lunedì 30 giugno 2014

Dal Mississippi al Po, festival musicale letterario - Piacenza, 26 giugno 2014

Sabato, 28 Giugno 2014 Ilaria Guidantoni

Traduzioni e tradimenti tra Italia e Francia

Feltrinelli, Piacenza
26 giugno 2014
dalle 18.30

Lo scrittore Serge Quadruppani, francese di origini svizzero-ticinesi e il giornalista Giorgio Lambro, esperto di cultura francese.

Saltinaria.it

Dal Mississippi al Po, festival musicale letterario - Piacenza, 26 giugno 2014

Con lo scrittore e musicista Aziz Chouaki

Incontro tra Ilaria Guidantoni e Aziz Chouaki

Domenica, 29 Giugno 2014 Ilaria Guidantoni

"Dal Mississippi al Po", festival musicale letterario a Piacenza e Travo

Giovedi 26 giugno 2014
Piazza Cavalli a Piacenza

In compagni di Aziz Chouaki, musicista jazz, una laurea in letteratura inglese, Barbero di Algeria, adottato dalla Francia dove è romanziere e drammaturgo, ho corteggiato l'Africa del Nord. Noto in Italia per "La stella di Algeri" - recensita su Saltinaria.it - storia del sogno di un ragazzo infranto per un reato che lo porterà sulla via del terrorismo islamico, Premio Flaiano, ha raccontato la sua storia che è quella di molti intellettuali algerini, minacciati dagli islamisti. Chouaki descrive con uno stile libero in un francese non di Francia che tiene conto dell'eredità orale del raccontare delle sue terre, in uno stile che appartiene a quello di una partitura jazz, il disagio e degrado delle periferie di Algeri. Sono quartieri che vomitano generazioni perdute, senza sogni, che preferiscono 'tenere su i muri' o rischiare di fare naufragio nel Mediterraneo che rimboccarsi le maniche, convinti che in Algeria è inutile piantare un seme. Non crescerà nulla. Così passano la giornata appoggiati ai muri, a chiacchierare, fumare, corteggiare o, peggio, finire spesso nelle mani degli islamisti.

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Dal Mississippi al Po, festival musicale letterario a Piacenza e Travo (PC)

Venerdì, 27 Giugno 2014 Ilaria Guidantoni

Compie dieci anni il Festival ideato da Seba Pezzani, musicista e traduttore di testi musicali.

Il primo appuntamento è alla Feltrinelli di Piacenza per l'incontro con un libro in musica e un brindisi.


Ospite di Seba Pezzani è Gabriella Genisi, pugliese e Direttore artistico del Festival del Libro possibile a Polignano a Mare, Bari; autrice tra l'altro della serie fortunata della Commissaria Lolita Loboschi, detta Lolì, che in TV ha il volto di Michaela Ramazzotti.

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venerdì 27 giugno 2014

“Mersault, contre-enquête” di Kamel Daoud

Una novità sul fronte algerino, il primo romanzo di Kamel Daoud, classe 1970, giornalista del “Quotidien d’Oran”, originario di Mostaganem, residente a Orano che riscrive la storia raccontata da Camus al contrario. E’ un romanzo e quindi un itinerario immaginifico quanto coerente nella tessitura che illumina le vicende attuali dell’Algeria. Il racconto è speculare a “L’Etranger” di Albert Camus.

La vicenda scritta da Camus è nota: un francese su una spiaggia all’ora della canicola uccide apparentemente senza ragione un arabo perché lo legge come una minaccia. Colpisce del testo del grande maestro francese l’indifferenza e la freddezza, l’estraneità a se stesso e alla coscienza. In questo atteggiamento l’essenza del titolo che diviene una condizione dell’anima: l’essere estraneo. Il libro celebre parte da un’altra indifferenza, quella di Mersault, il protagonista, verso la morte della propria madre, un affronto nell’immaginario dei rapporti familiari del mondo arabo. Daoud immagina il protagonista del suo romanzo quale fratello gemello dell’Arabo ucciso da Mersault. Scrive per chiedere giustizia e prima di tutto una voce, umiliato da decenni, oltre mezzo secolo nel quale alla famiglia non è stato restituito neppure il corpo.
Un Arabo non ha nome, è solo etichettato, al più indicato come zoudj, due in algerino, ovvero le 14, l’ora della canicola nella quale va incontro alla morte. Il termine, declinato nel tunisino jouj è anche la radice della parola “gemello”, un gioco di parole che l’italiano non rende adeguatamente.

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Dal Mississippi al Po, festival musicale letterario - Piacenza, 26 giugno 2014

Lo scrittore Serge Quadruppani, francese di origini svizzero-ticinesi e il giornalista Giorgio Lambro (a destra), esperto di cultura francese. Sotto i portici della Feltrinelli, una conversazione dedicata al ruolo complesso del traduttore, interprete, adattatore e traditore malgré lui. Giallista, romanziere e saggista, è il traduttore di molti romanzi italiani e in particolare la voce francese di Andrea Camilleri.

giovedì 26 giugno 2014

Dal Mississippi al Po, festival musicale letterario - Piacenza, 26 giugno 2014

Gabriella Genisi e Seba Pezzani 
Compie dieci anni il Festival ideato da Seba Pezzani, musicista e traduttore di testi musicali.
Il primo appuntamento è alla Feltrinelli di Piacenza per l'appuntamento con un libro in musica e un brindisi.
Ospite di Seba Pezzani Gabriella Genisi, pugliese e Direttore artistico del Festival del Libro possibile a Polignano a Mare, Bari; autrice tra l'altro della serie fortunata della Commissaria Lolita Loboschi, detta Lolì, che in TV ha il volto di Micaela Ramazzotti.
La sua poliziotta più sexi del Mediterraneo è una donna che non vuole scimmiottare gli uomini. E' quello che pensa anche Gabriella che nella vita negli Anni '80 ha scelto, contro corrente, nel periodo del mito della donna manager, di fare la mamma a tempo pieno, senza mai smettere di leggere. Tanti libri hanno generato storie. A Piacenza presenta l'ultimo libro, "Gioco pericoloso", un giallo ambientato nel mondo del calcio.
Tra gli elementi che caratterizzano il suo personaggio il dialetto che lei dice tipico di tutti i commissari - con quelle parole attaccate tipiche del Barese parlato, dai 'figlimiei' all''amicamia' - e l'amore per il cibo che connota anche la sua autrice. Com'è Lolita? Come una focaccia, morbida dentro e croccante fuori, un po' sopra le righe.

Alla chitarra accompagna l'incontro Francesco Piu.

martedì 24 giugno 2014

Giovedì 26 giugno "Africa: punteggiatura ed accordi tra le dune del deserto" - Piacenza, ore 20.30

Festival Blues 

Rassegna internazionale di Musica&Letteratura

X EDIZIONE
PIACENZA – TRAVO (PC)   
26/29 GIUGNO 2014

Giovedì 26 giugno 2014
ore 20.30
INCONTRO LETTERARIO
Palco Internazionale, Piazza Cavalli, Piacenza (PC)

Africa: punteggiatura ed accordi tra le dune del deserto

Con Aziz Chouaki, scrittore e sceneggiatore franco-algerino, autore di numerosi romanzi tra cui La stella di Algeri, Premio Flaiano, la spietata analisi della genesi di un terrorista suicida. Conduce l'incontro la scrittrice e giornalista Ilaria Guidantoni

Si parla di Mediterraneo alla decima edizione del Festival Blues Musicale Letterario dal Mississippi al Po di Piacenza, con Aziz Chouaki, e il suo canto libero, l'apertura alla mediterraneità come antidoto alla visione unica preludio alla dittatura.

"Dal nostro incontro da sponde opposte sul Mediterraneo e dalle loro corrispondenze ripartiremo per disegnare il senso dell'arte e dell'impegno; la scommessa dell'uscita dal tunnel per l'Algeria, all'indomani delle presidenziali che marcano uno stallo di continuità, si chiama Mediterraneo", ha anticipato Ilaria Guidantoni. E aggiunge: "Ai giovani non basta la stabilità e la sicurezza per fermare la loro fuga verso l'Europa. L'orizzonte del Mediterraneo, con la crisi russa in corso e le bufere mediorientali, è una risorsa anche per l'Europa e gli Stati Uniti l'hanno capito".

Aziz Chouaki ha scelto il jazz e la lingua francese per esprimersi, scritture libere e aperte all'improvvisazione, perché è nella dimensione della pluralità l'assicurazione della democrazia; ispirandosi così ad Albert Camus che aveva già capito il rischio della radicalizzazione della religiosa se il Paese avesse voltato le spalle al mare per ritirarsi verso l'interno".

Presentazione di tutti gli ospiti scrittori presenti al festival con una carrellata degli ospiti letterari

Musica live con Francesco Piu & Pablo Leoni

venerdì 20 giugno 2014

“Afropolitan” - Festival internazionale delle letterature di Roma

Mercoledì, 18 Giugno 2014 Ilaria Guidantoni

Serata al Teatro Argentina di Roma
Sesto appuntamento del Festival Internazionale delle Letterature
Martedì, 17 giugno 2014

Tre testi inediti per un autore congolese attualmente residente a Los Angeles, Alain Mabanckou; un algerino a Parigi, Yasmina Khadra e un istrione italiano, Stefano Benni leggono tre brani inediti ispirati alla frase di Elias Canetti, ‘Ognuno ma proprio ognuno, è il centro del mondo’, scelto da Maria Ida Gaeta come fil rouge della manifestazione. Nessun egocentrismo, ma il recupero dell’uomo, della sua centralità, una riflessione sul senso dell’uomo in un mondo nel quale non c’è più il poeta e la profonda solitudine che ne segue di Khadra; il senso del mondo che diventa casa in questo villaggio planetario dove la migrazione si è trasformata in una condizione esistenziale comune, per taluni una scelta, di apertura, per altri purtroppo una necessità, come racconta Mabanckou; e ancora la terra dalla parte degli insetti e una critica feroce all’umanità che si sente superiore, ma che è dominata dall’alto dagli insetti su cui poggia i piedi nella performance fiammeggiante di Benni.

La colonna sonora dal vivo è dei percussionisti del Conservatorio di Santa Cecilia, diretti da con tamburi, xilofoni e metallofoni che mi hanno divertita con un’esibizione elegante anche se con una certa freddezza forse voluta. “Afropolitan” racconta il dialogo di identità plurali di due ‘africani’ urbanizzati in Europa e un istrione italiano che dalla sua Bologna, sceso nella Capitale, fa un viaggio inverso, direzione natura, quella che più disprezziamo, scacciamo, schiacciamo e cerchiamo di prendere in trappola: il mondo brulicante degli insetti.

E’ Yasmina Khadra, algerino residente in Francia e scrittore francofono, il più letto e tradotto al mondo in lingua francese, attualmente sulla scena – che ho avuto la fortuna di intervistare dopo la conferenza stampa – ad aprire le danze. Con il suo brano dal testo inedito “La grande solitudine”, racconta il dolore e lo smarrimento di un uomo, di se stesso e dell’umanità in generale in una passeggiata parigina.

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lunedì 16 giugno 2014

Martedì 17 giugno, Yasmina Khadra al Festival Letterature di Roma

Martedì 17 giugno

AFROPOLITAN

Alain Mabanckou • Yasmina Khadra • Stefano Benni
Piazza del Campidoglio - ore 21:00

Yasmina Khadra

Gli angeli muoiono  delle nostre ferite
Il contesto
436 pagine
16 euro


Uno dei maggiori successi del 2013 e titolo di punta della rentrée letteraria francese, con oltre 100.000 copie vendute.

«Khadra sa raccontare l’uomo ovunque egli si trovi».
The New York Times

Siamo in Algeria nel 1937, e un ragazzo di 27 anni, arabo e musulmano, è in carcere ad aspettare l’inferno. Entriamo subito nell’animo di questo giovane, e intravediamo qual è stata la sua vita. Dall’infanzia in una bidonville al percorso oscuro che lo condurrà fino a qui.

La storia di Turambo, è narrata in tre parti, ognuna con il nome di una ragazza. Turambo cresce nell’Algeria coloniale degli anni Venti, e il suo destino è quello di un miserabile. Ma è bello, forte, passionale, dotato di un raro candore, che attira simpatie immediate. Grazie a questo dono riesce a varcare le porte del mondo francese, abitualmente vietato agli arabi. E poi possiede un gancio sinistro potente e veloce. Il suo successo sul ring gli porta fama e denaro, ma come tutti i puri di cuore odia la violenza e sogna l’amore. Nessun trofeo riesce a scaldare la sua anima come lo sguardo di una donna. Prova un amore segreto per la cugina Nora, la prima donna nella sua vita. La seconda, Aida, una prostituta, lo inizia ai piaceri della carne. La terza, Louise, è la figlia dell’uomo che vuole fargli vincere il titolo di campione di Francia. Poi arriva Irene: una donna libera e indipendente, che gli spiega che la passione vera può sbocciare solo se c’è assoluto rispetto e fiducia.

Sospeso tra durezza e purezza, come il suo personaggio, il romanzo ritrae sogni e tensioni, l’ostinazione e la rassegnazione, la rivalità tra berberi e arabi, il peso opprimente della cultura europea, e soprattutto la condizione femminile in un mondo in cui una donna felice significa solo una moglie feconda, fedele, devota. È il ritratto di un uomo, di quattro donne, di una città e di una società intera, che ha molto da svelare sulle tensioni di oggi.


Yasmina Khadra, pseudonimo di Mohamed Moulessehoul è nato in Algeria nel 1956. È stato ufficiale dell’esercito algerino. La disapprovazione delle forze armate per i suoi primi libri lo ha spinto a continuare usando come pseudonimo il nome della moglie. In Italia si è conquistato un pubblico grazie a due noir, Morituri e Doppio bianco. In seguito sono usciti Le rondini di Kabul (2003), La parte del morto (2005), L’attentatrice (2006, del 2013 è il film di Ziad Doueiri), Le sirene di Baghdad (2007) e Quel che il giorno deve alla notte (2009), miglior libro del 2008 per la rivista letteraria «Lire». Nel 1999 ha lasciato l’esercito e svelato la sua identità. Attualmente vive in Francia.

venerdì 13 giugno 2014

giovedì 12 giugno 2014

Editoriaraba - Appuntamenti d’estate: Suad Amiry e Yasmina Khadra a Roma

Lunedì 16 giugno_ore 18 @Biblioteca Rispoli

La giornalista italiana (basata a New York) Fiamma Arditi presenta il suo Buongiorno Palestina edito da Fazi.
Il libro raccoglie i punti di vista, gli spunti, le osservazioni, le voci (questa parola ultimamente è abusatissima) di ventuno palestinesi – scrittori, artisti, registi, giornalisti, etc. – incontrati da Arditi che ne ha raccolto le testimonianze in questo testo collettivo pensato a realizzato tra gli Stati Uniti e il Mediterraneo.
Tra gli scrittori c’è anche Suad Amiry che sarà a Roma a presentare il libro con l’autrice e lo scrittore e attore Giuseppe Cederna, da sempre interessato alla Palestina.


Martedì 17 giugno_ore 21-23 @Letteratura – Festival internazionale di Roma

Serata Afropolitan: insieme a Alain Mabanckou, Stefano Benni e i percussionisti del Conservatorio di Santa Cecilia

Lo scrittore algerino (ma francofono e basato in Francia) Yasmina Khadra presenta il suo ultimo romanzo tradotto in italiano: Gli angeli muoiono per le nostre ferite (Sellerio, 2014, trad. dal francese di F. Di Leo), uscito in Francia lo scorso anno con il titolo Les anges meurent de nos blessures, che a quanto pare è stato “uno dei maggiori successi del 2013 e titolo di punta della rentré letteraria francese con oltre 100.000 copie vendute”.
«Mi chiamo Turambo e all’alba verranno a prendermi». Già dalle prime pagine un fatale conto alla rovescia attende il protagonista di questo romanzo. Siamo in Algeria nel 1937, e un ragazzo di 27 anni, arabo e musulmano, è in carcere ad aspettare l’inferno. Nei pensieri e nell’animo di questo giovane intravediamo qual è stata la sua vita, dall’infanzia in una contrada umilissima alla corsa furiosa verso il patibolo. Turambo cresce nell’Algeria coloniale degli anni Venti, e il suo destino sembra condannarlo alla miseria. Ma è bello, forte, passionale, dotato di un raro candore, e attira simpatie immediate. Grazie a questo dono riesce a varcare le porte del mondo francese, abitualmente precluso agli arabi, e il suo potente e veloce gancio sinistro non passa inosservato tra i professionisti del pugilato. Il successo sul ring gli porta fama e denaro, ma come tutti i puri di cuore odia la violenza e sogna l’amore».

Editoriaraba - Tour inglese per “Syria Speaks”, antologia di arte e letteratura dalla rivolta siriana

Syria Speaks. Art and Culture from the Frontline è una raccolta di immagini e parole di artisti e scrittori siriani (tradotti dall’arabo in inglese)  pubblicata in inglese da Saqi Books (in arabo verrà pubblicata dalla casa editrice libanese Dar al-Saqi), e curata da Malu Halasa, autrice di diversi testi sul Medio Oriente, Zaher Omareen, scrittore siriano e Nawara Mahfoud, giornalista e documentarista siriana.

I contributi presenti nel libro sono una testimonianza creativa e importante della società siriana che esiste e resiste nonostante la barbarie, la violenza, le torture, i morti, i dispersi, i rifugiati. Nonostante il suicidio che il tiranno Bashar al-Assad ha deciso di infliggere alla Siria e ai siriani e nonostante il silenzio tombale e l’inerzia della comunità internazionale.

L’antologia raccoglie poesie, canzoni, immagini, vignette, poster politici e documenti fotografici di più di 50 artisti e scrittori siriani che con i loro testi e immagini hanno sfidato la cultura della violenza. Tra questi figurano gli scrittori Khaled Khalifa, Yassin al-Haj Saleh, Golan Haji e Samar Yazbek e il vignettista Ali Ferzat.

Il libro è il prodotto di una mostra sull’arte e la rivolta siriana organizzata nel 2013 a Copenhagen, Londra e Amsterdam dagli editori del libro.

Syria Speaks è supportato da un bel numero di istituzioni culturali europee: the Prince Claus Fund for Culture and Development; CKU, the Danish Centre for Culture and Development, English PEN Promotes!; Arts Council England, the Arab British Centre and Reel Festivals.

Il musicista britannico Brian Eno così ha parlato del libro: ‘An extraordinary collection, revealing a dynamic and exciting culture in painful transition – a culture where artists are really making a difference … You need to read this book.’ (“Una raccolta straordinaria che rivela una cultura dinamica e vivace che si trova in una dolorosa transizione – una cultura dove però gli artisti fanno davvero la differenza… Dovete leggere questo libro”).

Il tour promozionale inglese (11-16 giugno), a cui parteciperanno Khaled Khalifa, l’artista Khalil Younes, i curatori Malu Halasa e Zaher Omareen e lo scrittore Robin Yassin-Kassab, toccherà Londra, Bristol, Oxford, Liverpool, Bradford e Durham.

“Mohamed, riprendi la tua valigia...” Tragedia in quattro atti Touhami Garnaoui

Lunedì, 09 Giugno 2014 Ilaria Guidantoni

Teatro nel teatro, un dramma mediterraneo che rivela l'esplosione ancora in corso dei fermenti arabi e l'implosione della riva nord come sistema altrettanto fallito. E' un viaggio esistenziale ed etico che nell'incontro e scontro tra due civiltà costringe entrambe a una riflessione su se stesse, nonché ad un ripensamento dei propri difetti, ai limiti di ogni posizione. Certamente è una critica feroce alla mortificazione e incomprensione della donna, vittima prescelta di ogni società, ma anche analisi spietata sulle donne. Un testo asciutto, graffiante e di grande onestà intellettuale.

E' il secondo libro che leggo e recensisco dell'intellettuale italo-tunisino Touhami Garnaoui, molto diverso dall'altro, un saggio storico politico, ma con un elemento comune. La riflessione autentica non è mai locale, né tanto meno localistica. E' sempre uno sguardo aperto su un orizzonte che, nello specifico, chiama in causa il Mediterraneo.

In questa tragedia c'è un doppio binario, quello storico politico, a cavallo delle recenti rivolte del mondo arabo in particolare quella Tunisia, che è stata la miccia che ha dato il là alla deflagrazione; e quello etico esistenziale, che in un'ultima analisi riguarda la coscienza personale anche se ognuno di noi è, almeno in parte, vincolato ai cromosomi della propria formazione. La storia è narrata dalla parte delle donne che, sottolinea l'autore, soprattutto - ma non solo (ndr) - nel mondo arabo fanno le spese dei mali della società. Tre sono le figure femminili che emergono dal racconto e che sembrano incarnare bene le contraddizioni del mondo tunisino. Se infatti la vicenda si svolge in un villaggio raro non bene precisato, tutto lascia supporre che si tratti della Tunisia al di là della provenienza dell'autore.

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martedì 10 giugno 2014

Jón Kalman Stefánsson, "Il cuore dell’uomo"

di Marisa Cecchetti

“Due uomini urlanti che precipitano a tutta velocità sul fianco vertiginoso di una montagna, attraverso la notte, attraverso la tormenta. Due uomini urlanti che sbattono infine con violenza contro una superficie dura. Prima Jens. L’attimo dopo il ragazzo, a mezzo metro dal postino. E il mondo si spegne”.

Si era chiuso così il secondo romanzo della trilogia di Stefánsson, La tristezza degli angeli, che aveva fatto seguito a Paradiso e inferno. Il lettore si chiede se davvero debba morire il ragazzo, “quella ferita aperta nell’esistenza”, già sopravvissuto all’amico morto in mare per aver dimenticato, a causa di un libro di Milton,  la cerata che lo doveva proteggere dal congelamento. Per il ragazzo che ha trovato accoglienza alla locanda della vedova Geirprúður, dove lui fa il lettore per il vecchio capitano cieco Kolbeim, il destino deve serbare senz’altro qualcosa di meglio.
Il cuore dell’uomo arriva a riportarcelo in vita.  Quando una ragazza dai capelli rossi lo bacia, lui non sa in quale dimensione si trovi, del resto nelle allucinazioni della lunga traversata fatta a fianco del postino Jens in mezzo alle neve ed ai ghiacci, lui si era abituato a parlare coi morti. Così  il lettore si lascia di nuovo trascinare dalla magia narrativa di  Stefánsson, nella sua pluralità  di soggetti narranti, nel fascino senza tempo di un’Islanda lontana, ambiente di solitudini infinite, tra villaggi isolati di pescatori che non hanno mai imparato a  nuotare,  dove ogni giorno è una conquista: “Non c’è mai modo di sapere che direzione prenderà la vita, non sappiamo chi sopravviverà alla giornata e chi soccomberà…basta un attimo di disattenzione, ti dimentichi di guardare a destra e sei morto”.

Non c’è confine  tra la vita e la morte nei romanzi di Stefánsson, del resto i morti annegati non sono sprofondati nella terra né saliti al cielo, vagano inquieti in mezzo ai vivi e ne  raccontano le storie. Ma il richiamo della vita è fortissimo in questo luogo abituato alle tenebre, soprattutto quando arriva l’estate breve e fa diventare la neve un pantano e sparge una luce infinita sui giorni e le notti. Il disgelo porta un’alacrità nuova in tutto il villaggio, dove ognuno lavora come una saggia formica prima che si allunghi di nuovo la notte: “La vita è complicata, ma è comunque più semplice della morte…E’ importante saperlo, non si può vivere solo perché non si è morti, è un tradimento. Bisogna vivere come le stelle, e splendere…Se viviamo come possiamo, e magari anche un po’ meglio, la morte non vincerà mai”.
Tuttavia le navi che arrivano in porto, gli scambi commerciali, non hanno modificato in meglio una società maschilista, moralista  e ipocritamente puritana, che male accetta la presenza della vedova Geirprúður negli affari. Si definisce in tutte le sue sfumature il microcosmo che abbiamo conosciuto fin dall’inizio della trilogia,  dove amore, passione, affettività, invidia, violenza, pregiudizio, istintualità, eros, si intrecciano, creando figure indelebili.

Ilaria Guidantoni con Marisa Cecchetti
e il professor Luciano Luciani
alla libreria Baroni di Lucca, 12 aprile 2013
La parola di cui il ragazzo è  simbolo - lui legge, lui scrive lettere per gli altri, lui ama la poesia -  è uno strumento che getta ponti, è la base della crescita, della costruzione di rapporti umani e di ricerca di libertà. E come lui, ama la poesia il vecchio capitano, che si porta Il Paradiso perduto di Milton fino nell’ultimo viaggio. E’ fondamentale alimentare il sogno.
In un contesto così difficile, che si allarga a simboleggiare l’universale fatica dell’esistere, accanto/insieme alla poesia sta l’amore: “Questo maledetto mondo è vivibile finché mi ami”.  Ma  “il cuore dell’uomo è diviso in due parti, non è tutto d’un pezzo”. Per esempio “una delle cavità del cuore del ragazzo odia Jens, l’altra gli vuole così bene che per poco non si mette a piangere, hanno attraversato insieme l’inferno e la fine del mondo”.
E’ diviso in due perché in una parte del cuore è rimasta la ragazza dai capelli rossi e dagli occhi verdi  -ma forse ama Jens?- anche se accanto a lei lo aspetta una vita di miseria,  nell’altra parte c’è la figlia dell’armatore Friðrik, che lo turba, femmina disinibita, abituata a prendersi tutto, anche l’amore:  “Perché Ragneheiður l’ha salutato? Vorrei che fosse nuda sotto quel vestito giallo, no, in realtà non lo vorrei, cioè sì, oppure no, ma Dio mio santissimo come sono rossi i capelli di Alfheiður! Resterei a guardarli fino all’esaurimento, se potessi”.
Il ragazzo sceglie la autenticità dei sentimenti e va incontro alla ragazza dai capelli rossi remando in una barchetta, nel mare d’agosto sotto una pioggia forte. Accanto a lui c’è il vecchio Kolbeim, che sul mare in tempesta si alza sul bordo della imbarcazione oscillante.  Ragneheiður vede la barca in pericolo - sulla spiaggetta lei aspetta ogni giorno che il ragazzo ritorni - e porta soccorso, come può. Amore e morte si uniscono  ancora una volta, come nella più grande letteratura.


Jón Kalman Stefánsson
Il cuore dell’uomo
Iperborea 2014
pag. 464
€ 18,50
traduzione di Silvia Cosimini


venerdì 6 giugno 2014

"Itinerario Donna" - Storie di dolore e di rivincita, 4 giugno 2014

Sa sinistra: il giornalista Luca Attanasio,
la poetessa Paola Musa, la pittrice Silvia Menicagli e Ilaria Guidantoni 

mercoledì 4 giugno 2014

Mercoledì 4 giugno, Itinerario Donna, Roma ore 19.00

Una decina di donne. Paesi diversi, epoche e storie diverse, ma accomunate dallo stesso destino: vittime della violenza e della sopraffazione degli uomini, hanno sempre reagito mettendo al primo posto la dignità, il coraggio, la difesa dei propri ideali. Dalle donne ultra famose come Frida Kahlo, Sylvia Plath, Tina Modotti, Camille Claudel, Maria Callas, Jeanne Hebuterne, Sibilla Aleramo, con le loro leggendarie vite, alle donne invisibili, le immigrate clandestine, quelle vittime di tortura, quelle vittime di stupri domestici. Un viaggio tra i ritratti dell’artista livornese Silvia Menicagli, la voce di Mariangela Imbrenda e le pagine degli scrittori Luca Attanasio, Paola Musa e Ilaria Guidantoni, che condurrà l’incontro. Pittura e letteratura, dunque, in questo primo evento artistico promosso da Albeggi Edizioni con il brand AlbeggiArtEvents. Un’ora di performance dalle 19 alle 20 e poi un brindisi con gli artisti e l’esposizione dei quadri aperta sino alle 22. Nella spettacolare cornice dell’Associazione Culturale TRAleVOLTE, in Piazza di Porta S. Giovanni 10 a Roma. Ecco i protagonisti dell’evento: 

SILVIA MENICAGLI - Il viola, il colore della violenza; il giallo, il colore della gelosia e del tradimento. Questa la linea cromatica dei quadri con cui l’artista livornese Silvia Menicagli si presenta per la prima volta a Roma. Come pittrice ha vinto vari premi: "Provincia di Livorno" (2006), "Premio Damiani" (2009); "Mai in DispArte" (2010); premio Casciana Terme (2011); III° Biennale di arte contemporanea di Viareggio “Burlamacco 2012”. Ha partecipato a numerose collettive di arte contemporanea in varie città italiane ed estere. I suoi quadri sono presenti in collezioni private e pubbliche.

LUCA ATTANASIO - Luca Attanasio è giornalista, scrittore, esperto di temi sociali, diritti umani, immigrazione, conflitti, politica estera. Il suo romanzo “Se questa è una donna” ha vinto il Premio Cenacolo del Serafico, novembre 2012 e il Premio Speciale della Giuria, Premio Letterario Nazionale, 'Scriviamo Insieme', maggio 2013. Lo accompagna la voce di MARIANGELA IMBRENDA, attrice, critica teatrale e cinematografica, che ha portato in scena il soggetto del libro in diversi teatri di Roma. 

PAOLA MUSA - Scrittrice, traduttrice, poetessa e paroliere. Una selezione di poesie è stata pubblicata dalla casa editrice Arpanet, recensita da Elisabetta Sgarbi. Nel 2008 ha pubblicato il romanzo Condominio occidentale (Salerno Editrice), selezionato al Festival du Premier Roman de Chambery e al Premio Primo Romanzo Città di Cuneo. Nel 2009 il suo secondo romanzo Il terzo corpo dell'amore (Salerno Editrice). Con Albeggi Edizioni ha pubblicato la silloge ”Ore venti e trenta”.

ILARIA GUIDANTONI - Ilaria Guidantoni è giornalista e scrittrice. Ha pubblicato poesie, romanzi e saggi. Esperta di mediterraneo, ha scritto diversi libri sulla Tunisia, in particolare l’ultimo “Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia” pubblicato da Albeggi Edizioni. Il suo ultimo racconto, “Chéhérazade non abita più qui”, è contenuto nel volume “Chiamarlo amore non si può”, un lavoro importante contro la violenza sulle donne e il femminicidio. 

I tempi di Aldo Moro. Quando la politica era vocazione di Luigi Ferlicchia

Martedì, 03 Giugno 2014 Ilaria Guidantoni

Edito dalla Federazione dei Centri Studi “Aldo Moro e Renato Dell’Andro”

Un’esposizione complessa e completa della figura di Aldo Moro, la sua formazione, il suo pensiero, l’analisi psicologica dell’uomo visto attraverso le sue opere e gli amici, ma anche i nemici più vicini, nonché il suo operato politico e le sue linee di pensiero e, allo stesso tempo, un affresco imponente di un’epoca che è l’Italia di ieri e di oggi, dalla fine del Fascismo agli sgoccioli degli Anni ’70, spartiacque storico. Un testo di ampia lettura, anche per il suo formato non agevole, che invita ad una consultazione ponderata e insieme uno testo per storici e universitari. E’ una ricostruzione articolata, con dovizia di particolari e riferimenti documentari che resta in ogni caso anche una confessione di grande stima e un atto di amicizia da parte di chi è vissuto vicino allo statista pugliese. E’ l’occasione per ripercorrere anni cruciali, in lungo e in largo attraverso una figura di spicco, complessa e articolata, che oggi diventa più facilmente decifrabile grazie alla maturità dei tempi, allo stemperarsi della faziosità e all’evidenza che non tutto ci è stato raccontato per davvero.

Va dato atto a Luigi Ferlicchia di un lavoro monumentale e accorato nel quale si percepisce chiara la vicinanza con il protagonista. La lettura è impegnativa perché l’autore è costretto a seguire binari paralleli per spiegare, per allargare lo zoom e, come in tutti i libri di storia, ci sono capitoli nei quali si torna indietro oppure concetti e situazioni che si ripetono – ma in questo libro certamente repetita iuvant data la ricchezza della materia – per sfumare verso la fine come al tramonto il sole. In effetti anche se ci sono delle code al rapimento e all’omicidio del grande leader, la storia sembra arrestarsi e il procedere è meno lineare forse volutamente; i confini non sono nitidi: si inseriscono solo tinte accese per puntare il dito contro qualche approssimazione di troppo per usare un eufemismo e sottolineare la trascuratezza, i particolari surreali, grotteschi, se non fossero tragici, che hanno avvolto i giorni della prigionia; e ancora le indagini che ne sono seguite. Il tono del testo non è però inquisitorio, non mette mai l’ultima parola sugli avvenimenti, non procede per tesi, dichiara solo chiaramente da che parte sta l’autore e la profonda conoscenza e ammirazione per il soggetto del libro.

L'articolo integrale su Saltinaria.it

“Berlinguer rivoluzionario. Il pensiero politico di un comunista democratico” di Guido Liguori

Martedì, 03 Giugno 2014 Ilaria Guidantoni

Un libro di Guido Liguori

Il ritratto di uno dei leader dell’Italia del dopoguerra, della storia della democrazia, protagonista degli Anni ’70 e della sua tragicità. Il libro illustra la natura dell’uomo rispetto alla cultura e al suo pensiero, in particolare per quanto attiene la visione politica. L’obiettivo, per il quale fu osteggiato dal partito come dall’opposizione, dagli Stati Uniti come dall’URSS, era l’inaugurazione di una nuova società, del socialismo democratico, di quell’ossimoro che era una scommessa tra comunismo e democrazia. Il libro, a detta di molti studiosi, è anche l’occasione per rileggere un pezzo di storia italiana che solo oggi abbiamo la capacità – con la giusta di distanza – di capire e forse il coraggio di farlo (ndr).

A Palazzo Mattei di Giove, martedì 3 giugno è stato presentato il libro “Berlinguer rivoluzionario. Il pensiero politico di un comunista democratico” di Guido Liguori (edito da Carocci), presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea, in collaborazione con Futura Umanità. Associazione per la storia e la memoria del PCI.

Introducendo il libro Paolo Ciofi, saggista politico e presidente di Futura Umanità, che ha coordinato l’incontro, ha sottolineato che il titolo bene esprime l’identità dell’uomo nell’anno berlingueriano durante il quale, finora, si è spesso taciuta l’importanza dell’elemento rivoluzionario del suo pensiero. Il testo ha il pregio, secondo Ciofi, di evidenziare l’idea cardine del pensiero di Berlinguer, di inaugurare un nuovo socialismo, quasi una nuova era dell’umanità. Tra l’altro, dopo sette anni di crisi economica e sociale, non solo italiana ed europea, ma in qualche modo di tutto il sistema capitalistico occidentale, ci si chiede se non sia un’opportunità recuperare la questione posta da Berlinguer sulla possibilità di fondare la società su basi nuove. Con i suoi pensieri lunghi egli, infatti, non intendeva tanto amministrare il presente quanto immaginare uno scenario futuro.

L'articolo integrale su Saltinaria.it

Dal 13 giugno in libreria “Sul corno del rinoceronte” di Francesca Bellino

L’Asino d’oro edizioni
Collana Omero

Esce “Sul corno del rinoceronte”

di Francesca Bellino

un road novel ambientato tra Italia e Tunisia che,

attraverso l’amicizia di due donne, indaga una pagina centrale della storia delle due sponde del Mediterraneo

Dal 13 giugno in libreria

Dal 13 giugno in libreria, dedicato a tutte le donne che sono partite, esce per L’Asino d’oro edizioni (collana Omero, pag. 250, Euro 12) Sul corno del rinoceronte, romanzo di Francesca Bellino ambientato tra Italia e Tunisia prima, durante e dopo la cacciata del dittatore Ben Ali.

La storia ruota attorno all’intensa amicizia tra Mary, giovane antropologa italiana, e Meriem, tunisina, immigrata in Italia per amore e in fuga dal patrigno autoritario. Molto diverse tra loro ma accomunate dallo stesso coraggio, le due protagoniste cercano e trovano, ciascuna a suo modo, la propria identità e la propria affettività.

Il libro sarà presentato a Roma il 13 giugno (ore 17.45) presso la Casa delle Letterature (piazza dell'Orologio, 3). Insieme all’autrice ci saranno Francesca Maria Corrao, docente di lingua e cultura araba dell’Università Luiss di Roma, e l’attrice Katiuscia Magliarisi.

Il 16 giugno (ore 18.30) negli spazi delle Scuderie Villino Corsini -Teatro Villa Pamphili (Largo 3 giugno 1849, entrata via di San Pancrazio, 10 - angolo via Aurelia antica). Insieme all’autrice ci saranno lo scrittore Lorenzo Pavolini, l’attrice Angela Antonini e Nasser El Gilani che offrirà una performance di calligrafia araba.

Il 18 giugno (ore 19) alla Libreria delle donne di Roma Tuba (via del Pigneto 39/a). Insieme all'autrice ci saranno la scrittrice Carola Susani, l’attrice Samantha Silvestri e l’orafa Fabiana Fusco che presenterà la collezione dei gioielli ispirati al romanzo.

Il 26 giugno (ore 19) alla Libreria Arcadia (via Senofane, 143). Con l’autrice ci sarà Giorgio Gizzi, libraio.

E il 27 giugno (ore 21) in piazza dei Renzi a Trastevere dove è in programma Sul corno del rinoceronte live, a cura di Francesca Bellino, evento inserito nell’ambito delle iniziative culturali promosse dal I municipio: “Open Trastevere: la cultura nuoce gravemente al degrado”.
Conduzione di Ivo Mei, giornalista di La7, letture dell’attrice Giulia Bornacin e musica di Chokri Ben Zaghdabe (oud), Khaled Ben Salah (darbuka).

La trama
Meriem è morta. Mary è atterrata a Tunisi per partecipare al funerale. È sconvolta e disorientata, ma sa che per raggiungere Kairouan, la città natale dell’amica, deve prendere un taxi. Così, sale sul primo che trova. Il tassista Hedi diventa per lei una sorta di Virgilio: con lui Mary attraversa un paese in equilibrio precario tra festa e rivoluzione, speranze e proteste, nel pieno degli sconvolgimenti politici successivi alla liberazione dalla dittatura. Durante il viaggio, si alternano al presente i ricordi di Mary, momenti della vita a Roma con Meriem e della vacanza a Kairouan dove si è innamorata di Faruk, affascinante calligrafo… Rivelandosi gradualmente a se stessa, Mary prenderà coscienza dei propri limiti e attuerà la propria rivoluzione.

Con questo road novel dal finale a sorpresa, l’autrice racconta l’amicizia fra due donne che cercano e trovano, ognuna a suo modo, l’identità e l’affettività, facendo emergere aspetti insoliti e curiosi di due culture diverse.

L’autrice
Francesca Bellino è scrittrice, giornalista e reporter di viaggio. Collabora con diverse testate, italiane ed estere, tra cui “Il Mattino” e “Reset”, e cura un blog su “Huffington Post”.
È autrice di Il prefisso di Dio. Storie e labirinti di Once, Buenos Aires (Infinito, 2008), Uno sguardo più in là (Aram, 2010), Sale (Lite Editions, 2013), due saggi sul mito di Lucio Battisti e racconti pubblicati in antologie.

Nel 2009 ha ricevuto la Targa Olaf al “Premio Cronista - Piero Passetti” e nel 2013 il Premio Talea.

www.francescabellino.it


Editoriaraba - Rabee Jaber e Samir Kassir, ovvero Beirut e il “rapporto Mehlis”

Il 2 giugno del 2005 moriva a Beirut, ucciso da un’autobomba, il giornalista, storico e intellettuale di sinistra libanese Samir Kassir, ricordato l'anno scorso da Editoriaraba. Oggi, per onorarne ancora il ricordo, Francesco Tomassi e Laura Lucarelli (altrove conosciuti come gli ideatori e conduttori di Note d’Oriente) analizzano nel post che segue il romanzo “Il rapporto Mehlis”, dello scrittore libanese Rabee Jaber, da loro tradotto e di cui nel post trovate alcuni estratti (il libro è ancora inedito in italiano ma non in inglese).
Il romanzo comincia proprio in quel 2 giugno…

di Laura Lucarelli e Francesco Tomassi

“Questo è Mehlis, il bianco pallido che rimane silenzioso, fino a quando lo sarà? Dicevano fino al 21 ottobre, poi fino al 25 ed ora dicono fino a dicembre! Quando sarà? Aspettano finché non tornerà a Beirut? Fino a quando aspetteranno? Ancora non sanno la verità? Qual è questa verità che non si conosce mai? La verità tace e intanto la gente muore”.
Con queste parole lapidarie Samaan Yared, protagonista del romanzo “Il rapporto Mehlis” dello scrittore libanese Rabie Jaber, esprime tutta la disperazione e rassegnazione degli abitanti di Beirut, stremati dai continui attentati che insanguinano la città e in febbrile attesa della verità sulla strage che ha portato all’assassinio di Rafiq Hariri, l’ex primo ministro libanese. Mehlis è infatti il giudice tedesco incaricato dalla commissione d’inchiesta internazionale dell’ONU di indagare sul crimine.

“Il rapporto Mehlis” è il terzo ed ultimo romanzo della trilogia ideata da Jaber, di cui fanno parte anche “Beirut città del mondo” e “Beirutus: città sotterranea”, che l’autore ha scritto e ambientato a Beirut e rappresenta, in un certo senso, un punto d’incontro tra le vicende narrate nei precedenti due.
Samaan Yared vive nel quartiere cristiano di Achrafieh, al centro della capitale. E’ un ingegnere di quarant’anni circa che lavora nella società di consulenza di sua proprietà ed è l’unico della sua famiglia a vivere ancora nella capitale libanese. Due delle sue sorelle, Marie ed Emilie, vivono in Occidente mentre la terza, Josephine, è stata rapita e di lei non si sa più nulla.
La vita di Samaan è  monotona e ripetitiva, quasi sospesa in attesa di qualcosa, di quel rapporto Mehlis che dovrà fare chiarezza sull’assassinio di Hariri e dire finalmente la verità. Nel frattempo lui e tutti gli abitanti della città sembrano sospesi in questa attesa, carica di così tante valenze e significati che si è trasformata ormai in una sorta di salvezza per la popolazione e di risarcimento per i dolori patiti in passato. Nell’aspettare questa relazione finale, però, Samaan sembra anche voler posticipare qualsiasi decisione importante riguardo la sua vita e la salute.

Attraverso i discorsi dei suoi personaggi e le loro debolezze Jaber fa una critica indiretta alla società libanese attuale, passiva, interessata più all’apparire che all’essere e dai costumi forse troppo frivoli. Un esempio di questa vena critica si ritrova in una delle lunghe lettere che Emilie scrive a suo fratello: “forse l’errore non è in te, forse sei nato in un’età di rame […] il tuo problema è che sei nato in un momento in cui tutto sta per crollare […] il problema non sei tu, il problema è l’epoca in cui vivi. Come puoi però importi sulla tua vita o scrivere la storia di essa se sei in questa città in questo momento? Beirut è sospesa aspettando qualcosa che non sa e tu sei sospeso con lei […] Beirut è una nave, una nave nel mare, il mare potrebbe ribaltarla in ogni momento […] il problema non è lei, non sei tu né lei, il problema è in ciò che accade, è in questa epoca”.

Il protagonista conduce il lettore per le strade di Beirut, descrivendo minuziosamente i luoghi e i particolari che osserva. Insieme ai paesaggi e agli scorci dei vari quartieri di Beirut, Samaan però ci proietta anche nei ricordi della sua fanciullezza e in quelli sanguinosi della guerra che ha imperversato nel paese. Ricordi che rimangono attaccati ai luoghi e alle strade, così come alla pelle del protagonista che non riesce a separarsi dalla sua città:
 “Cosa gli restava a Beirut? Perché non andava in Francia o a Baltimora? Cosa gli rimaneva in questa città? Ci aveva vissuto tutta la sua vita. Non aveva mai viaggiato lontano da Beirut nemmeno una volta senza sentire di aver lasciato meta di sé alle spalle. Come se fosse diviso a metà. Metà di sé si spostava per le strade di New York, Londra, Tokyo o Lione, mentre l’altra metà rimaneva ferma ad aspettarlo a Beirut. La metà che si spostava per le strade delle città straniere era per metà felice e per metà no mentre la metà che lo aspettava nella prima città, nella casa di Ghandour Saad, non era felice se lui non lo era. Aspettava e basta, non si muoveva. Restava immobile come se meditasse davanti ad una TV spenta. Restava immobile mentre il giorno e la notte scorrevano su di lui come fosse un vegetale” .
E’ proprio la città di Beirut a dare un senso ad ogni cosa ed è alla sua realtà che si aggrappa quel surrealismo a momenti destabilizzante che permea tutta l’opera.
Già ad una prima lettura del romanzo risulta evidente l’analogia e il parallelismo tra quest’ultimo e l’opera di Samuel Beckett “Aspettando Godot”. Come i protagonisti dell’opera teatrale, infatti, Samaan è in attesa dell’assurdo, di un qualcosa di idealizzato e sconosciuto che “arriva e non arriva”, e che nel frattempo lo porta a sentire e non sentire, vedere e non vedere, proprio come nel Purgatorio Dantesco. Da qui il parallelo, presente nel libro, tra il mondo dei vivi e quello dei morti che vive nella nostalgia di una vita terrena che in realtà non è poi così diversa e in cui si vive nel ricordo di un passato che non torna e di un futuro che non arriva mai.

Assurdo poi è il fatto che al mondo dei vivi, passivo e non più padrone del proprio destino e della propria città, si contrappone un mondo dei morti molto più attivo e impegnato.
 “Mi è presa l’insonnia e la nostalgia e sono andata alla TV. Vedo Samaan, vedo mio fratello, cammina per le strade di Beirut, i lampioni illuminano la città. La gente si muove sui marciapiedi. I locali su piazza Sassine hanno cominciato a svuotarsi. La gente finisce la serata presto ultimamente. Hanno paura di nuove esplosioni con l’avvicinarsi del rapporto Mehlis. Guardo i loro volti, osservo i loro gesti, si scambiano la buonanotte, ognuno sale nella propria macchina. Le macchine esplosive hanno spaventato le famiglie della città. Chiunque può morire attraversando la strada, mentre sale o scende dalla macchina, la morte può arrivare in qualsiasi momento. La gente ha paura. Specialmente nei giorni che seguono l’esplosione. Ma quando l’esplosione si allontana, giorno dopo giorno, notte dopo notte [...] diminuisce anche il suo fragore, la gente non ci pensa più così tanto e piano piano diminuisce anche la paura nei loro cuori. Come se l’esplosione non fosse avvenuta in questa città. Come se fosse avvenuta in un altro paese.”

A rafforzare il carattere teatrale dell’opera è anche lo stile letterario di Jaber, sempre molto frammentato e vicino alla forma del parlato nel tentativo di riprodurre il flusso e l’irregolarità dei pensieri dei personaggi. L’autore, grazie alla sua abilità narrativa, ci offre un’interessante immagine della società libanese attuale e della paura paralizzante della quale è prigioniera.
 “Lui le disse che la causa di tutto ciò era la situazione del paese, la situazione di attesa e di tensione nell’aspettare il rapporto Mehlis. Lei però gli rispose che per tutta la vita aveva avuto questi incubi. Non ricordava che fosse passata una sola settimana senza che avesse avuto questi incubi. Sognava di essere senza casa, ci andava e non trovava il palazzo [...]  Girava per Achrafieh cercando la sua casa e non la trovava, allora pensò che potesse aver attraversato la linea di demarcazione tra Oriente e Occidente.
Disse che nei suoi incubi attraversava la linea di demarcazione, disse che vedeva sé stessa ancora in tempo di guerra [...] Vedeva le macchine incendiate, i soldati e gli uomini in abiti civili mangiare un cocomero rosso e sparare su gatti e cani. Osservava ed ecco che lo vedeva, il palazzo di casa sua [...] Voleva andarci ma aveva paura dei soldati e degli uomini. Tra gli uomini c’era un bambino di colore bianco, bianco intenso, come se fosse stato colpito dalla lebbra, aveva in braccio un coniglio. Il coniglio era nero e il bambino le diceva di avvicinarsi e di andare con lui, l’avrebbe riportata a casa, non doveva aver paura”.

Nonostante la teatralità dello stile di Jaber e l’assurdità della trama e dei pensieri dei protagonisti il romanzo fa però costantemente riferimento alla realtà, a personaggi e avvenimenti storici ben precisi. L’autore fa questo per dare contingenza storica al romanzo e per riportare costantemente il protagonista e i lettori alla cruda realtà.
 La mattina di giovedì 2 giugno [...] si affacciò alla porta socchiusa dell’ufficio gialla in volto:
- “Hanno ucciso Samir Kassir”

I suoi occhi si annebbiarono leggermente e collegò il nome ai ricordi nel profondo della sua mente. Conosceva realmente questo nome, e conosceva il volto di quest’uomo. Spesso le loro strade si erano incrociate, qui, al centro della città, spesso lo aveva incontrato e lo aveva notato. Conosceva il suo volto dalla televisione e dai giornali, e anche durante le manifestazioni dello scorso marzo, quando le piazze si rivoltarono e strabordarono di uomini. Lo aveva visto anche sposarsi. Negli ultimi tempi lo aveva visto più di una volta ma per pochi istanti…che strana coincidenza. Lo aveva incontrato qui, davanti alle “Fontane Comunali” dopo la grande manifestazione di metà marzo. Poi lo incontrò a piazza Etoile, poi nello stesso ristorante “Etoile” dopo due o tre giorni. Era venerdì, perché non si recava in quel ristorante se non il venerdì [...].

Attraverso la vicenda simbolica del protagonista e la descrizione dei suoi pensieri e delle sue paure l’autore riesce a mostrarci lo stato di tensione, attesa e fatalismo che attanaglia gli abitanti di Beirut, sospesi nelle loro vite aspettando il rapporto Mehlis che è una presenza costante in tutte le pagine del libro, una presenza ingombrante e pervasiva che si può ritrovare nei discorsi, nei pensieri ma anche nei comportamenti dei personaggi del libro.
 “Il problema non è cosa dirà il rapporto, il problema è cosa ci succederà dopo”.
Con queste parole lapidarie Samaan Yared pone l’accento sulla paura più grande dei libanesi, la paura cioè di dover affrontare le conseguenze che le conclusioni di quel rapporto avrebbero comportato per la popolazione, popolazione troppo spesso abituata ad essere vittima innocente di colpe altrui.

martedì 3 giugno 2014

“I misteri di Montecitorio” di Ettore Socci

Domenica, 01 Giugno 2014 Ilaria Guidantoni

Introduzione di Saverio Fossati

Un’iniziativa singolare, coraggiosa per alcuni aspetti – pubblicare un libro senza l’autore (vivente) che non è un classico riconosciuto – di grande attualità. Romanzo di ambiente politico, anzi parlamentare, il libro è uno spaccato sulla vita dell’avvocato Guidi, coprotagonista di una pletora di gente inutile, irriverente, fannullona, affarista che ha caratterizzato l’Italia di ieri e di oggi, o almeno la sua più insigne rappresentanza. E’ l’analisi spietata di un mondo intramontabile, scritta con stile fiorito e termini che oggi appaiono desueti, allo stesso tempo con piglio civettuolo e caustico insieme, un vero piacere alla lettura.


Gustoso, a tratti forbito, in altri simile al gossip del quale siamo sommersi, ci racconta una storia come tante in tempi non sospetti che pertanto diventa una metafora della biografia politica. Giovane di belle speranze, proveniente da un paesino qualunque, P… come d’uso un tempo, segnare nomi di luoghi, e persona con la sola iniziale, con un futuro appena sporcato da uno scivolone, nutrito da sentimenti sinceri e amorevoli verso una fidanzata inappuntabile eppure decisa e pratica che per salvarlo dal carcere lo fa candidare. La sorpresa della vittoria elettorale e l’essere catapultato a Roma segnerà la sua ascesa e condanna ad un tempo.

Il canovaccio è sovrapponibile a quello che abbiamo incontrato o del quale siamo venuti a conoscenza innumerevoli volte. Roma, si sa, è una Circe alla quale è difficile resistere e ancor più complesso è liberarsene.

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