domenica 30 dicembre 2012

La classifica della "Lettura 2012" de' "Il Corriere della Sera"


"Limonov" di Emmanuel Carrer  vince distaccando gli altri tre italiani, Paolo Giordano, Walter Siti ed Emanuele Trevi.

mercoledì 26 dicembre 2012

“Sotto le fronde del gelso”


 di Maria Anna De Rosa

Questo libro mi è stato regalato da un amico comune che ha scambiato i nostri libri. Maria Anna De Rosa, al suo esordio letterario con “Sotto le fronde del gelso” – la foto di copertina è sua – mi ha riportato alla mente con la buona letteratura per ragazze perbene tra Otto e Novecento, nello stile e nel contenuto. Fino dal nome della protagonista, Emma, la mente torna ai romanzi ottocenteschi in questo caso senza pruderie. L’aspetto sul quale mi sono soffermata maggiormente, leggendo questa scrittrice – nata ad Albanella e residente in un paesino dell’Irpinia – è lo stile, un italiano scorrevole e terso, rigoroso e piano come difficilmente ormai si legge. Quello che diremmo un tema ben scritto. In effetti non conosco la scrittrice e volutamente non me ne sono voluta informare prima e durante la lettura - mi farà certamente piacere incontrarla in seguito – per non restarne condizionata, oggi che troppo spesso il romanziere è prima personaggio, poi penna, infine una persona. L’idea, forse complice la storia della protagonista, è quella di una professoressa avvezza alla buona letteratura, che indaga senza morbosità, né effetti speciali, ma neppure categorie prestabilite l’animo femminile. Una vita tormentata come tante che per la sua ordinari età straordinaria vale la pena di essere raccontata. I dolori e le gioie non sono solo quelle di una follia, divenuta fin troppo ordinaria per essere originale, né i drammi sono solo quelli che contengono una nota esagerata o trasgressiva. Emma è una ragazza di buona famiglia, figlia di persone perbene e colte – la madre pianista, di nobile lignaggio e il padre docente universitario. Purtroppo la sua infanzia ed adolescenza maturano nel rigore freddo di un uomo che non riesce ad esprimere i propri sentimenti e di una madre fredda, distaccata per la quale regole e disciplina vengono prima dell’amore, essendo questo asservito a quelle piuttosto che le prime funzionali al secondo. Sarà una timida voglia eversiva, non sovversiva, forse con la speranza intima di avvicinarsi al padre a portare Emma sui sentieri dell’amore, tardivo ma profondo, quello per il marito un ricercatore conoscente della famiglia. Il matrimonio, ostacolato dalla madre, finirà tragicamente per la nostra protagonista. IL suo bisogno di dare amore non si arrenderà in un’amicizia forte e intima con un’amica e la figlia, un sodalizio femminile e una maternità ritrovata sotto altre forme, rispetto a quelle originariamente desiderate. Tuttavia, anche nella vita piena e forse un po’ chiusa, protetta di Emma, il desiderio di vivere risorgerà, malgrado la timidezza e la reticenza iniziale. Lascio al lettore percorrere l’esito di queste pagine, seguendo il filo dialettico del desiderio nella sua schermaglia tra sfida, insicurezza e paura. Il libro sembra dirci con toni delicati dimenticati in questo mondo che l’amore autentico è il valore fondante della vita al quale non ci si può sottrarre e non è detto che lo si trovi con l’abito con il quale lo immaginiamo. Perfino la virtù qualche volta non ha la veste con la quale siamo abituate ad incontrarla. La trasgressione che la vita ci consente è per affermare il principio dello spirito sulla legge, un mondo nel quale il matrimonio interiore vince su quello riconosciuto dalla società.

 

“Sotto le fronde del gelso”

 di Maria Anna De Rosa

Gruppo Albatros Il Filo Roma

Collanna NuoveVoci Domna

lunedì 24 dicembre 2012

Il sogno di Natale…di Sophie


Era l’ultima notte che avrebbe passato nel suo appartamento parigino. L’indomani avrebbe preso un treno per Marsiglia da dove si sarebbe poi imbarcata per Algeri, prima tappa di un lungo viaggio verso Beirut. Poche cose con sé. Solo gli strumenti tecnologici, una buona dose di entusiasmo e altrettanta di incoscienza. Ma la curiosità era più forte di tutto. Era anche la notte di Natale ma per lei, cresciuta nella religione laica della comunione dei popoli, viaggiare verso il sud sarebbe stato il modo migliore di celebrarlo. Malgrado non fosse certo nuova a quei viaggi, sapeva il rischio che avrebbe corso. Dopo giorni passati a convincere chi cercava di dissuaderla dal partire e la metteva in guardia per il fatto che comunque sarebbe stata a tutti gli effetti considerata cristiana, forse nemica, obiettando che le divisioni e i pericoli sono frutto più di fantasie malate che di circostanze reali… era stranamente agitata. 
Dopo un bicchiere di Bordeaux sorseggiato ad osservare la fiamma che si spengeva nell’angolo del caminetto e quella piacevole sensazione di calore del ritrovarsi a casa, dopo una giornata fredda, che per molto tempo non avrebbe più provato, se ne andò a dormire. Si svegliò al mattino con una strana sensazione e una domanda in testa che le ronzò tutta la mattina tra i pensieri e gli auguri. Si chiedeva chi fosse l’uomo del sogno. Chi rappresentasse o cosa… e perché soprattutto l’avesse scossa a tal punto da farle decidere di andare a piedi fino a casa dei suoi, malgrado il freddo e la giornata impegnativa che l’avrebbe poi attesa.
L’uomo del sogno era interessante e dall’apparenza innocua, emancipata. Sarebbe potuto essere un intellettuale. Solo che ad un certo punto le si era rivolto con queste parole: «Ogni donna che prega o profetizza senza velo, manca di riguardo al proprio capo. Se dunque una donna non vuole mettersi il velo, si tagli i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra. L’uomo non deve coprirsi il capo perché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell’uomo. E infatti non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo; né l’uomo fu creato per la donna ma la donna per l’uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza».
Parole irripetibili nella sua testa, alle quali si sentiva in qualche modo di dover cedere. Sentiva crescere l’irritazione anche per tutti gli amici e conoscenti cristiani o miscredenti che additavano l’Islam e che avrebbero potuto pronunciare un simile verdetto. Si erano perfino infiltrati nel suo breve sonno, ammaliandola dietro il volto di un uomo affascinante. Sophie non si arrese…al’evidenza o all’apparenza(?). Non era nel suo stile.
Sulla strada verso casa si fermò alla Chiesa di Saint-Louis e aspettò pazientemente il parroco alla fine della celebrazione, ansiosa di raccontargli il sogno come a cercare conforto. Il Natale non era il momento migliore per chiacchiere pastorali e Père Michel indugiò un po’, disponibile per una confessione tardiva che però non arrivava. Perplesso invece di una conversazione che aveva più il sapore di una seduta d’analisi… proprio il giorno di Natale, dovette pensare.
Non appena Sophie recitò come avesse imparato a memoria le parole del corteggiatore del sogno, Père Michel le sorrise dicendole: San Paolo, I lettera ai Corinzi, capitolo 9.
Sophie restò senza parole e senza domande, ringraziò e se ne andò ridendo silenziosamente.
Guardare nell’altro è solo un momento di smarrimento; poi ci si ritrova. Anzi, non ci si vede mai abbastanza chiaro come attraverso gli occhi degli altri. Per questo si rischia di perdersi. Basta superare la paura della verità e della libertà. Quanto siamo simili a chi sembra lontano! Il fatto è che normalmente le affinità le cerchiamo nei pregi, non nei difetti. Diversamente ne troveremmo in maggior quantità e ben visibili.
Allora ci stringeremmo forti gli uni altri per chiedere comprensione della nostra fragilità.
                                           
Ilaria Guidantoni - Natale 2012

Cristiana Thoux è un’artista valdostana che vive da anni a Parigi dove lavora soprattutto come fotografa, unendo l’emozione alla tecnologia. L’immagine è una sua opera che amo molto.

domenica 23 dicembre 2012

A bordo di un taxi a' Il Cairo


“Taxi”

di Khaled al-Khamissi
traduit de l’arabe (Egypte)
par Hussein Emara et Moïna Fauchier Delavigne

Ho conosciuto l’esistenza di questo libro attraverso il mio “Tunisi, taxi di sola andata” perché la college Tiziana Colusso, direttore di “Formafluens” mi ha fatto notare una certa assonanza e perché la trasmissione “Mediterraneo”, andata in onda su Rai 3 il giorno di Pasqua 2012, recensendo il mio libro lo ha paragonato al romanzo reportage dell’egiziano Khaled al-Khamissi; e un amico, ancora una volta, mi ha detto di aver letto un altro libro i cui co-protagonisti erano i tassisti. Non ricordava il titolo ma la ricerca mi ha condotto ancora una volta a questo testo. Non so se sia stato pubblicato in italiano. Io l’ho letto in francese, lingua nella quale è stato tradotto dall’arabo, anzi dall’egiziano dialettale parlato dai tassisti del Cairo. Conosco poco l’arabo e nulla dell’egiziano che forse non arriverò mai a leggere ma leggo correntemente il francese e mi sento di fare i complimenti, ad occhi chiusi – senza la versione araba – ai traduttori che hanno reso splendidamente il sapore di un colloquio animato nella lingua del popolo, colorita e velatamente ironica. Non so quanto sia fedele all’originale, ma sicuramente dello spirito delle conversazioni con i tassisti del mondo arabo - posso confermare - c’è tutta l’anima. E’ un libro senza trama, dove ogni capitoletto è un incontro a bordo di un taxi del protagonista, forse lo stesso autore con il tassista di turno, che parla quasi ininterrottamente. La prospettiva è invertita rispetto a quella che io ho utilizzato: sono i tassisti a raccontare e a fare domande, a prendere l’iniziativa; mentre il protagonista ascolta, interviene, chiede sì, ma giocando di rimessa. Ne emerge un affresco del Cairo tra il 2005 e il 2006 di denuncia e insoddisfazione verso il quinto governo di Hosni Moubarak, caratterizzato da un capitalismo selvaggio, soprusi, ipocrisia, corruzione nella pubblica amministrazione e un crescendo di religiosità senza spiritualità dove la forma prevarica e schiaccia l’anima. E’ così in particolare nella storia narrata di una ragazza che il tassista forse prende per prostituta mentre ha solo voglia di una vita ‘a modo suo’. E’ un testo esile, premonitore e rivelatore di uno spirito critico, quello autentico del giornalismo di strada, con i piedi nella polvere, attento a chi fa la storia anche se nei libri non vedrà mai scritto il proprio nome. In primo piano si staglia la compassione al posto della curiosità morbosa verso i piccoli guai quotidiani della gente comune e quell’umiliazione che genera rabbia, se soffocata a lungo, in modo dirompente. Con l’augurio, un giorno anche lontano, di poterlo leggere in arabo.


Khaled al-Khamissi - Nato al Cairo, l’autore è produttore e regista, oltre che giornalista. Diplomatosi in Scienza politiche all’Università del Cairo e in Relazioni internazionali all’Università La Sorbonne di Parigi, con “Taxi”, ha conosciuto un successo internazionale. Dal febbraio 2011 è uno dei principali interpreti della rivoluzione egiziana per la stampa francese.



“Taxi”
di Khaled al-Khamissi
traduit de l’arabe (Egypte)
par Hussein Emara et Moïna Fauchier Delavigne
Babel
Actes du Sud, 2009

giovedì 20 dicembre 2012

La Révolution des Braves di Mohamed Kilani

Mohamed Kilani, Giornalista e commentatore sportivo tunisino, un diploma in giornalismo politico-giuridico, bancario di professione, è l’autore di un saggio sulla nascente democrazia, un bébé, come lo definisce nel suo libro scritto con un nitore sorprendente, una prosa semplice, diretta e fresca, concetti profondi nella loro quotidianità, senza effetti speciali né la voglia di una critica esasperata da cronista d’assalto. E’ un testo scritto a ridosso della rivoluzione tunisina perché sarebbe dovuto essere pubblicato il 20 gennaio, appena 6 giorni dopo la disfatta di Bin Ali, ma ponderato e maturo ad un tempo. Il preambolo serve a tracciare la storia della Tunisia indipendente e repubblicana dal 1957 con Bourghiba e il grande inganno della Repubblica che nella modernità sostituisce la monarchia senza spesso superarne lo spirito: quello del potere personale. Una deriva che conduce presto ad un potere assoluto, decretato nel 1975 con la proclamazione delle presidenza a vita. Lentamente si insinua nella macchine del potere Zine El Abidine Bin Ali che Bourghiba vuole vicino perché non riesce a controllare totalmente il Paese senza rendersi conto che si sta allevando una serpe in seno. Un militare, mandato come addetto militare in Marocco, poi Ambasciatore a Varsavia, quindi richiamato in patria come Segretario di Stato con l’incarico della sicurezza. Nella sua abilità riesce a contrastare da una parte l’islamismo ma nello stesso tempo a ingraziarsi i fedeli: ad esempio ilo 3 novembre del 1987 sarà a Kairouan per la celebrazione della festa de’ El Mouled (la nascita del Profeta Maometto), abbandonata da Bourghiba. Il 7 novembre si autoproclamerà presidente e a vita, sfruttando il terreno spianato dall’uomo che ha detronizzato e del quale è stato il delfino in certo senso. Il nuovo ‘sovrano’ crea lentamente un consenso con le strategie classiche quanto semplicistiche: ad esempio l’ostentazione dell’aiuto ai più bisognosi ai quali di fatto andavano le briciole, comprando il voto e il consenso prima. La vera oppressione ha cominciato presto a farsi sentire ed è stata ammantata però di liberalismo e soprattutto di laicità. In effetti la malattia della Tunisia si è chiamata sonno delle coscienze. Purtroppo i giornalisti e i magistrati, bersagli prioritari, hanno aderito al sistema oppure scelto l’esilio o il silenzio nella maggior parte dei casi. L’informazione e la giustizia finiscono in mano all’arbitrio senza controllo del potere e la corruzione condita con l’avidità sono coltivate dalla seconda moglie del presidente, Leila Trabelsi e del suo clan, che l’autore lascia intuire, in qualche modo avvincono anche Bin Ali stesso. L’ordine è l’ossessione principale del presidente per camuffare una ruberia costante anche se sotto traccia, almeno nei primi tempi, stemperata da alcune azioni di immagine come la costituzione di un fondo sociale nel 1992.
Ci sono personalità che continuano a pensare in autonomia e in dissenso ma con scarsi risultati, scegliendo la via dell’esilio o venendo piegati nel tempo. Sale il malcontento nel tempo così come la disoccupazione ma la frattura tra chi è a favore e chi contro il presidente di amplifica, mentre tra i primi non si conoscono crisi economiche o problemi come la disoccupazione. Qualche scheggia impazzita ogni tanto sfugge al controllo ma è poca cosa: nel frattempo si evidenzia che lo sforzo del presidente è tutto proiettato a Tunisi e al nord del Paese, ai luoghi turistici che diventano lo specchietto per le allodole, la cartina tornasole dell’immagine internazionale. Il sud è abbandonato e una città come Kairouan, la città sacra della Tunisia, è lasciata a se stessa anche se rappresenta il bacino agricolo numero uno del Paese.

"Chiacchiere, datteri e thé". Tunisi, viaggio in una società che cambia  di Ilaria Guidantoni
il 9 gennaio 2013 a Radio Hinterland, la Parola dei poeti 
ore 12.30-13.30

Antonio Voltolini, conduttore del programma leggerà la poesia "Je suis un mécreant" di Houda Zekri, in apertura del nuovo libro.

martedì 18 dicembre 2012

Galleria Colonna festeggia il Natale con l'archeologo e scrittore Valerio Massimo Manfredi


Martedì, 18 Dicembre 2012 Ilaria Guidantoni


L’occasione è stata una serata di gala, venerdì 14 dicembre, con reading nella centrale Galleria Alberto Sordi, già Galleria Colonna, cuore di Roma con un evento promosso da Sorgente Group, proprietario della Galleria con il suo amministratore delegato, Professor Valter Mainetti. La manifestazione ha visto centocinquanta personalità della politica, della cultura e della società romana per la presentazione di due volumi uniti dal percorso comune tra storia, leggenda e arte, “Il mio nome è Nessuno” di Valerio Massimo Manfredi (edito da Mondadori), dedicato alla vita di Ulisse, eroe dalle tre identità e “Il Palazzo del Tritone a Roma”, realizzato da Sorgente Group con De Luca Editori D’Arte. 
Tra gli autori del libro sul Palazzo del Tritone, Claudio Strinati, Direttore Scientifico di Fondazione Sorgente Group e i professori dell’Università di Chieti-Pescara Fabio Benzi e Francesco Leone. Una doppia anteprima letteraria. Un evento simbolico e un segnale importante per la città in un momento di crisi, che sottolinea l’importanza di investire in controtendenza con un mercato asfittico, legando gli aspetti culturali a quelli dello sviluppo di un territorio, a cominciare dalla valorizzazione del patrimonio, in particolare immobiliare, fino agli interessi più squisitamente economici.

L'articolo integrale su Saltinaria.it

Da Editoriaraba La libreria di Pamela Stella Ghada


Top ten arabista di Pamela Stella

1.Ghada Samman, "Un taxi per Beirut" (tradotto dall’arabo di Samuela Pagani)
Il mio primo amore, scoperto all’Università. Libro-vaticinio della guerra civile libanese, e solo per questo dovrebbe essere letto, almeno per comprendere il potere della letteratura! Ma c’è di più, un taxi collettivo, un sogno comune: arrivare a Beirut! L’entusiasmo iniziale lascia subito il passo alla delusione: i protagonisti si scontrano con una finta emancipazione, con una modernità solo apparente in una città che assomiglia di più ad un “Ospedale psichiatrico”, dove ciò che conta è apparire più che essere.

2. Hoda Barakat, "Malati d’amore" (tradotto dall’arabo di Samuela Pagani)
Al centro del romanzo Ahl al-hawa (titolo originale, letteralmente “La gente della passione”) c’è la follia, non come patologia mentale, ma come ribellione alla logica cieca del gruppo, e come incapacità di assemblare i ricordi. Anche nella scrittura di questa autrice è presente la guerra civile in Libano, i suoi effetti sul mondo interiore. Un libro che viaggia su più piani, a volte complesso.

3. Ghassan Kanafani, "Uomini sotto il sole" (tradotto dall’arabo di Isabella Camera D’Aflitto)
Un altro libro che risale al mio periodo universitario, consigliato dal professore ma letto con gran piacere. Un libro attuale, una storia che, purtroppo, si ripete negli anni ma con un’altra collocazione geografica.

4. Mahmoud Darwish, "Halat Hisar" (Stato d’assedio)
Un autore a cui sono molto affezionata e un libro particolarmente importante per me, al centro della mia tesi triennale. Non ancora tradotto e pubblicato in Italia (a parte la mia traduzione) ma voci più informate mi dicono che presto sarà pubblicato anche in italiano. E' possibile leggerlo in francese: "Etat de siège" (per la traduzione di Elias Sanbar). 

5. Sonallah Ibrahim, "La commissione" (tradotto dall’arabo di Paola Viviani) 
Un libro che all’inizio disorienta un po’, difficile addentrarsi nell’atmosfera kafkiana così ben resa dallo scrittore egiziano. Tuttavia siamo di fronte a un libro di grande valore, l’autore dipinge l’immagine dell’intellettuale alienato che nonostante le grandi facoltà mentali soccombe alle intimidazioni di un’autorità dispotica.

6. Sahar Khalifa, "La porta della piazza" (tradotto dall’arabo di Piera Redaelli)
Sullo sfondo dell’intifada palestinese, si intrecciano le storie e i destini delle donne del quartiere di Bab as-Saha (da cui il titolo), simbolo dell’intera Palestina. Sahar Khalifa è stata definita la più celebre scrittrice palestinese contemporanea.

7. Fatima Mernissi, "La terrazza proibita. Vita nell’harem" (tradotto dall’arabo di Rosa Rita D’Acquarica)
La sociologa marocchina in questo libro ci parla del contrasto fra tradizione e modernità nella società marocchina, dando spazio alla voce delle donne il cui desiderio di libertà cammina di pari passo con la difesa della propria cultura. Un libro che è anche una battaglia agli stereotipi, uno su tutti l’idealizzazione dell’harem.
8.‘Ala al-Aswani, "Palazzo Yacoubian" (tradotto dall’arabo di Bianca Longhi)
Il Palazzo è un microcosmo, espediente letterario utilizzato dall’autore per dipingere l’immagine dell’Egitto moderno in piena crisi identitaria.

9. Assia Djebar, "Donne d’Algeri nei loro appartamenti" (tradotto dall’arabo di Gianfranco Turano)
Sullo sfondo di un secolo di storia (dall’ 800 fino ad arrivare agli anni dell’indipendenza), Djebar presenta le donne algerine in un insieme di pensieri, canti e grida che a volte stentano a venir fuori, schiacciate dal colonialismo e da una società patriarcale.

10. Amara Lakhous, "Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio".
Una lettura scorrevole e simpatica, che porta agli occhi di tutti un tema di cui si parla tanto, a volte abusato e ovvio: il tema dell’immigrazione e la convivenza…ma con un tono semplice ed ironico.

lunedì 17 dicembre 2012

Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata" a Firenze, sabato 15 dicembre

Presentazione di Tunisi, taxi di sola andata a Firenze, presso lo Studio Legale Leoni. Insieme all'autrice, Ilaria Guidantoni, lo scrittore Emilio Borelli.

sabato 15 dicembre 2012

"L’Italia diversa" Intervista all’autore, Gabriele Salari

Com'è nata l'idea di scrivere questo libro?
“Tutto nasce dal ricordo del disastro di Seveso. Non l'ho vissuto perché ero nato da poco, ma la data del 1976 è impressa ormai come una pietra miliare nell'ambientalismo. E così il 1986. Sono passati, infatti, 25 anni da Chernobyl e certo mai avremmo potuto immaginare che il disastro di Fukushima ci riportasse così drammaticamente d'attualità il tema del nucleare. Mettere in luce innanzi tutto quanto è stato fatto per l'ambiente in Italia in questi 35 anni grazie alle associazioni ambientaliste è stato il punto di partenza, poi ci si è resi conto che bisognava anche evidenziare i traguardi ancora da raggiungere e le nuove sfide che impone quest'epoca”.

Qual è l'obiettivo, se c'è una finalità specifica?
“Non è un libro da prendere e sfogliare per le belle foto, anche se sono belle davvero. Se servirà a far prendere maggiore coscienza dei problemi ambientali e di quanto riesce a fare il volontariato con pochi mezzi, tanta tenacia e ostinazione, allora avremo centrato l'obiettivo. E più forza avranno le associazioni ambientaliste, più iscritti e attivisti, maggiore sarà la mia soddisfazione di aver fatto un bel lavoro”.

Perché partire da Seveso: che cosa ha rappresentato quella tragedia?
“Un punto di svolta nella sensibilità generale e anche nella normativa europea, la Direttiva Seveso porta non a caso questo nome. Allora capimmo a quali rischi ci esponesse la presenza di fabbriche chimiche in aree densamente urbanizzate e senza quelle norme e quelle garanzie che oggi abbiamo fortunatamente”.

Dalla storia dell'ambientalismo cosa emerge principalmente?
“Che se la società civile spinge per il cambiamento e la politica presta un orecchio, anche traguardi prima impossibili si realizzano. Prendiamo l'energia solare. Solo 4 anni fa eravamo il fanalino di coda d'Europa nonostante l'irraggiamento solare di cui godiamo. Grazie alla politica di incentivi varata allora dal governo Prodi ora siamo i primi dalla classe, con 12 mila megawatt, superando anche la Germania che allora era il faro. Da non credere. Abbiamo costruito l'equivalente di 3 centrali nucleari in 4 anni e in Finlandia sono 8 anni che stanno costruendo un reattore atomico e si fermano sempre per difficoltà che prima non avevano previsto”.

Quali sono le prospettive che si delineano per il futuro immediato?
“Basta guardare a quanto accaduto di recente con le alluvioni in Liguria e Toscana. Viviamo con apprensione ogni annuncio di una perturbazione come se fosse un monsone o un tornado. Il territorio, violentato dall'uomo, non è più in grado di reggere una quantità di pioggia eccessiva e i cambiamenti climatici porteranno sempre più a eventi estremi. Che fare? Vogliamo prenderci cura dell'ambiente e del territorio oppure piangere sempre nuovi morti?”


giovedì 13 dicembre 2012

Qualità e innovazione IL PASSO IN PIU’ Romano Minozzi e le sue imprese

Cinquant’anni di storia di tre imprese e di un imprenditore, un anniversario simbolo che cade per giunta nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia, in un momento spartiacque e doloroso per il nostro Paese, in bilico sul crinale europeo e affacciato sul baratro. L’anno orribile per le aziende non ha scoraggiato Romano Minozzi, Fondatore di una realtà di successo nata nei primi anni Sessanta. Era il periodo del boom economico nel distretto ceramico del reggiano modenese. La locomotiva traina ancor oggi orgogliosa un treno a pieno carico pesante e senza scoraggiarsi del maltempo e del tragitto accidentato. In testa anche Graziano Verdi, il Manager che mi ha fatto conoscere questa realtà. Questo non è il luogo per parlare delle aziende, delle quali ho avuto modo di raccontare per anni nei quali mi occupavo del giornalismo economico del settore edile, né delle persone che ho apprezzato da vicino; quanto per parlare di un libro che racconta mezzo secolo d’impresa e di uomini. Se i libri aziendali si scrivono per fare promozione ad un marchio, questo è ben riuscito perché non parla in prima persona e ossessivamente dell’azienda e dei suoi capitani come uno spot pubblicitario e lo si ricorda soprattutto per altro, per quello che persone impegnate giorno e notte nel lavoro hanno trovato il tempo di raccontarci; per la voglia in un momento di crisi della cultura e soprattutto dell’editoria di investire in un libro, come uno dei prodotti migliori del made in Italy. E’ questo il vero messaggio del libro e vengono in mente le parole dello scrittore Alessandro Baricco, che suonano più o meno così: finché hai una buona storia da raccontare e qualcuno ad ascoltarti non sei mai perduto. Di strenne natalizie dal peso improbabile a prova di culturista sono pieni i nostri scaffali. Inutili. “Il passo in più” è una perfetta metafora del prodotto Iris e GranitiFiandre – cito quello che conosco meglio – leggerezza e resistenza; eleganza e raffinatezza, senza sfarzo; il desiderio di guardare oltre, di attrarre e di innovare senza necessariamente usare effetti speciali. Un fotografico di qualità, didascalico ed emozionale rispetto al racconto dell’azienda, delle scelte e delle strategie che decidono di non essere protagoniste in prima linea sulla carta; o meglio, sono coprotagoniste con quello che avviene nella scena mondiale. Gustosi i quadri sinottici tra cultura, cronaca, costume, storia, politica ed economia che raccontano il mondo negli ultimi 50 anni. Non una presentazione fredda e didascalica da manuale, ma un docufilm sulla vita che cambia e gli uomini trasformati in mezzo secolo di progresso, scoperte e dittature; crisi e boom economico; vittorie e sconfitte. In questo il Gruppo di Romano Minozzi si racconta perché se la casa è il simbolo dei confini dell’io, come ci ha insegnato la psicoanalisi, le sue aziende hanno accompagnato e trasformato lo stile del vivere a casa e nei grandi edifici. In fondo è questo il merito del libro, risvegliare interesse e curiosità, voglia di conoscere quale premessa al coraggio di sognare e di realizzare, che è un modo per tradurre la cultura del rischio di essere impresa.

Qualità e innovazione
IL PASSO IN PIU’
Romano Minozzi e le sue imprese
1961/2011
a cura di Stefano Castellani

GUIDAREOGGI quello che nessuno vi ha mai detto sulle regole stradali

“GuidareOggi” è un testo singolare nel suo genere, originale per chi si muove nel campo della sicurezza stradale, per molti aspetti. Difficile definirlo: forse non lo si può chiamare saggio, per il contenuto tecnico e non di argomentazione critica ma definirlo un manuale è certamente riduttivo.
Scritto da Vincenzo Di Michele, Scrittore, con un’esperienza consolidata nel settore dei trasporti soprattutto sotto il profilo normativo, nasce come molti dei testi dedicati alla sicurezza stradale da una vicenda personale – il libro è dedicato al nipote – ma l’essere tra i familiari delle vittime della strada non toglie nulla al rigore, alla serenità con la quale è scritto il libro.
Nessuna concessione a commenti personali e personalistici, nessuna approssimazione in virtù di una tesi da sostenere: la scelta anche per questo breve capitolo è essenziale: una presentazione stringata dell’autore, una lettera aperta del Presidente dell’Associazione Italiana Familiari Vittime della Strada, Giuseppa Cassaniti e una serie di testimonianze di chi ha vissuto questa dolorosa esperienza.
Il testo è diviso in 9 capitoli tematici senza un ordine didascalico affrontando in modo insolito argomenti anche singolari, con una prospettiva di carattere pratico ma sostenuta da una spiegazione normativa, tutta dalla parte dell’utente. Il testo è rivolto proprio per il ventaglio di argomenti, la linearità delle spiegazioni non solo agli addetti ai lavori.
Si comincia con le due ruote proprio perché rappresentano un segmento tristemente interessato dall’incidentalità e si procede con una disamina di buoni consigli dalla scelta del casco e utilizzo dello stesso; abbigliamento adeguato; trasporto di un secondo passeggero in particolare se bambini; e ancora gli specchietti retrovisore per il loro ruolo sottostimato.
Molti gli argomenti che di solito non si approfondiscono come il trasporto di attrezzature sportive e tavolo da surf o barche; e ancora l’acquisto di trattori agricoli da parte di collezionisti o agricoltori della domenica (il classico caso del pensionato che vuole dedicarsi a coltivare il proprio orto), non disciplinato dal Codice della Strada in modo adeguato e come è possibile dribblarla situazione; o i SUV che tutti utilizzano come auto ma in effetti sono disciplinati come autocarri.
Attenzione è dedicata al ruolo delle assicurazioni e alla segnaletica a seconda dei diversi mezzi e all’autotrasporto.
Infine un’appendice sintetica sulle novità introdotte dal Codice della Strada.
Certamente l’editing merita qualche osservazione perché nel suo rigore e semplicità è un testo che, a differenza di molte del settore, è elegante, pulito, essenziale con immagini molto curate ed efficaci senza l’eccesso di didascalia o il predominare dell’aspetto emozionale.

GUIDAREOGGI
quello che nessuno vi ha mai detto sulle regole stradali
di Vincenzo Di Michele
Curiosando editore

Verso l'Arabia felix con Editoriaraba


Questa volta il blog ci porta lontano nel cuore dell'Islam, del vessillo sunnita del Wahhabismo, del paese alleato degli Stati Uniti, dove le donne non guidano; ma è anche un paese in cui si usano moltissimo i social network come Twitter e Facebook e dove si twitta prevalentemente in arabo. E un paese dove proprio la battaglia delle donne per poter guidare  ha come icona ispiratrice una giovane attivista di nome Manal al-Sharif, che lo scorso anno lanciò su Facebook la campagna "It’s my right to drive" (poi arrestata dalle autorità saudite). 
Una geografia sociale, religiosa e politica unitaria, ma che allo stesso tempo – se si guarda sotto la superficie – appare frammentata, segmentata, quasi a simboleggiare una contraddizione in termini vivente. 

C'è Mohammad Hassan Alwan, unico rappresentate del suo paese ad essere stato ammesso tra i 16 concorrenti finalisti al premio IPAF 2013.
Classe 1979, nato a Riyadh, una laurea in Computer Information Systems e un MBA presso la University of Portland, in Oregon (USA), Halwan, un bel viso sorridente e aperto, ha già all’attivo quattro romanzi pubblicati e una raccolta di racconti brevi. È uno dei 39 autori arabi emergenti sotto i 39 anni selezionati dal progetto BEIRUT39 nel 2009/10, e ha partecipato, nel 2009, al workshop di scrittura creativa “Nadwa” organizzato dagli stessi amministratori dell’IPAF, consesso in cui ha cominciato a scrivere proprio il romanzo finalista, "القندس" (letteralmente: Il castoro). 
Pubblicato da Dar al-Saqi (Libano) nel 2011, e oggi arrivato alla terza ristampa, "Il castoro" è narrato in prima persona dal protagonista, Ghaleb, rampollo di una ricca famiglia saudita conservatrice, figlio del primo matrimonio fallito del padre, verso cui sente di aver mancato tutte le aspettative. Non amato dalla madre e dai fratellastri, abbandonati gli studi, Ghaleb si ritrova a ricoprire il ruolo di amante clandestino della donna di cui è innamorato che, a causa della sua inettitudine, è andata invece in sposa ad un ricco diplomatico. Il romanzo prende avvio in Oregon, luogo di un esilio volontario, dove la vista di un castoro in un parco della città è l’espediente narrativo che consente all’autore di riandare indietro con la memoria ai ricordi della sua famiglia e sulla vita passata a Riyadh.
Lo stile narrativo di Alwan, fresco e diretto, è stato molto apprezzato da diversi critici arabi sin dai tempi di BEIRUT39, ma si è anche attirato gli strali dell’onnipresente censura. Per la franchezza con cui aveva trattato il tema dell’amore nel suo romanzo "سقف الكفاية", quest’ultimo era stato censurato in Arabia Saudita, e per questo pubblicato in Libano (corsi e ricorsi storici…), come anche i romanzi pubblicati in seguito: صوي"ا  nel 2004 e "طوق الطهارة" nel 2007. 
La speranza del giovane autore è che quello che scrive possa contribuire a diffondere un messaggio di pace e reciproca comprensione tra le nazioni. Alwan è anche convinto che saranno le nuove generazioni di sauditi ad affrontare i problemi del passato, ma con gli strumenti del domani.(La traduzione in inglese di un estratto da' "lI castoro" si trova su Banipal). Il romanzo è già stato acquistato per essere tradotto, dall’editore francese Le Seuil.

L'Arabia Saudita è anche il Paese di nascita della regista Haifaa al-Mansour, che ha girato lì il suo film 'La bicicletta verde". (Wadjda, 2012), in uscita in questi giorni nelle sale cinematografiche italiane. Il lungometraggio racconta la storia di una bambina che sogna di possedere una bicicletta, per pedalare nelle strade della sua città come i suoi coetanei maschi. Un sogno, quello di Wadjda, che si scontra con le convenzioni di una società chiusa e segregata e con la condanna della sua stessa madre. 
È stata la stessa regista a riconoscere la chiusura della società saudita, ma al-Mansour ha anche detto che questa società si sta aprendo al mondo e che sono molte le voci liberali che escono dal coro. La regista, con il suo film, ha voluto lanciare un messaggio di apertura e ottimismo alle donne e agli uomini del suo paese: “Ascoltate le voci dei vostri figli, anche se e quando vi chiedono qualcosa che la società non considera completamente accettabile”. _________________________
Altra letteratura saudita (suggerimenti di lettura):

"Rose d’Arabia", AA.VV – edizioni E/O 2001
"Il canto perduto", Laila al-Giuhni – Ilisso 2007 
"Gli altri", Siba al-Harez – Neri Pozza 2007
"La cintura", Ahmed Abodehman – Epoche 2009
"Ragazze di Riyadh", Rajaa al-Sanea – Mondadori 2011
"Le trappole del profumo", Yousef Al-Mohaimeed – Aisara 2011

martedì 11 dicembre 2012

In viaggio con Editoriaraba: 56° Fiera del libro di Beirut, romanzi, e-book e primavera araba


In una regione come quella arabo-islamica, dove ancora non esiste un sistema efficiente di distribuzione libraria panaraba, è facile intuire l’importanza delle fiere del libro. Tra le numerose fiere del libro arabe, a partire dagli anni Settanta, Editoriaraba segnala, per varietà e ricchezza delle proposte e anche perché la città che la ospita è da sempre il principale laboratorio editorial-culturale del mondo arabo-islamico, quella di Beirut. Anche perché la prima vera fiera del libro arabo fu organizzata li' nel 1956. 
E' stata infatti inaugurata lunedì 3 dicembre, presso lo spazio BIEL nel centro della città, e si concluderà il 16 dicembre. 
Qualche numero per capirne le dimensioni: 181 case editrici libanesi, 63 editori provenienti dagli altri paesi arabi, 160 presentazioni di libri, e ospiti che giungono da Arabia Saudita, Oman, Palestina, Kuwait ed Emirati Arabi.
La fiera di quest’anno, secondo quanto riportato da "The Daily Star Lebanon", si apre all’insegna di tre concetti chiave: romanzo, primavera araba, e-book.  
Secondo Rana Idriss, proprietaria della storica casa editrice Dar al-Adab, vera fucina di talenti libanesi e arabi nel campo della letteratura, oggi i lettori arabi chiederebbero soprattutto di leggere romanzi. Dar al-Adab ha però riscontrato anche un aumento nelle richieste della cosiddetta “editoria islamica” ed in particolare di titoli sui movimenti islamici, richiesta che secondo la Idriss è da collegare alla vittoria, in alcuni paesi protagonisti della primavera araba, dei partiti politici islamisti. Molti dei romanzi pubblicati di recente avevano comunque come tema principale le rivolte arabe. 
La casa editrice beirutina presenta in anteprima alla fiera tre romanzi di autori libici, altrettanti scritti da autori siriani e due da egiziani: sono romanzi che secondo la Idriss riflettono le disillusioni dei partiti arabi di sinistra che hanno avuto il ruolo di “guida” durante le proteste, ma che in seguito si sono lasciati sfilare questo ruolo dai movimenti islamisti. 
Alcuni dei titoli di Dar al-Adab sono: النبّاشون, “I rovistatori”, di Susan Jamil Hassan; مـيــنـا, “Mina”, della libanese Sahar Mandour, che racconta la storia di una giovane attrice di talento alle prese con problemi professionali e turbolenze nella vita privata; مفتاح لنجوى, “Una chiave per Najwa”, della scrittrice e accademica libanese Fatin al-Murr (tra i nominati all’IPAF 2010 per il suo romanzo الخطايا الشائعة), la cui storia è invece ambientata in un campo profughi palestinese.
È tempo di riflessioni sulla primavera araba anche per Dar al-Saqi, che alla fiera presenta in anteprima il nuovo saggio dell’intellettuale e scrittore siriano Hashem Saleh الانتفاضات العربية على و"ء فلسفة التاريخ" (Le rivolte arabe alla luce della filosofia della storia) il cui autore sostiene la tesi (ad onor del vero rimbalzata anche in Europa) secondo cui la primavera araba si sarebbe trasformata in un…autunno fondamentalista. 
L’influente casa editrice anglo-libanese guidata da Rania Moallem sarà presente in fiera anche con “لماذا العرب ليسوا أحراراً؟” (Perché gli Arabi non sono liberi?), del sociologo e analista egiziano Mustafà Safwan e con il romanzo “لا طريق إلى الجنّة” (Nessuna strada per il paradiso), di Hassan Daoud, scrittore e giornalista libanese e già autore di Vivere ancora, Jouvence, 2007 (che sul sito della casa editrice però non trovo più).
Jabin Shbaro invece, di Arab Scientific Publishers preferisce puntare sui saggi politici perché è doveroso “tenersi informati su quanto accade nella regione”, ma ammette che il romanzo è il genere più richiesto. 
Per quanto riguarda gli e-book (o i-Kitab), le cui vendite in Europa e negli Stati Uniti stanno superando quelle dei loro compagni cartacei, gli editori intervistati in fiera non sembrano puntare con particolare ansia sul nuovo prodotto. Al-Adab uscirà nei prossimi 3-4 mesi con una sessantina di titoli in formato digitale, mentre la direttrice di al-Saqi è convinta che ci vorranno almeno 10 anni perché gli e-book siano in grado di lanciare una vera sfida al libro stampato. 

lunedì 10 dicembre 2012

“Non voglio vedere verde” - Libro di ricettine e novelle per bambini


Il 15 dicembre alle ore 17 in anteprima nazionale, presso la sala Consiliare della Provincia di Prato, con il patrocinio della Provincia di Prato e della “Strada del Vino di Carmignano e dei prodotti tipici pratesi”, la casa editrice Farnesi Editore di Prato presenterà il libro “Non voglio vedere verde” di Giada Briziarelli, raccolta di ricette per bambini abbinate a favole scritte da  Christina Bachman, Caterina Balivo, Giada Briziarelli, Ilaria Calvani, Sara Castellani e Alice Pucci, Francesca Ciardi, Benedetta Contini Bonacossi, Dorotea De Spirito, Elsa Di Gati, Beppe Fiorello, Federica Fontana,  Alessandra Gaggioli, Enzo Ghinazzi (Pupo), Monica Leofreddi, Marco Liorni, Annalisa Manduca,  Rita Marcotulli e Francesco Giardinazzo, Armando Maschini, Simona Mazzei, Federico Moccia,  Ilaria Moscato, Giorgio Casotti, Antonella ed Elisabetta Quaranta, Maria Rodighiero, Maddalena Sadocchi, Toni Scervino, Enrico Vanzina e Stefano Ziantoni.
Il libro nasce per sostenere la Onlus Anticito, di cui Giada Briziarelli è presidentessa nazionale.
Alla presentazione, oltre all’editore, saranno presenti i seguenti autori: Francesca Ciardi, Maddalena Sadocchi, Maria Rodighiero, Benedetta Contini Bonacossi, Ilaria Calvani, Antonella e Elisabetta Quaranta, Simona Mazzei, Cristina Bachman, Alice Pucci e Sara Castellani, e la conduttrice televisiva Ilaria Moscato. Interverrà anche il disegnatore Francesco Perrotta.
Il libro sarà in vendita durante la presentazione.
Sarà comunque acquistabile presso:
- Libreria Fanucci Piazza Madama 8 Roma
- Marton Cartolibreria srl Corso del Popolo 40, 31100 Treviso
- Libreria Ready Cavour Via Cavour 255, 00184 Roma  e comunque in tutta la catena delle librerie Arion di Roma
- Libreria Liberrima Socrate srl, Corte dei Cicala, 1 73100 Lecce 
- Libreria Viva Athena Via Liguria 73-75 73013 Galatina Lecce  
- Libreria Mondadori Via Cortonese 131 06127 Perugia     
- Libreria Betti sas via del Sette 1 06121 Perugia 
- Antica Farmacia Molteni, via Calzatoli piazza della Signoria, Firenze
- Libreria san Gottardo Corso San Gottardo Milano
- Libreria Il Castello piazza del Castello Prato
- Negozio della Strada del Vino via Ricasoli 15 Prato
Sarà acquistabile online sul sito della casa editrice www.farnesieditore.com, su www.ibs.it e su www.amazon.it e durante le manifestazioni di Rugby for Life il 21 di dicembre a Treviso e il 23 di dicembre a Vittorio Veneto.

Cosa è cambiato dopo le Primavere Arabe?

A due anni dall’inizio delle rivolte arabe e in occasione della pubblicazione de La “Primavera Araba” un anno dopo, secondo numero di “Geopolitica”, e di The Place and Role of Syria in the Arab-Israeli Conflict, opera di Rouben Karapetian, l’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG), in collaborazione con lo Studio Legale Sutti, organizza questo convegno per discutere dell’evoluzione seguita dalle rivolte e degli effetti ch’esse hanno avuto, finora, sui paesi interessati e sulla regione mediterranea e vicinorientale in genere.nnInterverranno in qualità di relatori Antonella Appiano (giornalista specializzata in Medio Oriente e Islam, inviata de “L’Indro”, autrice di Clandestina a Damasco), Eliseo Bertolasi (ricercatore associato dell’IsAG), Paolo Branca (islamologo, professore associato all’Università Cattolica di Milano), Simona Cazzaniga (partner dello Studio Legale Sutti, professore a contratto al Politecnico di Milano) e Daniele Scalea (condirettore di “Geopolitica” e segretario scientifico dell’IsAG, co-autore di Capire le rivolte arabe). La moderazione sarà affidata a Enrico Verga (direttore relazioni istituzionali dell’IsAG). Il convegno si svolgerà lunedì 17 dicembre a Milano, alle ore 14.00, in Via Montenapoleone 8, sede dello Studio Legale Sutti
Per iscriversi all’evento inviare un messaggio a eventi@istituto-geopolitica.eu con nome, cognome indirizzo e-mail, eventuale ente/società d’affiliazione, per ciascun partecipante.

venerdì 7 dicembre 2012

Editoriaraba presenta i candidati al"Arab Booker 2013


Sono 16 i romanzi selezionati per far parte della “longlist” per il premio Arabic Booker 2013, giunto alla sesta edizione. 

Libano: Hoda Barakat “ملكوت هذه الأرض” ; Jana Elhassan “أنا٬ هي والأخريات“; Rabee Jaber “طيور الهوليداي إن“; Elias Khoury “سينالكول” 

Egitto: Ashraf El-Ashmawi “تويا “; Ibrahim Eissa “مولانا “; Mohammed Abdel Nabi “رجوع الشيخ“

Iraq: Sinan Antoon “يا مريم” ; Muhsin al-Ramly “حدائق الرئيس” 

Palestina: Anwar Hamed “ يافا تعد قهوة الصباح” ; Ibrahim Nasrallah “قناديل ملك الجليل“

Algeria: Waciny Laredj “أصابع لوليتا“; Amin Zaoui “حادي التيوس“

Arabia Saudita: Mohammed Hassan Alwan “القندس “

Kuwait: Saud Alsanousi “ساق البامبو“

Tunisia: Hussein al-Wad “سعادته السيد الوزير“

I fantastici 16 sono stati scelti da una lista di ben 133 testi arrivati ai giudici del premio da 15 paesi diversi, ma la longlist ne contempla “solo” 9, incluso il Kuwait che fa capolino per la prima volta. Rispetto agli anni precedenti, sono aumentati gli autori ed editori da paesi come Iraq, Marocco, Tunisia, Libia (con ben 5 titoli quest’anno) e Siria, che nelle edizioni passate erano stati sotto-rappresentati. 

E l’attualità degli ultimi 25 anni diventa il leitmotiv che lega come un filo la longlist annunciata oggi sul sito del Premio: si va dagli eventi dell’ 11 settembre, al conflitto israelo-palestinese, alla libertà sessuale e politica. Se qualcuno si sta chiedendo se la primavera araba rientri tra i temi dell’attualità contemplati, vi rispondo subito di no, non lo è. I giudici hanno dichiarato che gli eventi legati alle “rivolte arabe” sono ancora troppo attuali e necessitano di qualche tempo in più per maturare, sebbene molti titoli su questo soggetto siano arrivati nelle loro mani. 

I nomi dei sei finalisti verranno annunciati il 9 gennaio, insieme ai nomi dei cinque giudici che per ora rimangono “segreti”.

Il vincitore dell’edizione 2013 verrà invece annunciato durante la Fiera del libro di Abu Dhabi, il 23 aprile 2013. Il premio ammonta a 50.000 dollari per il primo classificato, mentre gli autori che rientreranno nella rosa dei 6 finalisti riceveranno ciascuno 10.000 dollari.

giovedì 6 dicembre 2012

Venerdì 7 dicembre a Roma, presentazione del libro "Anatomie degli invisibili" di Tiziana Grassi


Venerdì 7 dicembre 2012 alle ore 17 alla Fiera “Più libri più liberi”, presso il Palazzo dei Congressi (EUR), Sala Ametista, sarà presentato il libro della giornalista Tiziana Grassi. Libro-denuncia che, in forma di prosa poetica, affronta il dramma della crisi, del precariato e dei nuovi poveri.

Edito dalla Nemapress, Anatomie degli Invisibili richiama alla grave situazione di chi, al di là dell’età - trattandosi di un dramma italiano trasversale alle generazioni - vive uno stato di destabilizzante assenza di punti di riferimento economici e sociali.

Tiziana Grassi, per molti anni autrice testi a Rai International e Rai Uno, dopo aver pubblicato numerosi volumi di saggistica su questioni migratorie e media education, in questo libro di impegno civile sceglie di dare voce al vasto mondo del precariato attraverso fotogrammi-anatomie tratti dal vissuto, individuale e collettivo, dei cosiddetti “invisibili”, di chi non partecipa al ‘banchetto della vita’. Di chi ogni giorno decide di suicidarsi per problemi economici legati alla mancanza di lavoro (il volume raccoglie i risultati di una recente ricerca universitaria condotta dal Prof. Nicola Ferrigni della Link Campus University sulle morti legate alla recessione), di chi è costretto a subire disoccupazione, contratti co.co.co., co.co.pro, interinali, occasionali, “partite IVA”. Precari, nel lavoro e nella vita. Vite in retroguardia, senza presente e senza futuro, per un immobilismo sociale che nella flessibilità/mobilità, paralizza e nullifica vite, relazioni, aspettative, progetti.
Nella inusuale intersezione dei linguaggi - tra prosa poetica e cronaca - il volume vede l’Introduzione curata dal sociologo del lavoro, Prof. Domenico De Masi, la Postfazione a cura del poeta e critico letterario Dante Maffia, nonché un ricco apparato fotografico di denuncia sociale del fotoreporter Luciano Manna.

Palestina, fame di libri, sete di libertà


Editoriaraba con Paola Caridi mette in luce la voglia di leggere e di cultura - che forse in Europa sembra paradossale - a Gaza e in Palestina. Cosi non deve meravigliare che il maggio scorso si sia svolto il "Palestine Festival of Literature" che ha coinvolto soprattutto i giovani. Continuano a leggere, anzi leggono di più. Leggono Gramsci e Moravia. Hanno bisogno di aiuti materiali certo, ma soprattutto di alimentare la speranza.
"Ma noi soffriamo di un male incurabile che si chiama speranza. Speranza di liberazione e d’indipendenza. Speranza di vita normale in cui noi non saremo né eroi né vittime. Speranza di vedere i nostri figli andare a scuola senza pericoli. Speranza per una donna incinta di dare la vita a un bambino vivo, in un ospedale, e non già a un bambino morto di fronte a un posto di blocco militare. Speranza che i nostri poeti vedano la bellezza del colore rosso delle rose invece di quello del sangue. Speranza che questa terra ritrovi il suo nome originale: terra d’amore e di pace. Grazie di portare con noi il peso di questa speranza".
Sono le parole di Mahmoud Darwish, contenute in "Viaggio in Palestina", edizioni nottetempo, 2003

A rischio i diritti d'autore


Oggi 5 dicembre la Commissione europea si riunisce per un dibattito sul diritto d’autore. Di seguito trovate il link per firmare la petizione, che ci è pervenuta attraverso la FEP, Federazione europea editori, per chiedere alla Commissione di tenere in giusta considerazione le ragioni per la tutela del diritto d’autore: 
Tutti possono firmare. 

Di seguito la traduzione in italiano.

ASSOCIAZIONE ITALIANA EDITORI

Sul diritto d’autore si è detto di tutto. Anche molte cose senza senso. Negli ultimi anni, lo si è accusato di impedire la distribuzione delle opere, di ostacolare l’accesso del consumatore, di andare a gonfiare le tasche dei ricchi e, ancora peggio, di intralciare la libertà di espressione.

Il 5 dicembre, su iniziativa del suo Presidente José Manuel Barroso, la Commissione Europea in riunione collegiale terrà un incontro per esaminare le iniziative che la stessa Commissione potrebbe adottare nell’ambito del diritto d’autore.

Dobbiamo temere il peggio? E’ una domanda pertinente, specialmente considerando i legami e la quasi familiarità esistenti tra alcuni potenti gruppi di interesse privati anti copyright e alcuni dipartimenti e direttori della Commissione. Per sgombrare il campo da equivoci : il messaggio che traspare è che il diritto d’autore è il nemico dei consumatori e del loro desiderio di accedere alla cultura. Questa non è solo l’opinione di pochi soggetti marginalizzati in Europa.

La guerra al diritto degli autori di vivere della loro arte e ricevere giusti compensi, è al centro di un’intera coalizione: gruppi di interesse delle principali aziende della rete che cercano di esimersi dagli impegni fiscali verso gli stati membri da un lato e dall’obbligo nei confronti dei creatori e delle diversità culturali dall’altro; taluni gruppi di consumatori che considerano una necessità la totale e immediata soddisfazione della propria base, senza curarsi dell’impatto negativo sulle industrie culturali, sui posti di lavoro nel settore cultura e sulla sostenibilità del futuro della creatività ; dipartimenti amministrativi e persino commissari europei che confinano i diritti degli autori e la diversità culturale nei vecchi confini, escludendoli irrimediabilmente dal mondo del digitale.

I diritti degli autori sono, certamente, un concetto datato di secoli, ma anche sorprendentemente moderno, duttile e flessibile. Il diritto d’autore moderno è l’opera di un genio, Beaumarchais, che caratterizzò la sua epoca con le sue battaglie per la libertà. Per cento anni la tecnologia è progredita a un ritmo sempre crescente, a dir poco. I diritti d’autore hanno tenuto il passo con questo progresso e continuato a salvaguardare un principio fondamentale, cioè il diritto degli autori di avere un giusto compenso per l’utilizzo fatto delle loro opere, facilitando l’accesso pubblico a prodotti culturali.

E’ difficile immaginare un autore che voglia impedire che la sua opera, film, libro, musica venga vista, recensita o discussa dal pubblico. E’ però facile immaginare che le soluzioni digitali possano minacciare un diritto umano in particolare (art. 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani): il diritto dell’autore di ricevere un compenso ogniqualvolta la sua opera viene utilizzata.

Ci sono principi fondamentali che nessun tablet, smartphone o nuovo servizio dovrebbero minare. Il rispetto del diritto d’autore è uno di questi principi. Tuttavia quotidianamente in Europa, dove ebbe origine il diritto d’autore, il suo ruolo è contestato, il suo campo d’applicazione attaccato, la sua gestione collettiva criticata. Ogni giorno nuove eccezioni, o meglio espropri, vengono proposte; ogni giorno, meccanismi che rendono possibile finanziare la creatività vengono contestati in nome della libera concorrenza; ogni giorno, si denigra il pagamento dei diritti privati. Insomma, tutte le fonti di introito degli autori sono minacciate e attaccate.

A beneficio di chi? Non certo dei creatori stessi, la cui situazione generale diventa sempre più precaria in molti paesi! E nemmeno dei consumatori, il cui accesso alle opere non è facilitato dalla messa in discussione dei diritti d’autore e per cui il costo per l’acquisto di apparecchi digitali non è certo ridotto in alcun modo abbassando i pagamenti agli autori!

Commissari, Il 5 dicembre vi incontrerete sotto l’occhio vigile dei creatori, che contribuiscono alla futura identità dell’Europa. Per loro, i diritti d’autore sono ancora la migliore garanzia di una degna remunerazione e la più grande speranza di poter continuare a creare.

“L’Europa ama il cinema”, “L’Europa ama la cultura”? Sono slogan che fanno presa, ma devono essere messi in pratica e, cosa più importante, un nuovo slogan deve essere coniato: “L’Europa ama i diritti d’autore”!

mercoledì 5 dicembre 2012

Da Editoriaraba "Focus su Romanzo arabo moderno e politica: le riflessioni di Elias Khoury"


Il grande romanziere ed intellettuale libanese Elias Khoury (autore di "Il viaggio del piccolo Gandhi", "La porta del sole", "Facce bianche", "Yalo") è stato di recente a Parigi, ospite dell’Institut National des Langues et Civilisations Orientales, dove ha parlato del complesso rapporto tra letteratura e politica.

di Annamaria Bianco*

Elias Khoury, nato a Beirut il 12 luglio del 1948, è uno scrittore e intellettuale libanese molto noto sul panorama internazionale e tradotto con altrettanto successo, tanto in Francia che altrove. 
Quest’anno è stato ufficialmente invitato a Parigi, per un dibattito con gli studenti del “Langues O’” – ovvero dell’Institut National des Langues et Civilisations Orientales per dirla in maniera meno gergale - svoltosi alla fine di novembre. Affatto a disagio nell’ambiente universitario, probabilmente grazie ai suoi periodi di docenza alla Columbia University di New York e all’American University in Libano, esperienze alle quali ha sempre unito il lavoro di giornalista per Al-Nahar. 
Affiancato al suo percorso letterario, quello da militante per la liberazione della Palestina, firmatario assieme a Mahmoud Darwish, Samir Kassir e Adonis, per un totale di tredici nomi, di una dichiarazione contro il nuovo olocausto perpetuato da Israele a Gaza nel marzo del 2001. E, per questo, senza alcun dubbio una fra le personalità più adatte per discutere di “Romanzo arabo moderno e politica”, l’oggetto del dibattito animato da Sobhi Boustani, docente di letteratura moderna dell’ateneo, e Katia Ghosri. 
E’ umile e autoironico Elias Khoury, che ha esordito in apertura di discorso affermando di essere l’esempio che il Libano non è affatto francofono, per giustificare una mancata padronanza della lingua del paese ospitante, in realtà subito smentita dalla fluidità del suo pensiero e dalla prontezza nella risposta. E, pur seduto dietro la scrivania, non ha preteso di possedere la verità assoluta sull’argomento del giorno, affermando di non essere forse mai realmente riuscito a comprendere il legame esistente tra scrittura e politica fino allo scoppio della Rivoluzione Siriana. 
Un evento che l’ha toccato da vicino. E non solo geograficamente, dal momento che considera i suoi compatrioti e i siriani, come “un solo popolo in due paesi”. E’ stato allora che ha cominciato a dare forma concreta alle riflessioni di una vita: la letteratura nella sua esplosione ha, per forza di cose, legami diretti con la politica, ma non coincide con quest’ultima, dal momento che non si interessa in primo luogo ai suoi sviluppi, quanto piuttosto alla percezione, e alla comprensione, delle vibrazioni della storia. 
Pertanto, il vero scrittore impegnato è praticamente obbligato ad essere critico. E’ colui il quale riesce a mettere da parte il proprio io, liberandolo da prese di posizione dirette, per dare piuttosto la possibilità di esprimersi alla gente privata della libertà di farlo. E non c’è alcuna contraddizione in questo, perché è soltanto così che il lettore, “il vero autore dell’opera letteraria”, può riuscire davvero ad identificarsi col frutto del lavoro dello scrittore.
Ed è questo quello che Khoury aveva cercato di fare già a partire da opere come “رائحة الصابون”del 2000 (tradotto in inglese col nome di “Gates of Sun”), nel quale non ha voluto descrivere in primo luogo la Palestina e la Naqba del ’48, che non è mai stata raccontata interamente perché non ancora conclusasi, quanto piuttosto i problemi umani derivanti dal suo contesto storico e politico. La vera grande sfida è stata per lui descrivere una storia d’amore senza fine, nel quadro di una tragedia. 
E lo stesso ha fatto prima ancora con “الوجوه البيضاء” nel 1981 (letteralmente “I volti bianchi”, ma apparso col titolo di “The Littles Mountains” in inglese), arrivando persino a deludere i propri compagni con la sua presa di posizione, per la quale l’impegno politico non può risultare più importante della narrazione delle vicende individuali. 
La letteratura riempie i vuoti della storia, descrive la storia dei vinti, mentre la storia è scritta dai vincitori.
La letteratura è la Storia, con la “s” maiuscola. 

*Studia francese ed arabo classico all’Università di Napoli l’Orientale, ed è iscritta all’ultimo anno del corso di laurea triennale in Lingue, lettere e culture comparate. Attualmente, si trova in Erasmus a Parigi presso l’Institut National de Langues et Civilisations Orientales (INALCO), dove ha cominciato a studiare anche siro-libanese. Da luglio 2012 è giornalista pubblicista e collabora con Frontiere News.