La vicenda scritta da Camus è nota: un francese su una spiaggia all’ora della canicola uccide apparentemente senza ragione un arabo perché lo legge come una minaccia. Colpisce del testo del grande maestro francese l’indifferenza e la freddezza, l’estraneità a se stesso e alla coscienza. In questo atteggiamento l’essenza del titolo che diviene una condizione dell’anima: l’essere estraneo. Il libro celebre parte da un’altra indifferenza, quella di Mersault, il protagonista, verso la morte della propria madre, un affronto nell’immaginario dei rapporti familiari del mondo arabo. Daoud immagina il protagonista del suo romanzo quale fratello gemello dell’Arabo ucciso da Mersault. Scrive per chiedere giustizia e prima di tutto una voce, umiliato da decenni, oltre mezzo secolo nel quale alla famiglia non è stato restituito neppure il corpo.
Un Arabo non ha nome, è solo etichettato, al più indicato come zoudj, due in algerino, ovvero le 14, l’ora della canicola nella quale va incontro alla morte. Il termine, declinato nel tunisino jouj è anche la radice della parola “gemello”, un gioco di parole che l’italiano non rende adeguatamente.
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