martedì 24 marzo 2015

“Andarsene sognando. L’emigrazione nella canzone italiana” di Eugenio Marino

Ilaria Guidantoni, 19 Marzo 2015

Un libro decisamente originale, una miniera di informazioni, un testo che è ad un tempo storico e letterario senza dimenticare l’aspetto emozionale e di intrattenimento. Ai molti testi delle canzoni che raccontano, come recita il sottotitolo, l’emigrazione nella canzone italiana, principalmente la nostra altrove, ma anche l’arrivo degli immigrati a partire dagli anni Ottanta del Novecento, la possibilità di ‘scattare’ un’immagine con il telefono sulla grafica del simbolo di ogni canzone in modo da poterla ascoltare. E’ anche un modo per mettere insieme modernità e tradizione con uno stile giovane che ha visto anche in questo tipo di musica prevalere il rap nelle giovani generazioni.

Il libro è l’occasione non solo per scoprire molti testi che non avremmo altrimenti avuto l’opportunità di conoscere e di raccogliere le informazioni lungo un filo che si srotola seguendo l’emigrazione, già dal 1700, poi massicciamente dall’Ottocento per tutto il Novecento, quanto di rileggere molti testi, a cominciare da quelli di Lucio Dalla, in una chiave diversa, facendo attenzione, come accade nelle canzoni di Edoardo Bennato, a una dimensione che genericamente troppo spesso abbiamo solo considerato di protesta sociale. Eugenio Marino, a sua volta “emigrato” dalla Calabria a Roma, è responsabile nazionale del Partito Democratico per gli italiani nel mondo e si occupa di emigrazione con una formazione letteraria che fin dai tempi dell’università lo ha portato ad interessarsi della canzone d’autore. Il tema della musica per Marino unisce infatti, soprattutto nella declinazione di parola cantata, l’aspetto della cultura storico-letteraria come anche gli elementi più sociali ed emozionali. Il titolo a tal proposito è rivelatore del cantare come compagnia, manifestazione del proprio stato d’animo, desiderio prima del viaggio, durante il viaggio e nella nuova terra di una sorta di diario sentimentale collettivo. Importante a tale riguardo l’osservazione secondo la quale non solo l’emigrazione rappresenta un’opportunità, spesso una delusione, un nuovo dolore, per chi parte, ma arricchisce l’altrove di radici lontane. Gli emigranti italiani infatti hanno seminato in molti luoghi le nuove radici, basti pensare a quanta italianità c’è nella Tunisia dopo il lascito dei pescatori e artigiani siciliani dell’Ottocento.

Certamente il fenomeno dell’emigrazione consente di leggere anche l’Italia che cambia e rappresenta parte integrante delle radici del Belpaese dall’Unità ad oggi, fin quando si salda con l’immigrazione: l’Italia acquisisce un doppio ruolo, purtroppo dimenticandosi del passato e della condizione dolorosa dell’essere emigrante, con fenomeni razzisti e di indifferenza.

La recensione integrale su Saltinaria.it

In uscita ad Aprile il graphic novel “Se ti chiami Mohamed”

In uscita ad Aprile il graphic novel 
“Se ti chiami Mohamed”
Libro inaugurale della collana Altriarabi migrante 

Presentazione in anteprima nazionale il 26 Marzo ore 18
presso Alliance Française Bologna 
Via de’ Marchi, 4 (Bologna) 

Un graphic novel che con semplicità e immediatezza ricostruisce la storia dell’immigrazione maghrebina dal 1950 ad oggi.
Inspirandosi al giornalismo investigativo, Jerome Ruillier racconta di una complessa tessitura di rapporti che i tanti “Mohamed” hanno mantenuto con il paese d’origine e con quello d’accoglienza.
Racconti di grande forza emotiva, che abbracciano vari temi, dalla ricerca identitaria all’integrazione, dall’esclusione sociale al razzismo, proponendo dubbi e interrogativi che coinvolgono oggi più che mai ogni europeo.
Basato su Mémoires d’immigrés, il best-seller di Yamina Benguigui, il graphic novel “Se ti chiami Mohamed” ha ottenuto nel 2012 il dBD Award per il miglior fumetto reportage.

Libro pubblicato con il patrocinio di Amnesty International

lunedì 23 marzo 2015

Lunedì 23 marzo 2015 ospite di Uno Mattina - Rai 1

Lunedì 23 marzo 2015
Ore 7.10

Uno Mattina - Rai 1

Ospite con un viaggio da Tunisi, ad Algeri...Verso Un Mediterraneo globale
Attraverso le pagine di "Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia" e "Marsiglia-Algeri Viaggio al chiaro di luna" - pubblicati da Albeggi Edizioni - per commentare il recente attacco al Bardo di Tunisi e lo scenario di allerta internazionale legata al nuovo terrorismo.

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mercoledì 18 marzo 2015

"La difficile transformation des médias: des années de l’indépendance à la veille des élections de 2014"

Tunis, la Marsa
Librairie Millefeuilles
Vendredi 20 Mars, à 17h, le professeur Larbi Chouikha nous parlera de son dernier ouvrage La difficile transformation des médias: des années de l’indépendance à la veille des élections de 2014.

L’auteur
Il a participé, après la chute du régime autoritaire de Ben Ali, à deux instances ayant vocation à conduire la première phase de transition politique vers la démocratie en Tunisie:
- Il a été membre de l’Instance Supérieure Indépendante pour les Élections (ISIE), autorité indépendante chargée d’organiser les élections d’une Assemblée Nationale Constituante (ANC) le 23 octobre 2011,
- ainsi que de l’Instance Nationale Indépendante pour la Réforme de l’Information et de la Communication (INRIC), organisme chargé de faire des propositions en matière de réformes des médias pendant la première phase de la transition. Il est l’un des co-rédacteur du rapport final de l’INRIC.

Il est l’auteur notamment de :
L’Instance Supérieure Indépendante pour les élections et le processus électoral tunisien: un témoignage de l’intérieur, Confluences Méditerranée 2012/3 (N°82)
(avec Éric Gobe), La force de la désobéissance: retour sur la chute du régime de Ben Ali, Tiers-Monde, Hors-série, 2011, p. 219-226.
Évoquer la mémoire politique dans un contexte autoritaire: ‘‘l’extrême gauche’’ tunisienne entre mémoire du passé et identité présente, L’Année du Maghreb, 6, 2010, Paris, CNRS Éditions p. 427-440.
Un cyberspace autonome dans un espace autoritaire: l’expérience de Tunisnews, in Khadija Mohsen-Finan (dir.), Les médias en Méditerranée. Nouveaux médias, monde arabe et relations internationales, Arles/Aix-en-Provence, Actes Sud/MMSH, 2009.
Pluralisme politique et presse d’opposition sous Bourguiba in Michel Camau et Vincent Geisser (dir.), Habib Bourguiba. La trace et l’héritage, Paris, Karthala, 2004, p. 341-355.
(Source: IREMAM)

martedì 17 marzo 2015

“Nedjma” di Kateb Yacine

Ilaria Guidantoni, 14 Marzo 2015

Nedjma - in arabo stella, nome di donna - è il titolo del primo e più celebre romanzo, in francese, dello scrittore algerino Kateb Yacine che dell’Algeria sotto i francesi ha fatto il suo tema centrale di militanza e di estetica. Dalla critica questo romanzo è infatti considerato un punto di partenza imprescindibile per l’affresco complesso, contraddittorio, rabbioso e a tratti struggente che ci restituisce del Paese.

Pubblicato nel 1956, in piena guerra d'Algeria, trovò subito vasta eco in Francia e all'estero, e venne tradotto in numerose lingue. Il romanzo, dalla costruzione alquanto complessa e di non facile interpretazione, è considerato un'allegoria delle infinite contraddizioni dell'Algeria, incarnata nella protagonista, Nedjma, una nomade, simbolo di una minoranza avversata sia dagli algerini arabi, sia dai francesi, che quattro uomini contemporaneamente desiderano - Rachid e Mourad, cittadini; Lakhdar e Mustafà, campagnoli - tutti imparentati tra di loro, e forse anche imparentati con la stessa Nedjma. La vicenda propone la storia della famiglia Keblouti - Keblout ne era il mitico antenato comune - attraverso le impressioni dei protagonisti. Lo stesso autore definiva il romanzo un'«autobiografia plurale». Nella trama non trama infatti ci sono tutti gli elementi ancestrali dell’Algeria, la sua cultura plurale e contraddittoria come la rivalità tra l’ambiente urbano e rurale, notoriamente territorio dei nomadi.

Il romanzo è avvolgente ma faticoso da leggere e in certi tratti ho preferito lasciar fluire immagini e sensazioni piuttosto che seguirne le vicende e i rapporti complessi, talora astiosi e in altri casi di grande complicità. E’ il romanzo di un uomo, tutto al maschile, anche se si rivela un grande inno al femminile che, ancora una volta, rivela quel femminile guerriero e archetipo della cultura locale identificato nella regina berbera Kahina, eroina che si oppose alla conquista araba.

La recensione integrale su Saltinaria.it

lunedì 9 marzo 2015

Il potere delle donne arabe - Sabato 21 marzo 2015, Firenze

Sabato, 21 marzo 2015

Hotel Golden Tower
Piazza Strozzi 11, Firenze
ore 16.30

Maurizio Filippini, giornalista
presenta Il potere delle donne arabe a cura di Ilaria Guidantoni e Maria Grazia Turri - MIMESIS/Relazioni pericolose

Sarà presente l’autrice Ilaria Guidantoni

Saggio con un sguardo sull’attualità, dedicato al femminile e alle donne nel Mediterraneo della sponda sud e del mondo arabo-musulmano. Il titolo evoca l’obiettivo di andare oltre luoghi comuni, stereotipi per affermare la forza della donna dei paesi arabo-musulmani, pur nelle difficoltà e contraddizioni politiche e storiche. Il libro offre un panorama, in parte sconosciuto, delle relazioni private e sociali che caratterizzano la vita delle donne immerse in paesi molto diversi tra di loro con una focalizzazione sulle differenze e corrispondenze fra le tre religioni del libro che sono protagoniste in tutta quest’area del mondo. I diversi contributi cercano di attraversare l’universo femminile, femminista e delle donne in genere a trecento sessanta gradi, dall’arte, alla letteratura, dal rapporto con la corporeità, alla posizione della donna nella famiglia, nella società, nello specifico del lavoro e nella religione come anche nell’impegno sulle tematiche e le lotte di genere. Nel libro sono presenti due focus su Tunisia e Iraq, scelta che nasce dal fatto che le curatrici del libro hanno attinto alla loro esperienza personale nel tentativo di arricchire la riflessione con la conoscenza diretta, certe che è dall’esperienza personale che nascono molti interrogativi, pratici e teorici, anche perché il continuo flusso fra esperienze e riflessione sulle stesse ci modella e ci modifica e quindi varia i nostri comportamenti e i nostri sguardi sul mondo.
Con un’analisi che attraversa cinema, arte, cultura, costituzioni, libri sacri, dialoghi diretti, manifesti e avvenimenti storici una ricognizione sull’attualità del dialogo intorno al nuove femminile che dal sud del Mediterraneo e da Oriente premono sull’Europa.

Ilaria Guidantoni, fiorentina, vive e lavora tra Roma, Milano e Tunisi. Giornalista, Blogger e Scrittrice. Laureatasi in Filosofia Teoretica alla Cattolica di Milano, oggi si occupa soprattutto di mediterraneità. Ha pubblicato il saggio Vite sicure. Viaggio tra strade e parole (Edizioni della Sera 2010); la raccolta di poesie e racconti Prima che sia Buio, (Colosseo Editoriale 2010); l’instant book I giorni del gelsomino (P&I edizioni 2011); il romanzo verità Tunisi,taxi di sola andata (NoReply 2012) e Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia (2013) e Marsiglia-Algeri, viaggio al chiaro di luna (per Albeggi Edizioni, 2015). Ha ricevuto il riconoscimento Diritti Umani 2014 della XV edizione Salento Porta d’Oriente, Omaggio a Nelson Mandela. Di prossima uscita Corrispondenze mediterranee. Viaggio nel sale e nel vento (Oltre Edizioni) e Firenze meravigliosa. Storie della città gigliata (Edizioni della Sera)

Maria Grazia Turri, filosofa ed economista, insegna Linguaggi della comunicazione aziendale e Fondamenti della comunicazione all’Università di Torino. Dirige le Collane Relazioni Pericolose e Filosofie dell’economia per Mimesis. Tra le sue pubblicazioni le collettanee Manifesto per un nuovo femminismo (Mimesis 2013) e Femen. La nuova rivoluzione femminista (Mimesis 2013) e le monografie Gli dei capitalismo. Teologia economica nell’età dell’incertezza (Mimesis 2014), Biologicamente sociali, culturalmente individualisti (Mimesis 2012), Gli oggetti che popolano il mondo (2011), La distinzione fra moneta e denaro (2009).

martedì 3 marzo 2015

“Les poèmes d’un maudit. Poèmes du fond d’enfer inédit” di Mario Scalési

Ilaria Guidantoni, 01 Marzo 2015

Sfortunato poeta legato per le sue radici all’Italia e considerato il precursore della letteratura ‘multiculturale’ e ‘multietnica’, parola che non amo, quasi sconosciuto. Nato da genitori di origini italiane - il padre era di Trapani, la madre aveva ascendenti maltesi e genovesi – il 6 febbraio 1892 in via bab souika a Tunisi; frequentò la Scuola Primaria francese di Tunisi, ma ben presto dovette cercarsi un’occupazione per alleviare la precaria situazione economica della propria famiglia numerosa. Fu assunto come ragioniere. Quando aveva cinque anni, una caduta dalle scale lo aveva reso invalido. Non godeva, inoltre, delle simpatie dei “monelli” del suo quartiere, a La Goulette, dove viveva la “piccola Sicilia”. La sua salute s’incrinò sempre di più, anche a causa di un’esistenza scarsa di affetti. Dopo un periodo di ricovero nell’Ospedale Coloniale Italiano “G. Garibaldi”, il 30 settembre del 1921 fu trasferito in Italia, alla Vignicella, il nosocomio psichiatrico di Palermo. Aveva, infatti, mantenuto la nazionalità del padre. Dalle cartelle cliniche, risulta essere deceduto per “marasmo” nel 1922. La sua salma sarebbe finita in una fossa comune.

La sua unica raccolta poetica è stata pubblicata postuma, in varie edizioni, ed è stata accolta, sin dagli anni Trenta dello scorso secolo, da critiche favorevoli in Francia e dal consenso di francesisti di varie parti del mondo; è stata apprezzata anche in molti Paesi europei, oltre che in Tunisia e altri Stati arabi. E’ in Tunisia però che ottiene la sua maggior fortuna dove è ritenuto uno dei “padri” della letteratura magrebina di espressione francese e tra i maggiori esponenti della letteratura proletaria.

Collaborò tra l’altro, come raffinatissimo critico letterario, con i periodici di Tunisi «Soleil» e «La Tunisie Illustrée», da cui lanciò le sue originali tesi a favore di una “letteratura nordafricana” autentica, ma che si sentisse parte integrante della “patria” francese, piuttosto che essere vittima dell’esotismo. Uno dei maggiori poeti tunisini contemporanei, Moncef Ghachem ha dichiarato in un'intervista: «Je suis un fils de Mario Scalesi» (sono un figlio di Mario Scalesi). In Italia dove è quasi sconosciuto, come accennavo, arte della sua memoria si deve a Gaspare D'Aguanno che nel 1938 pubblicò, in francese, una biografia di Scalesi.

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Coi nostri naufraghi cuori - Teatro Sala Fontana (Milano)

Ilaria Guidantoni, 01 Marzo 2015

Un omaggio alla parola, che è il verso dell’uomo, alla parola pronunciata, declamata, alla parola per eccellenza, quella poetica che è all’origine del teatro. Non solo poesia e teatro ma poesia a teatro. La scommessa in un mondo troppo veloce e distratto perché la poesia torni ad essere parte del quotidiano: è la parola universale per eccellenza che tutti cercano anche se pochi sanno dire. Un’occasione altresì per dar voce ai giovani, perché nuovi poeti crescono e non sono solo l’ombra dei grandi, e un punto di ritrovo per chi vuole incontrare la poesia.

COI NOSTRI NAUFRAGHI CUORI
Omaggio a Dino Campana

interventi e letture di Gianni Turchetta, Davide Rondoni e Laura Piazza
interventi all'arpa di Costanza Cavalli
con un brindisi in versi di Lorenzo Babini, Corrado Benigni, Daniele Bernardi, Roberta Castoldi, Giorgia Citti D'Amanzo, Tommaso Di Dio, Davide Ferrari, Massimo Mandorlo, Luca Mastrantonio, Roberto Mussapi, Alessandro Rivali, Giovanni Salis e Isabella Serra

La Sala Fontana, nella zona Zara di Milano, si fa promotrice di un’iniziativa di poesia quale momento di incontro e di scambio, non solo di declamazione, tra il passato e il presente, tra i grandi poeti e le nuove voci. Il quartiere è tra l’altro al centro di un processo di rivitalizzazione tra enoteche, locali molto curati, non patinati, ma attenti ad unire i sapori con i saperi. Lo stesso teatro dispone di un bel cortile cinquecentesco, quinta en plein air in estate.

L’idea alla base degli incontri è riscoprire la parola che è il verso dell’uomo e segnatamente la parola poetica. Come ci ha raccontato Laura Piazza, una delle animatrici dell’incontro dedicato a Dino Campana, attrice e cultrice della materia italianistica all’Università di Catania, «bisogna smentire l’idea che la poesia sia riservata a pochi eletti. Al contrario, il pubblico la cerca perché, come dice Davide Rondoni - poeta e altro curatore della manifestazione oltre che di numerose rassegne - la poesia “mette a fuoco la vita”. Per questo tutti la sentono come un’esigenza interiore anche se in pochi riescono a dirla.»

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"Il bello dell'Italia. Il Belpaese visto dai corrispondenti della stampa estera" di Maarten van Aalderen

Ilaria Guidantoni, 26 Febbraio 2015

Il bello dell’Italia è un’occasione per guardarsi allo specchio, non come un Narciso, ma attraverso lo sguardo degli altri, un esercizio corretto e sorprendente grazie alla giusta distanza anche se negli occhi dei corrispondenti esteri talora c’è un incantamento romantico, come un apprezzamento profondo e l’analisi di case history e di fenomeni con occhio abituato all’indagine.

Scritto in modo brillante con lo stile del cronista, offre un mosaico di frammenti italiani citati da critici dell’informazione. Certamente non è uno sguardo generico quello che ci propone Maarten van Aalderen, quanto di chi ha fatto dell’informazione e della notizia il proprio mestiere; vero è però che il libro è anche la raccolta di confessioni che appaiono spontanee e appassionate. Cominciando dalla copertina, raffigura “Icaro”, caduto come l’Italia del presente, in una crisi che l’ha colpito a più livelli. E’ però un Icaro non arreso che tenta di rialzarsi e che diventa il messaggio centrale del libro: il Belpaese ha un potenziale non totalmente messo a frutto e un patrimonio che non è solo gloria dei bei tempi andati. L’Italia ha grandi risorse anche se talora non ne è sufficientemente consapevole. L’immagine di copertina salda la classicità e l’ancoraggio mediterraneo dell’Italia all’Europa, perché è dello scultore Igor Mitoraj che ha scelto di vivere in Italia. Quindi ancora un simbolo.

Perché gli stranieri amano così tanto l’Italia? E’ questo il quesito centrale posto agli intervistati che rappresentano un ventaglio di paesi vicini e lontani. Dalle risposte emerge che il valore dell’autocritica è corretto anche se qualche volta gli italiani sconfinano nell’autolesionismo.
L’Italia ha una grande ricchezza e deve solo esserne consapevole, soprattutto della sua posizione strategica in particolare nel Mediterraneo e con il Medioriente e del suo valore che non è tanto nei prodotti quanto nello stile che individuano.

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