martedì 29 gennaio 2013

Da Editoriaraba “Elogio dell’odio” di Khaled Khalifa un libro dalla parte dell’uomo


"Elogio dell’odio" (Bompiani, 2011) è il romanzo che ha fatto conoscere in Italia lo scrittore siriano Khaled Khalifa, che da quando è iniziata la guerra civile in Siria è in prima linea per far conoscere al mondo quanto sta accadendo nel suo paese. Forse vi ricorderete quanto scriveva solo un anno fa, nella sua lettera, un accorato appello, aperta agli scrittori di tutto il mondo: “spero di avervi esortati a mostrare la vostra solidarietà al mio popolo con i mezzi che riterrete più opportuni. So che la scrittura è impotente e nuda di fronte al frastuono dei cannoni, dei carri armati e dei missili russi che bombardano città e civili inermi, ma non mi va che anche il vostro silenzio sia complice dello sterminio del mio popolo”. 
La recensione è a firma di Annamaria Bianco ma, come sempre, la sezione commenti è a disposizione di chiunque abbia letto il libro e voglia condividere con noi la sua opinione. 
L’odio come risposta all’odio, in un mondo dove la legge universale non è più quella dell’amore: la Siria degli anni ’80, dilaniata dal conflitto fra l’islamismo radicale e il dispotismo militare; la città di Aleppo; la famiglia dell’anonima narratrice, protagonista di un romanzo ancora tremendamente attuale. Purtroppo. Un libro che lascia addosso quella sensazione da “resto di niente” e un vuoto, e un’amarezza, così intimi da turbare nel profondo. O, almeno, per quanto riguarda la mia personalissima esperienza.
Scritto con l’inchiostro della poesia, con un linguaggio allegorico tipicamente siriano, che lascia spazio alle metafore che scivolano dalla bocca della narratrice, mentre racconta gli avvenimenti della sua vita con un lirismo sempre più commovente con l’incalzare del ritmo della narrazione, fino a raggiungere il culmine con il drammatico epilogo. Gli stessi titoli dei capitoli giocano sulla creazione costante di sinestesie, mentre fra le pagine aleggiano onnipresenti profumi, come quelli creati da Radwan, il servitore cieco della famiglia; un personaggio secondario, ma splendido con tutte le sue peculiarità, come tutte le altre figure che si fanno spazio all’interno di quello che potrebbe essere considerato un vero e proprio romanzo corale. Al suo interno, un mescolarsi di ricordi, che si intrecciano come visioni, tra il sonno e la veglia, il desiderio di fuga dal mondo, la solitudine, la ricerca dell’autoaffermazione nella negazione del corpo, la sessualità proibita, l’amore che porta a imbalsamare farfalle. Le storie dei singoli, le loro passioni e ossessioni, si svelano pian piano, sullo sfondo degli scontri civili. 
Ci sono i tre zii, Salim il sufi; Bakr che lancia il jihad contro il regime trascinando l’intera famiglia nella guerra; e Omar, che si dedica alla malavita. Poi ci sono le tre zie, Mariam, l’anziana vergine che vigila sulla moralità delle altre donne della casa e racconta storie sul passato glorioso della loro famiglia; Safa’, in costante conflitto con lei; e Marwa, che trova la felicità tra le braccia di un ufficiale. In effetti, a parlare e ad agire sono soprattutto le donne, alle quali è lasciato molto spazio e attraverso le quali, anzi, viene raccontata ogni vicenda; donne di ogni età, di ogni status sociale e ideologia. Un espediente per non rappresentare i fatti nella loro schiacciante verità storica, forse, o forse per mostrare quanto l’odio possa corrompere anche quella che dovrebbe essere l’incarnazione vivente dell’amore. 
In entrambi i casi, l’impatto è stato vincente: Khaled Khalifa è riuscito a risvegliare le coscienze di un popolo che sembrava aver archiviato nel dimenticatoio “Gli Avvenimenti” di quegli anni; questa la litote con la quale i siriani parlavano di un passato che ha fatto 250.000 morti. Neppure la censura ha potuto nulla contro la potenza del romanzo, che si è imposto sulla scena internazionale dopo la nomination al “Premio internazionale del Romanzo Arabo” e del quale sono state fatte numerose traduzioni in diverse lingue. 
Un libro che consiglio davvero di leggere, perché non fa politica. L’unica parte dalla quale è schierato è quella degli esseri umani e della vita. 
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*Khaled Khalifa è nato ad Aleppo nel 1964. Lì ha frequentato la facoltà di legge e, dopo la laurea, si è dedicato alla letteratura, lavorando come sceneggiatore per il cinema e la televisione, per poi fondare la rivista culturale “Aleph”, in seguito censurata dal governo siriano. “Elogio dell’odio” (Madih al-Karahiya), nominato nel 2008 per il Premio internazionale del Romanzo Arabo, è il suo terzo libro. In Italia è edito da Bompiani (2011). Attualmente, lavora su un quarto romanzo, ma va avanti a rilento essendo stato vittima, nel maggio scorso, di una frattura della mano da parte delle autorità. 
Da sempre fortemente coinvolto nelle vicende del suo paese, qualche tempo fa ha indirizzato agli scrittori di tutto il mondo una lettera aperta sulla rivoluzione siriana.

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