100 Thousand
Poets for change
Italia, 28 settembre 2013
Prefazione Ottavio
Rossani
Presentazione
dell’iniziativa Michael Rothenberg e Terri Carrion
Una pubblicazione
singola, una raccolta collettiva di poeti, ognuno dei quali ha scelto una
lirica inedita di impegno civile su temi di attualità dalle guerre, alle
ingiustizie sociali, alla corruzione politica, fino ai danni ambientali e alle
violenze sulle donne. Fin qui un’iniziativa di pregio come potrebbero essercene
altre. L’originalità è che questa pubblicazione si inserisce in un’iniziativa
internazionale e sposa una filosofia controtendenza: un movimento di poeti per
il cambiamento. I poeti che sono coloro in grado di dire quello che tutti
sentono ma non sanno esprimere, i poeti che parlano con il cuore, con l’emozione,
al di fuori degli schemi e del linguaggio della logica. I poeti sono i megafoni
del popolo anche se sembrano non servire
a nulla. Della poesia si ha infatti un’idea edulcorata, di ornamento o di
profondità sentimentale ma senza utilità; se poi la si guarda dal punto di
vista del mercato, la poesia, soprattutto in Italia, è poco letta e non è un
genere sul quale scommettere. Albeggi
Edizioni scommette con uno scopo diverso, l’impegno civile, l’amore per la
cultura nella convinzione che siano una cura anche per noi, per tutti noi, una
cura dell’anima della quale c’è bisogno e se funziona, l’utilità è assicurata.
Le copie, come è scritto
dall’editrice nelle prime pagine sono “Destinate a rappresentanti delle
Istituzioni italiane e dei mezzi di informazione, con l’obiettivo di ridare
dignità e importanza alla poesia come mezzo di espressione della denuncia… affinché
si torni a mettere al centro del dibattito e dell’azione politica il bene
comune e i bisogni dell’uomo”. La raccolta è stata stampata in un numero di
copie limitate senza scopo di lucro ed è scaricabile sul sito gratuitamente.
Nella prefazione
Ottavio Rossani, poeta a sua volta – oltre che scrittore, critico ed
occasionalmente regista teatrale - e per 40 anni giornalista del “Corriere
della Sera”, sottolineando la modernità e l’importanza della poesia di impegno
civile in un mondo in crisi evidenzia la necessità di sgombrare il campo da un
equivoco ovvero che la poesia impegnata sia tale solo se politica, nel senso di
nutrita dall’ideologia. In un breve excursus storico, passando da Giuseppe
Giusti ad Alessandro Manzoni, fino Ugo
Foscolo e Giacomo Leopardi in Italiana citando anche poeti internazionali come
Garcia Lorca e Bertold Brecht o Pablo Neruda, l’autore mette in luce l’importanza
dell’equilibrio tra denuncia e pietà nella poesia, simboleggiato da versi di
Giovanni Raboni.
Nella presentazione si
narra della nascita dell’iniziativa, avvenuta nel marzo 2011 con una call to action su face book ad opera di Rothenberg
e Terri Carrion, il cui primo appuntamento fu fissato per il 24 settembre
successivo. La missione era poesia, pace, sostenibilità, consapevolezza e
sensibilizzazione attraverso l’unione di comunità di poeti isolate, di tutto il
mondo. Chi avrà voglia leggerà la crescita del movimento fino all’edizione 2013
ma quello che è sorprendente è la moltiplicazione, la diffusione e l’entusiasmo
che ne è seguito a riprova che i sogni di possono realizzare e che talora manca
solo lo stimolo e il sostegno ad andare avanti o a farsi avanti. Evidentemente
qualcuno ha chiamato rispondendo ad una propria esigenza ma interpretando il
bisogno di molti che ancora non avevano trovato la giusta canalizzazione. Per
riprendere la definizione di poeta, qualcuno è stato più poeta di altri, o
prima poeta di altri, facendosi megafono di altre voci.
Delle 29 poesie non è
questa la sede per discuterne con un’analisi
appropriata e meticolosa anche perché in questo tipo di composizione più che in
altri è molto difficile un commento stilistico, essendo certamente versi
insoliti, talora molto vicini alla prosa, talvolta immagini tradotte in parole,
istantanee, articoli ridotti all’essenziale, emozione bruta che diviene
manifesto, fatto di cronaca scomposto nel dolore del vissuto. Sì di sofferenza,
declinata in mille modi, sempre si tratta, di malinconia, di rabbia, di
sconforto, di mancanza di speranza, sui temi con i quali ogni giorno ci
confrontiamo senza farcene una ragione. Non si può parlare di ‘bella poesia’
non certo nel senso abituale del termine, l’armonia è dimenticata, con una
difficoltà che talora sembra programmatica anche per chi è abituato a leggere poesia
contemporanea.
Ho letto e riletto i versi,
in un senso, in un altro, ricominciando da chi avevo già incontrato per vie e
strade diverse e poi “Ha scelto la poesia”, di Lucianna Argenitno, nata a Roma
e autrice di opere in poesia e prosa. E’ un inno alla poesia stessa e racconta
la sorpresa dell’autore che si chiede ‘come sia stato possibile il trasformarsi
delle cose, visibili e invisibili, in parole – la cosa nella parola cosa, l’amore
nella parola more e così via… perché i poeti sanno che nessuna poesia cambia il
mondo ma può svelarne la bellezza. Ha scelto la poesia perché sia possibile
trapiantare un gelso in mare”.
Vorrei ancora
soffermarmi sulla composizione “Stefania” di Francesco Sassetto al di là dell’emozione
che è riuscito a trasmettermi con quella naturalezza delicata con la quale
svela come di sorpresa in un crescendo un dramma; perché racconta la violenza
su una donna che non si può chiamare amore perché non ha scusanti e sto
lavorando su questo tema che in questi giorni dopo l’approvazione della legge
sul femminicidio, per quanto possa essere considerata solo un punto di
partenza, è di scottante attualità; e in particolare perché è scritta da un
uomo. Credo che tutto quello che si scrive sulle donne e sul femminile sia
principalmente indirizzato a degli uomini ed è solo così che la poesia è una
speranza.
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