“Rue
Darwin”
di
Boualem Sansal
Romanzo
autobiografico dello scrittore algerino, nato nel 1949 che vive a Boumerdès
vicino Algeri. Tra le sue opere di ricordano “Le village de l’Allemand”, che ha
conquistato il Grand Prix RTL-Lire 2008, il Grand Prix SGDL del romanzo e il
Grand Prix della francofonia 2008. “Rue Darwon£, sua ultima opera, ha ricevuto
il premio del Romanzo arabo nel 2012. Per molti aspetti mi ha ricordato “Il
primo uomo” di Albert Camus, forse la suggestione dovuta anche al recente film
omonimo. Pagine che scorrono veloci, fluide con una lingua piana, nitida e
ricca di espressioni, come il migliore eloquio francese della modernità
classica, come oserei definire lo stile; oltre la classicità un po’ démodé e
scevra da quell’incedere farcito di espressioni della lingua corrente e quel
procedere di eccessiva sintesi della letteratura più contemporanea. Sembra che
le ex colonie – mi sia perdonata l’espressione, abbiano distillato e raccolto
la parte più elegante della lingua francese unendola alla narrazione, al piacere
della conversazione che è sopravvissuta oltre la sintesi e la virtualità
metropolitana.
Un
romanzo psicologico che tocca le corde più difficili, quella dei rapporti così
naturali quanto difficili da svelare e da ammettere, il cuore della vita, i
legami familiari. Già nella premessa si comprende lo spirito. Il tema è quello
della verità che si dà per scontato ma che non è certa come tutti gli altri
principi fondamentali della vita, le categorie filosofiche del bene, male, Dio,
tempo e morte. Tutto salvo la verità. Nell’ultima parte del romanzo, la più
densa, a tratti struggente anche senza romanticismo, né cinismo che
caratterizza la durezza di molti autori contemporanei francesi, si svela il
nucleo: in famiglia spesso la verità si tace perché – si intuisce ma l’autore
non lo dice – fa male. Si preferisce la pace. Forse sarebbe meglio dire il
quieto vivere. Tutto comincia con un appello che il protagonista sente forte, “Va,
torna in via Darwin”, ad Algeri, lasciando Parigi per recuperare le origini,
quelle profonde e quel nucleo dell’io mai conosciuto. L’occasione è una delle
esperienze più dure e naturali della vita che spesso raccontano più della vita
stessa: la morte dei genitori che sembra non si conoscano bene fino a quel
momento. Tocca al protagonista che ha perso il padre tanti anni prima (lo si
saprà verso la fine del libro) di stare vicino alla madre e di riunire i
fratelli, quelli con i quali scopre di avere ben poco a che spartire, un senso
di strana e disagevole estraneità. La morte della madre amata da vicino avendo
rinunciato il nostro autore ad una famiglia, apre per lui un momento dolente e
una nuova via. Gradualmente scenderà nelle viscere di Algeri come nell’utero
materno, un’angoscia che non risparmia la rabbia, il senso di spaurimento di
fronte a quell’Algeria che non riconosce più e della quale non ci risparmia l’orrore
e la miseria, come quella del quartiere più popolare, Belcourt. Yazid ha il
coraggio di guardare in faccia per la prima volta la verità in un affresco che
vede una figura dominare la storia, Lalla Sadia, detta Djéda, l’onnipotente
nonna che ha costruito la propria fortuna su un bordello. La scoperta più
difficile sarà quello di ritrovarsi e ricucire l’essere figlio di due madri e
di nessun padre – che al terzo matrimonio ha dovuto ammettere la propria
sterilità ma senza farne pubblica professione – pur portandone il nome, la
tribù dei Kadri. E’ anche la storia di grandi donne del mondo arabo, forti e
facitrici a dispetto delle apparenze della realtà, sebbene il ceto sociale ne
consacri il successo o, altro contrario, la miseria ne decreti il silenzio
senza possibilità di aver voce in capitolo. E’ la donna che lo ha allevato a
invitarlo a ricongiungersi all’altra madre, quella naturale che morirà a sua
volta. L’autore si riconcilia con la vita alla fine consapevole che ognuno dei
personaggi ha fatto tutto il possibile in base a quello che la vita gli ha
consentito e offerto; solo il rammarico di aver aspettato troppo tempo per
parlare; il rimorso di non essere riuscito a dire mentre erano ancora in vita “Ti
voglio bene, mamma”, a nessuna delle due donne; e una convinzione: che sia
giunto il momento di smettere di vivere per la verità, quella pubblicare,
accettando solo la propria, quella del momento. Un testo semplice e lacerante
come gli affetti più profondi della vita, sul quale vale la pena di meditare.
“Rue Darwin”
di Boualem Sansal
Folio
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