mercoledì 17 ottobre 2012

Sul blog Editoriaraba il tema dell'omosessualità

Abdellah Taïa fra letteratura e omosessualità


di Rabii El Gamrani*
(Riportiamo buona parte dell'articolo

)

Era dai tempi di Mohamed Choukri e del suo “Pane nudo” che un autore marocchino non suscitava tanta polemica e interesse. Poi venne Abdellah Taïa, classe 1973 di Salè, professione: scrittore, con  il suo nuovo libro, da poco uscito in Francia (Éditions du Seuil).
 
Non è mai un evento piacevole che l’ingresso di un autore nella scena culturale di un determinato paese inizi all’insegna dello scandalo. C’è sempre qualcosa che si perde focalizzando l’attenzione sull’aspetto scandalistico di un testo o del suo autore. 
Successe con Choukri e succede con Abdellah Taïa.
 Acclamato da alcuni e detestato da altri, l’autore di “L’esercito della salvezza” può lamentarsi di tutto tranne che dell’indifferenza nei suoi confronti. 
Abdellah Taïa viene presentato come il primo scrittore arabo-marocchino ad aver confessato la sua omosessualità. 
Apriti Sesamo. Apriti cielo. 
Ciò che si cela dietro Sesamo è un clamoroso interesse occidentale e di una certa intellighenzia marocchina progressista. 
Invece dietro il cielo squarciato dalla confessione di Taïa ci sono critiche, sdegno e omofobia, ovviamente la corrente tradizionalista che nella società marocchina è maggioritaria. 
C’è qualcosa di dannato e al contempo di eroico nel personaggio di Abdellah Taïa. 
Nel 2009 pubblica una lettera dal titolo “L’omosessualità spiegata a mia madre” sulla rivista marocchina “Telquel”. Era la seconda uscita pubblica di Taia in quanto scrittore omosessuale. 
La prima la fece nel 2007 sempre sulla stessa rivista, ma paradossalmente passò inosservata. 
Ci volle una confessione, un dialogo nell’ambito della famiglia rivolto soprattutto alla madre, ciò che c’è di più sacro nella società marocchina, perché il paese scoprisse che esistono gli omosessuali. 

Ma con Abdellah Taïa qualcosa è cambiato, c'è stato un salto di qualità: dall’esistenza tollerata ma taciuta, alla rivendicazione del diritto, alla lotta e alla mobilitazione per la libertà sessuale. 
In un’intervista apparsa sul supplemento letterario del quotidiano francese "Le Monde" dichiara che non teme d’essere identificato come uno scrittore omosessuale “se ciò servisse a far uscire l’omosessualità dalla sfera della vergogna e del tabù, significa che ne è valsa la pena”. 

All’attivo di Taïa ci sono cinque romanzi, una raccolta di racconti, un libro fotografico sul Marocco scritto a quattro mani con Frédèric Mitterrand e un pamphlet-lettera distribuita gratuitamente sempre con la rivista Telquel dal titolo “Lettera ad un giovane marocchino”.
 L’omosessualità fa da collante a queste opere in delle trame che uniscono il sociologico al politico, il mitologico al fiabesco-popolare con tanti spunti autobiografici, ed è l’autore a confessare in “L’omosessualità spiegata a mia madre”, rivolgendosi alla sua famiglia: “Rubo le vostre vite per trasformarle in frammenti letterari”. 
“Ho sognato il re”, il suo romanzo politico per eccellenza, gli è valso Le Prix de Flore (premio creato dallo scrittore francese Frédèric Beigbeder ).
 
Taïa rivela sempre nella stessa intervista prima citata: “Più scrivo, più prendo coscienza delle ingiustizie, e del fatto che non sono solo”.
 Dal suo outing nel 2007 sono nate associazioni per i gay (l’associazione “Kif Kif” con sede legale in Spagna) e riviste specializzate come "Aswat" (Voci). Quest’ultima è la prima rivista araba dedicata al mondo gay, in cui tutti i redattori scrivono a volto scoperto, e firmano con il loro vero nome. 
In un’ intervista durante la sua presenza alla fiera internazionale del libro di Casablanca, in occasione della presentazione del suo ultimo romanzo “Les infidèles”, Abdellah Taïa parla del rapporto complesso che lo lega al Marocco: un grande amore conflittuale.



*Animatore, tra l'altro , sul blog A.L.M.A., di una rubrica di letterature dimenticate, d’altrove, dal titolo Letture d’Altrove, che propone ogni mercoledì un viaggio in un universo letterario altro, troppo spesso e a torto dimenticato dal grande pubblico.

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