domenica 7 ottobre 2018

Giordano Bruno e lo sguardo sul Rinascimento



ARCA

GIORDANO BRUNO E LA FILOSOFIA DEL RINASCIMENTO
di Mila Fiorentini


La riscoperta di un autore noto solo per l’epilogo tragico della sua vita - bruciato il 17 febbraio del 1600 dall’Inquisizione a Campo dei fiori a Roma dove ora c’è la statua che lo ricorda - e un’occasione per raccontare il Rinascimento italiano da un punto di vista insolito, non solo letterario e artistico o storico. Tra l’altro come ricorda nella nota di sintesi alla fine del volumetto Giordano Bruno e la filosofia del Rinascimento, Maurizio Ferraris, l’Italia “pur non vantando una speciale tradizione filosofica ha attraversato un momento, proprio tra Il Quattrocento e il Cinquecento, in cui, a causa di situazioni politiche ed economiche, di politica e di arte e anche di filosofia e di cultura”, con una sua specificità, prima che poi la filosofia dal mondo latino si affermasse soprattutto nel centro e nord Europa. È questa l’epoca certamente nella quale come ci racconta Michele Ciliberto, a sua volta filosofo,- nella serie edita da la Repubblica “Capire la filosofia - La filosofia raccontata dai filosofi”, nel 2011 la riflessione filosofica è strettamente legata all’arte e all’immagine e questo lo è in particolare in Giordano Bruno che scrive testi teatrali per immagini, come il noto Candelaio e la Cena delle ceneri. Tra l’altro la memoria che rappresenta la capacità dell’uomo di raccogliere un patrimonio di immagini, ovvero di conoscenza attraverso le immagini, è definita l’arte tra le arti e dunque il filosofo è un artista. Non solo, in questo periodo dal Cinquecento fino al primo Seicento, dopo la riscoperta della centralità dell’uomo nell’Umanesimo del Quattrocento e il recupero della cultura classica, lo sguardo si rivolge alla natura e la filosofia attraverserà una fase di intreccio con la scienza, staccandosi dalla teologia, non senza grossi problemi che accomunano i tre autori presi in considerazione nel pamphlet, Giordano Bruno appunto, Bernardino Telesio e Tommaso Campanella. In questi filosofi la centralità della natura rispetto all’uomo, come del sole rispetto alla terra ha però ancora un carattere non scientifico. Perfino in Tommaso Campanella che conobbe e ammirò Galileo, l’attenzione è ancora rivolta alla magia e all’occultismo sebbene si accenda la critica ai filosofi che spiegano la natura a partire da categorie “astratte”, logiche, metafisiche, aderendo ad una schema aristotelico e non partendo dall’osservazione della stessa. Sono filosofi che spiegano bene il passaggio da un’epoca all’altra anche sotto il profilo sociale, tutti meridionali, rispettivamente di Nola (Napoli), Cosenza e Stilo sempre in Calabria, si formano in seminario il primo e l’ultimo mentre il secondo seguendo studi di filosofia, matematica e ottica restò comunque fedele alla chiesa cattolica e godette di appoggi papali. Eppure tutti insofferenti nello spirito all’ortodossia andarono incontro a processi, rispettivamente al rogo Giordano Bruno dopo che la richiesta di abiura totale, non più solo di dissimulazione, avrebbe compromesso la sua fedeltà al dovere di dire la verità, all’indice dopo la morte Bernardino Telesio con la sua opera maggiore, a 26 anni di carcere e torture Tommaso Campanella che dalla prigione scrisse le sue opere più importanti, compresa La città del sole, il modello di utopia di una vita in armonia con la natura, che riparò negli ultimi anni a Parigi godendo per poco di una relativa serenità. Vite costellate di situazioni tragiche - Bernardino Telesio fu sempre angosciato da restrizioni economiche, gli morì la moglie e gli fu ucciso il figlio - uomini in bilico tra il passato e il presente. Tra le curiosità, Giordano Bruno scrisse prevalentemente in latino malgrado il suo bisogno di innovare. Per chi riuscisse a recuperare questo esile e denso libretto, con l’inserimento circostanziato di alcuni brani, si ha il gusto di assaggiare lo spirito del Rinascimento e si è spinti ad una riflessione di grande modernità senza l’impegno di affrontare un testo filosofico. Michele Ciliberto, napoletano, classe 1945 allievo di Eugenio Garin, è Presidente dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento ed è titolare della cattedra della  Storia della filosofia moderna e contemporanea alla Scuola Normale di Pisa. Con un linguaggio piano e una grande umiltà, un piacevole tono colloquiale ci restituisce l’uomo Giordano Bruno prima che il filosofo introducendoci al grande concetto di rottura che introduce, l’infinito, rispetto al finito, definito e concluso in sé. L’universo è scoperto come infinito e si ammette la possibilità degli infiniti mondi possibili, ridimensionando la posizione dell’uomo nell’universo e introducendo quello che moralmente sarebbe diventato il relativismo morale. Il tema della conoscenza stessa si relativizza e si crea un abisso tra Dio-infinito e uomo-finito-Cristo, con una critica serrata alla Trinità. Ecco che quindi da grande sostenitore del Cristianesimo diventa un antagonista, parlerà del Cristo come un ‘cattivo mago’, sulla base della riflessione filosofica che apre una voragine verso la modernità. Da qui un grande lavoro sulla cosmogonia e sulla magia come strumento di possibile conoscenza. Un piccolo libro che apre uno spiraglio sulla ricchezza radicale della cultura rinascimentale come preludio alla modernità, sull’alternativa della fede: al Cristianesimo si sostituiscono o comunque con esso si confrontano le religioni ermetiche, fondate sulla magia e legate alla figura di Ermete Trismegisto.

Michele Ciliberto
Giordano Bruno e la filosofia del Rinascimento
Collana Capire la Filosofia – La Filosofia raccontata dai filosofi
La Biblioteca di Repubblica, 2011  Pagg. 90

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