice
quotidianità prezioso, singolare e diventa impegno civile per la difesa della
vita e la religione dell’amore. “…La fulgurance d’une enfance/sur laquelle règnent/des
hommes de mer/des femmes de nuit/ je me déplace grace à l’étoile/ et à
l’oiseau/je brûd’amour”.
I Dounia
invece da anni si occupano di teatro e sono abituati a modulare l’armonia per
interpretare la parola in una fusion suggestive ed evocative, non semplicemente
di accompagnamento e didascalica.
“Dalle sponde del mare bianco”
di Mouncef Ghachem
Mesogea edizioni
Con cd dei Dounia
14,00 euro
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