martedì 1 aprile 2014

"Il confine di Bonetti" di Giovanni Floris

Lunedì, 31 Marzo 2014 Ilaria Guidantoni

Romanzo di spunto autobiografico, territoriale e ben contestualizzato nei disprezzati Anni Ottanta che per una volta assumono un loro colore. Un linguaggio diretto, dall’apparenza spontanea, per raccontare un gruppo di amici, nella Roma agiata di quegli anni, percorsi diversi e poi il recupero per un’occasione, un errore, un guaio che diventa un’occasione per ripensarsi, fare autocritica e rivalutare quel decennio che nessuno ha mai ritenuto meritevole di essere raccontato. La prima parte è quasi il diario di un adolescente, per diventare poi un confronto serrato e speculare tra ieri e oggi, attraverso la cronaca giudiziaria: il fatto in sé sussiste a metà, ma apre ad una riflessione sulla responsabilità. Libro non romantico, senza la pretesa di essere un romanzo di formazione, forse più di iniziazione, tenero per quell’attenzione a vite comuni che meritano riguardo comunque e perché anche l’eccezionalità di Bonetti, nasce da lì. Gli anni Ottanta hanno insegnato proprio questo: il piacere di vivere e il superamento del senso di colpa dal disimpegno; il gusto della vita anche quando è un po’ patinato. In fondo l’amicizia resta un valore trasversale e universale che rimane l’unica cosa che conta.

La vicenda narra di un gruppo di amici, con gruppi e gruppetti, complicità, dissapori, la scoperta della vita e le prime delusioni; come sempre gli amici più amici degli altri, Bonetti e Ranò, inseparabili, che si perdono per anni e poi si ritrovano, per un errore, mentre spunta la vecchia complicità e si ritrova quel seme che non è mai morto. Di più non si può dire perché si perderebbe il gusto della lettura stessa. Non c’è bisogno di aggiungere molto né su Giovanni Floris che tutti conoscono dal piccolo schermo – alla sua prima prova narrativa, vissuta con senso di divertimento e la giusta umiltà – né de libro del quale abbiamo sentito molto parlare e visto diverse interviste in televisione.

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