Anoressia delle
passioni
di Serena Libertà
Un libro esile nel formato che scivola rapido alla lettura: lo
stile è piano, quasi soave, una conversazione, anzi una confessione che arriva
ponderata, meditata, con la giusta distanza degli anni che la separano da
quanto narrato. Eppure il testo colpisce fino alle lacrime. Per un periodo mi
sono occupata di queste tematiche professionalmente ma non ricordo una nuda
testimonianza così dolce e penetrante di tanti drammi che ho letto.
Probabilmente è proprio il narrare senza orpelli, con una grande umiltà ad avermi
colpita. Serena, lo pseudonimo con il quale la protagonista scrive la propria
storia, è uscita dal tunnel dell’anoressia che l’ha condotta quasi in fin di
vita e gradualmente, non senza fatica, è resuscitata, in gran parte per merito
della fede e dell’incontro con una comunità religiosa ma non parla di miracolo.
Mi permetto di dire non perché non ci abbia creduto profondamente ma perché con
pudore non osa nominare l’incontro con Dio, anzi il suo abbraccio, come un
miracolo,; vuole semplicemente essere testimone di quella che è stata la sua
strada. La scrittura rappresenta per Serena nella fase acuta della malattia –
di quella malattia dell’anima e sociale insieme, che non è una semplice
questione di cibo e di peso – l’unica consolazione, il dialogo con l’amico
invisibile come lei che non può vederla né ferirla con il suo sguardo
inquisitorio ma solo ascoltarla. Di ascolto ha bisogno Serena e oggi scrive per
accogliere e ascoltare altri e altre che sono ancora nel tunnel, quello senza
pareti e senza fine nel quale ha brancolato per tanto tempo. La scrittura è conforto,
strumento di guarigione e bisogno insopprimibile di raccontare e testimoniare.
Tra le righe si evince che l’autrice non si sente unica e speciale e non vuole
raccontare se stessa ma un vissuto, far sentire le emozioni e quello che ha
imparato attraverso il dolore. Sono tante le suggestioni del testo e vorrei
ripercorrerle in successione a cominciare dalla paura quel sentimento che
sembra dominare la sua infanzia: è la storia di una bambina impaurita che
diventa trasparente perché qualcuno si accorga di lei. E’ il paradosso di una
comunicazione che non ha parole ma solo lacrime e fame, fragile, troppo
fragile. Nella privazione del cibo trova la risposta al suo piacere negato. C’è
un’analisi lucida e quasi spietata della famiglia, in certi punti tagliente, in
altri commovente e di grande riconoscenza. C’è la consapevolezza amara quanto
realistica che il dolore abbia una propria utilità – il dolore che uccide, atterra, strazia, è stato fonte di vita, di una
vita diversa e di un amore che non avevo mai provato, scrive - e perfino la morte, per aprire le porte della
verità. In questo senso è struggente la lettera al padre quando dice C’è voluto il dolore per amarti.
In fondo anche dell’anoressia racconta che forse le serviva per
andare da qualche parte. Ed è andata lontana, nell’amore con il quale ha
condiviso un’esperienza di crescita spirituale e per essere diventata tre volte
mamma. E’ un libro che si legge d’un fiato e che riafferma il primato
dell’amore, come accoglienza, ascolto e perdono. E’ un messaggio forte,
impegnativo ma anche in questo caso, offerto da Serena con grande garbo e
discrezione.
Anoressia delle passioni
di Serena Libertà
Albeggi Edizioni
ConVivo
10,00 euro
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