mercoledì 14 settembre 2011

Razza padroncina di Deborah Appolloni

Un titolo accattivante che mette il dito nella piaga del settore dell’autotrasporto anche se dallo stesso libro appare un comparto variegato, con una presenza di imprese strutturate, anzi di veri e propri gruppi industriali. Il libro racconta gli ultimi 10 anni del settore che non mostrano grandi passi avanti e fotografano un sistema fossilizzato e tenuto in vita da “una valanga di incentivi” (3,5 miliardi tra il 2000 e il 2009). Ne emerge un modello aziendale poco strutturato e fuori mercato con un’evidente polverizzazione del comparto che conta circa 120 mila imprese che ottengono periodicamente il sostegno della politica per il timore di un fermo o di un blocco. L’ultimo episodio è quello del Protocollo del 17 giugno scorso che ha reintrodotto le tariffe minime, abolite nel 2005. Una parte del volume – che scorre agevolmente in stile manuale da perfetto servizio studi de’ Il Sole 24 Ore – analizza, dando un affresco completo, il settore in rapporto al panorama europeo; i limiti e criticità del comparto; le relazioni con la politica e l’evoluzione delle trattative estenuanti, degli accordi e del tentativo di una riforma strutturale mancata. Nell’ultima parte le questioni ancora aperte sul tavole e un’appendice dedicata alla normativa. Interessante la terza parte dove emerge il profilo giornalistico da inchiesta che mette in luce la frammentazione e la varietà delle imprese di autotrasporto oltre alla profonda crisi non solo delle aziende, ma anche delle persone, siano esse camionisti, padroncini, piccoli imprenditori, ma anche grandi, che non vedono l’uscita dal tunnel. In evidenza come, in un mondo che cambia e sovverte molti ordini precostituiti, il camionista non sia ancora un mestiere per donne. Con precisione scrupolosa, fatta di numeri e confronti, l’autrice – senza pedanteria – porta alla luce la fragilità del sistema italiano, indiscusso leader di mercato nel trasporto merci interno, in relazione al resto dell’Europa. Molte, troppe le imprese del settore, superate solo da quelle spagnole, deboli in termini di fatturato, numero addetti, mezzi, con un raggio di azione che si limita per l’81% dei casi al territorio nazionale. Vetusto il parco circolante, che fa capo ad aziende poco propense ad investire in tecnologia seppur per indole abituate all’uso di Internet (con una forte presenza degli autotrasportatori su Facebook per dare una curiosità).