Rosa è il colore della Persia”
di Vanna Vannuccini
il
sogno perduto di una democrazia islamica
Ho conosciuto Vanna
Vannuccini alla presentazione a San Donato nella Valle di Comino del suo libro
“L’amore a Settant’anni” – dal quale è stato tratto un film – nell’ambito del
Festival delle Storie. Andando a cercare il suo libro ho trovato questo titolo,
del tutto diverso e ho scoperto che è stata Inviato per “la Repubblica” in
Germania e in Iran. La vicenda mi ha incuriosita, soprattutto il titolo
suggestivo e descrittivo che annuncia un paese lontano e immaginifico come la
Persia. E’ forse tra l’altro la prima volta che leggo qualcosa attinente
all’Iran scritto da un autore straniero. Il testo è bello e scorrevole,
didattico senza pedanteria, senza troppi commenti e farciture dell’autore; un
affresco che ha insieme il sapore delle cronaca politica e dell’analisi
storica, dove lo scrittore si fa trasparente, senza mettersi nella storia,
fatto ormai piuttosto insolito, per lasciare emergere il mondo dell’altro. Lo
ritengo un testo iniziatico che consente un approccio semplice e completo,
unendo elementi culturali, lontani nel tempo e di grande attualità. Emergono
della Persia alcune caratteristiche essenziali: una stilizzazione cristallina,
senza cedere ad una semplificazione. La Persia è il paese delle rose, dei
tappeti e dei giardini, quelli raffigurati nei tappeti, lontano dall’essere un
semplice oggetto di arredo e della poesia. Soprattutto in passato non era
difficile incontrare qualcuno che iniziava un discorso citando i versi di un
poeta. Lo stesso nome ‘paradiso’ simboleggiato in molte religioni come un
giardino viene proprio dal persiano, dal ‘circondare con mura’, in qualche modo
proteggere qualcosa di prezioso. La Persia, ci racconta Vanna Vannuccini, è stato
il paese più occidentale tra gli orientali e il persiano era la lingua di corte
in India, lo si parlava a Venezia e a Sarajevo fino alla prima guerra mondiale.
Ha nell’ambito del mondo islamico un’eccezione singolare: musulmano non
arabizzato. Fu lo scià Reza Palhevi a far riaffiorare l’antica cultura dello
zoroastrismo, poi boicottata dalla rivoluzione islamica. Al di là delle analisi
e approfondimenti storici che lascio al gusto del lettore scoprire, il testo
narra il fallimento di una rivoluzione, dal 1979, con il sogno degli studenti,
all’ascesa di una dittatura religiosa frustrante e castrante per il paese, da
Khomeini a Khamenei, con le oscillazioni tra aperture e chiusure con Rafsanjani
e Khatami, troppo debole quest’ultimo per garantire le libertà promesse, fino
all’ascesa sorprendente del sindaco di Teheran, Mahmoud Ahmadinejad con la
quale l’ala radicale ha preso il sopravvento. Il suo successo è legato
all’immagine di un uomo semplice, con un appartamento nel condominio dove ha
sempre abitato con i genitori, dai quali va spesso a pranzo in un quartiere
periferico della città. L’uomo della porta accanto, un uomo del popolo, devoto
e semplice. La parte di maggior spessore storico è la vivisezione lucida e
impietosa di come un sogno si trasformi in un incubo: dove il capitalismo e il
comunismo avevano fallito il popolo confidò nella religione pensando che dei
religioni non avrebbero mai tradito la comunità dei credenti, assicurando
tolleranza e pace. Il dramma è che in nome di una rivoluzione culturale e
spirituale, sono state sospese le ‘notti della poesia’, la musica, e tutto ciò
che ha espresso nei millenni l’anima dei persiani, riservati fino al paradosso,
convinti che le idee non occorra mostrarle per dar loro forza, con un
atteggiamento agli antipodi del proselitismo.
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“Rosa è il colore della
Persia”
di Vanna Vannuccini
Serie Bianca Feltrinelli
Euro 12,00
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