Cinzia Capitanio
Una favola dei nostri giorni, probabilmente una storia di
fantasia che ha tutto il sapore di una storia vera, di cronaca e di dolore, ma
anche di speranza e di tenerezza. Il racconto è pubblicato dalla Collana
Crisalidi e farfalle ad indicare quella fase di passaggio dai 10 ai 15 anni
nella quale i ragazzi non sono più bambini ma non ancora adulti. E’ quel
periodo delicato ed essenziale nella formazione che va dalla pubertà alla prima
adolescenza e che oggi più di una volta rappresenta un momento cruciale perché
spesso sinonimo di un cambiamento subitaneo, incontrollabile verso una vita che
mima quella degli adulti e che non diventerà mai matura. Per questo mi sembra
così importante dedicare loro una narrativa di formazione, non perdere il gusto
di dialogare e di insegnare attraverso una metafora che facendo leva sulle
emozioni è più immediata e più incisiva e non ha il sapore di una storia morale
né di una lezione. In fondo è quello che succede ai due protagonisti o meglio a
Marco, il bambino italiano di famiglia agiata, un po’ viziato che si trova di
punto in bianco catapultato come in uno specchio nella drammaticità della vita
di un suo coetaneo.
La storia è narrata dai due bambini e dai loro diari sui
quali scrivono con delle matite colorate che finiscono per entrambi in fondo al
mare. E’ l’unica cosa che hanno in comune, Marco e Seydou, che compiono un
viaggio per mare, sullo stesso mare e che sognano ad un certo punto di essersi
perfino incontrati involontariamente. Sono ‘bravi bambini’ che non si
risparmiano nello studio, con la passione del calcio, che è un alfabeto comune,
che partono con tanto entusiasmo e passione, e ad un certo punto provano,
entrambi, paura, delusione, voglia di tornare a casa. E ancora, sono bambini
amati dalle proprie famiglie, rispettivamente, con una sorellina e un
fratellino, che amano ma per i quali hanno provato gelosia. La similitudine si
ferma qui. In Marco c’è l’abitudine al meglio, la realizzazione dei propri
desideri come dovuta e quindi la rabbia, il capriccio; in Seydou c’è la
gratitudine per la vita, sempre e comunque, il grande rispetto per l’autorevolezza
dei proprio genitori. Marco è in crociera con la propria famiglia e gira per il
Mediterraneo; Seydou affronta un doloroso viaggio , fuggendo dal villaggio in
Costa d’Avorio a causa della guerra, arrivando in Libia da una zia e quindi
partendo per l’Italia, con la speranza di un futuro: affronterà un viaggio
della disperazione nella stiva di un peschereccio.
Cinzia Capitanio |
Il diario farà compagnia ad entrambi, sarà il piacere di
raccontare una gioia, la consolazione di un momento di sconforto. A Marco è
stato regalato dalla mamma e all’inizio vissuto con il fastidio di un impegno
del tipo ‘compiti a casa’ anche in vacanza; a Seydou è arrivato come dono
gradito dalla zia e sorpresa ancor più meravigliosa della mamma quando gli
consegna delle matite colorate. E’ la prima volta che possiede qualcosa di
tutto suo e lo difenderà anche nel momento in cui deve gettarsi in mare perché
il peschereccio è arrivato troppo vicino alla costa e i trafficanti di uomini
temono di essere scoperti. Al villaggio alla scuola tutto era in comune e
nessuno poteva portarsi a casa neppure un gessetto colorato.
All’inizio la distanza tra i due bambini è abissale anche
se poi si ritrovano idealmente vicini nel presunto pericolo e in quella paura
che fa rifugiare ogni piccolo nelle braccia materne.
Lasciamo i due bambini in vista della terra come sospesi,
soprattutto per la vicenda di Seydou. Li ritroviamo nella stessa classe a
leggere i propri diari, con l’emozione condivisa, con le risate dei compagni
ascoltando i racconti di Marco e le lacrime per quelli di Seydou. E’ un
incontro forte che scombussola l’infanzia di Marco, un po’ dorata e poco
consapevole e lo avvia ad una conversione. Non ci è dato sapere se il sogno di
diventare amici si avvererà né se Marco terrà fede alla sua aspirazione. Mi
vengono in mente le parole dello scrittore Luis Borges “Ogni incontro casuale è
un appuntamento”. Credo che la vita ci proponga delle occasioni che sta a noi
raccogliere e coltivare ed è su questo che si gioca la nostra responsabilità.
Non è necessariamente più bravo chi è più sfortunato perché potrebbe perdersi o
coltivare la rabbia; è migliore chi si mette in gioco e coltiva i talenti che
gli sono stati donati. Mi sembra che la formula di una fiaba vicina al nostro
mondo sia una bella iniziativa perché troppo spesso le fiabe non sono credibili
e quindi non sono efficaci.
E’ un modo per recuperare quella tradizione orale del
raccontare storie ai bambini e ai ragazzi spesso tratte dalla vita, come quelle
che il nonno di Seydou gli raccontava e che io stessa ricordo e che sempre più
stiamo perdendo. Raccontare storie vuol dire anche educare alle emozioni e all’ascolto
che è il primo passo verso la tolleranza.
“Matite colorate in fondo al mare”
Cinzia Capitanio
Illustrazione di Antonio Boffa
Casa Editrice Mammeonline
7,00 euro
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