mercoledì 6 gennaio 2016

“Pasolini massacro di un poeta” di Simona Zecchi

Scritto da  Ilaria Guidantoni Martedì, 05 Gennaio 2016

Un testo impegnativo, frutto di un lavoro certosino con un metodo di grande scrupolosità: lavoro giornalistico ed investigativo al contempo oltre che un affresco dell’Italia irrisolta dei processi e dei poteri occulti. Un libro di valore per ricomporre il contesto culturale, sociale e politico, ma anche economico, degli anni Settanta inquadrando la figura del poeta in un contesto e una prospettiva complessa.

Testo monumentale che presenta alcune testimonianze e documenti inediti o comunque esplicitazioni e dichiarazioni mai pubblicate. Un lavoro serio non solo di ricerca, ma di analisi e confronto ampio su uno dei grandi processi “irrisolti” dell’Italia. Il libro, corposo, con materiale fotografico, ampie note e virgolettati significativi, consente comunque una lettura fluida e appassiona, con il merito – tra l’altro – di non procedere per tesi ma di argomentare e di non voler condurre il lettore ad una conclusione. Qualsiasi sia l’opinione con la quale si conclude il libro, questo lavoro resta soprattutto un documentario sulla corruzione italiana e sulla volontà sbrigativa e non esaustiva, per usare degli eufemismi, di condurre i processi, complice una magistratura politicizzata. Mi pare che il nucleo del pensiero sia che al di là della causa prossima della morte di Pasolini, una violenza privata su un uomo pubblico, ovvero un incidente sul mestiere come qualcuno lo definì per togliersi il problema di andare più a fondo, oppure un “complotto politico”, resta l’amaro in bocca. Certamente per la palese indifferenza con la quale le istituzioni si sono occupate di questo come di altri casi e perché probabilmente questo omosessuale, dalla vita irrequieta e con molte ombre, ma soprattutto un uomo contro, fuori dagli schemi, con il coraggio di denunciare la corruzione, il consumismo che aveva già allora reso indistinguibili i ragazzi di destra e di sinistra e ancora contro il potere dei media, dava fastidio. Non solo ai cosiddetti fascisti quanto ai compagni comunisti ai quali rimproverava un servilismo al potere, rispetto alla sua visione originale di un socialismo forse utopico ma che ragionava con il cuore.

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