martedì 12 giugno 2012

"Il Talamo delle farfalle" di Elena Fieni

Il titolo è suggestivo e nasconde, fino alla fine del libro, il senso del testo stesso, un cerchio imperfetto? No, una spirale, dove si congiungono inizio e fine ma intrecciandosi e complicandosi, su piani che non collimano perfettamente come nella vita perché il tempo che passa ha fatto il suo corso e le storie non possono riprendere da dove sono state interrotte. Il racconto si rivela essere un libro nel libro, dove il libro raccontato da il titolo al libro scritto e pubblicato, con una vicenda snodata negli Anni Quaranta del Novecento a Roma, tra il Rione Monti (il mio per altro) e il Ghetto, che parte da una digressione, apparentemente tale, a New York per terminare nella Grande Mela, ben più tardi.

Il testo scorre, con un dialogo fitto, e qualche inserzione poetica sorprendente che arriva volando alta tra le parole di gente comune.

Il lettore è condotto per mano e si chiede quasi perché tanto pellegrinare nella vita di Giulia, una ragazza siciliana che ha perso i genitori vittime della mafia, e si ritrova a vivere in un bordello, il Bonbon, nel cuore di Monti. Nella sua storia c’è qualcosa di straniante, tenero e surreale ad un tempo: il suo candore, l’attaccamento alla terra che emerge dall’uso del siciliano, cozzano con l’ambiente circostante dal quale non appare contaminata. Ci si chiede come sia finita lì, come sia tollerata e rispettata dalle altre ragazze e soprattutto da Madame. Il romanzo è un chiaroscuro, il mondo esterno di luce, spazi aperti, viuzze storiche e quello della penombra delle camere, dei notturni, delle chiacchiere intorno alla toilette. Sullo sfondo le vicende politiche drammatiche, la guerra, le leggi raziali, fino alla cosiddetta liberazione di Roma e la violenza dei tedeschi che infuria. Adagio, in un crescendo, la storia e le biografie formano un intreccio, che si condizionano a vicenda. Un amore impossibile tra un ebreo, David, e la cattolicissima Giulia; la trasgressione di una casa chiusa e il dovere sociale di protezione di Madame nei confronti delle ragazze e dei più deboli. Dietro le quinte di un amore che nasce tra i rovi e di amori consumati, sofferti e soffocati, un progetto non rivelato fino in fondo, che maturerà lentamente in rivoli diversi: quello di David oltre Oceano; quello di Giulia, dedicato al figlio; quello di Madame per le sue protette e di altri eroi anonimi. Come si die in una sorte di post scriptum i sogni valgono la pena anche se non si avverano per l’energia che sprigionano. La vicenda è tortuosa e si impenna rivelandosi solo verso la fine ed è un peccato svelarla. E’ forte la tentazione ed è un rischio che si corre parlando di libri. Il lettore però dev’essere solo incuriosito, non troppo istradato.

Vorrei chiedere all’autrice, che mi ha fatto dono di questo suo lavoro, molte cose e credo che le sue risposte siano la parte più interessante del libro, di quello non scritto, del lavoro che sta dietro le pagine, di quello che un giorno le auguro diventerà un’altra traccia di inchiostro.

Innanzi tutto mi piacerebbe capire perché la scelta di ambientare un racconto in un periodo del quale si è scritto tanto, soprattutto della città di Roma, teatro di film memorabili? Tra l’altro questo ha richiesto una ricerca di documentazione lunga e impegnativa, pur trattandosi dichiaratamente di un romanzo, anche se alcuni personaggi e fatti trovano ispirazione nella cronaca del tempo. Una sfida importante. L’altra peculiarità è il contrasto tra la figura eterea di Giulia e l’ambiente nel quale viene accolta. C’è una rinuncia nella sua vita, verso i suoi affetti più cari che forse non è del tutto giustificata. Chi è davvero Giulia? E chi è Madame, troppo riduttivo definirla la tenutaria di un bordello? Tanto che in più di un passaggio sono tornata indietro per chiedermi se avessi frainteso qualcosa. E’ un libro spiazzante che certamente fa riflettere, che parla di coraggio, del coraggio e della determinazione nel coltivare sogni e impegno.  E’ un libro, ancora, che merita di essere letto per i rimandi più che per la storia, che non può essere esaurito in tanti racconti di vite spezzate, divise e osteggiate dal razzismo e dalla guerra nella Roma di allora. Che cosa significa davvero per l’autrice che l’amore è fuoco liquido? E a cosa allude il talamo delle farfalle, immagini che compaiono almeno 3 volte nel libro senza che se ne esaurisca la definizione come la firma del liutaio sui propri strumenti.

In fondo la domanda è una sola: perché una giovane scrittrice di oggi si appassiona all’indagine di una vita di allora che apparentemente ha poco in comune con la propria?


“Il talamo delle farfalle”
di Elena Fieni
Pendragon edizioni
16.00 euro


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