mercoledì 31 luglio 2013

Antonia Pozzi, poetessa da riscoprire



“Lieve offerta”
Poesie e prose
Antonia Pozzi


La raccolta ad oggi più completa di questa poetessa milanese morta giovanissima suicida è a cura di Alessandra Cenni e Silvio Raffo, un’opera monumentale, un volume d’altri tempi, l’idea di un’opera omnia che scorre però veloce. L’occasione di questa lettura non è venuta dalla celebrazione nel 2012 del centenario della nascita ma grazie alla rete che i libri offrono e della quale spesso parlo in questo spazio. La scultrice siracusana, romana di adozione Roberta Conigliaro, divenuta un’amica, mi ha donato questo volume per un percorso da fare insieme e nel quale lei già ha proceduto. In autunno a Milano ci sarà infatti una personale dell’artista dedicata alla poetessa – il lavoro sulle donne e sul femminile di Roberta ha una lunga storia – nella quale in qualche modo ha voluto la mia presenza di scrittrice e giornalista. Ho cominciato così questo cammino come lei, dalla parola, dalle poesie e poi dalle prose che le hanno suggerito l’ispirazione. Il resto lo racconteremo a tempo debito sul blog www.ilchiasmodellerappresentazioni.blogspot.com.

Il verso che mi è rimasto impresso è tratto dalla poesia “Africa”, la madre terra per eccellenza, la culla dell’umanità, alla quale io sono legata, soprattutto per la parte mediterranea e che mi ha colpito riferendola ad una ragazza ‘chiusa’ nei primi del Novecento nella sua Pasturo, il paese di Agnese dei “Promessi sposi”, di quel ramo del lago di Como, dalla parte di Lecco che guarda alle Grigne, e anche del mondo effervescente e poi reazionario della Milano degli Anni Venti e Trenta.
“Terra – è l’esordio – sei di chi affonda nella sabbia le mani…” e impossibile non pensare alla carnalità di una scultrice che ha cominciato lavorando la creta e forgiando così le sue figlie e un po’ se stessa nelle sue creature femminili. Antonia Pozzi stessa è ragazza ribelle, indomita, che vuole sperimentare la carnalità del pensiero e affonda se stessa nella natura e nella terra: è infatti scalatrice, grande osservatrice del paesaggio oltre che lettrice accanita. La sua passionalità nella vita, che si deduca leggendo il saggio introduttivo, di grande ampiezza, è come trattenuta nelle composizioni dallo stile  di quegli anni dove alcuni arcaismi, un grande gusto estetico pur mai retorico lascia sfuggire schegge di passione senza mai rovesciarle sul lettore.
Le prose, le lettere, il progetto di un romanzo saga familiare, sono arrivati a noi per frammenti, spesso ricopiati e ricostruiti da quel padre che ne fu probabilmente in parte censore – come della vita della figlia – e infedele custode. Soprattutto le lettere, ben scritte, forbite, affettuose, sono interessanti solo per quel gusto dell’ironia che si affaccia a chi riesce a sbirciare nelle lettere affettuose e se vogliamo un po’ ingenue di un’adolescente colta, di buona famiglia.
Del volume il saggio introduttivo, certamente impegnativo e frutto di un lavoro, ampio, articolato e ben documentato, è forse la parte più interessante perché svelano il personaggio di Antonia, l’ambiente familiare, il contesto culturale e sociale, dal mondo dei poeti e degli intellettuali – Remo Cantoni, Antonio Banfi, Enzo Paci e Vittorio Sereni ad esempio – come quello della scuola e del cambiamento che l’avvento del Fascismo porta nell’istruzione e nella sensibilità. Si tratta di un affresco importante, di grande respiro e approfondimento, non troppo accademico né tecnico che ci restituisce a tutto tondo la figura di questa ragazza irrequieta ma non sfrontata, fragile e timida, educata, contestatrice ma affezionata e rispettosa dei genitori; dalla sua formazione culturale soprattutto rivolta al mondo tedesco, la sua cultura musicale e la sua vita sportiva – relativamente insolita per l’epoca – quanto la sua costante ricerca di un amore con qualche afflato lesbico di tenerezza. Le poesie che sono il cuore di Antonia pretenderebbero una lettura e rilettura e un’esegesi attenta che non è questa la sede né la mia competenza che possono offrire. Mi limito a suggerire che vale la pena aprire questa porta sconosciuta ai più perché probabilmente questa giovane ragazza non è mai diventata di moda e i lettori fanno poi necessariamente riferimento a un mercato di proposte. La produzione è ampia ma ruota prevalentemente rispetto a dei quadri di natura, una natura vissuta in una rispondenza intima con il proprio sentire, quasi sempre legato al sentimento d’amore, alla mancanza, nostalgia, assenza, rimpianto dell’altro; al vagheggiare di un bambino che non c’è mai stato (?) fino alla meditazione sulla morte. I suoi paesaggi che lasciano di tanto spazio agli animali e più spesso ai fiori e alle piante, soprattutto al glicine (di cui parla al femminile), agli abeti e alla sua cara stella alpina, simbolo di purezza che diventa bianca con la luce più calda. Sono composizioni che meritano sempre una seconda lettura almeno perché all’apparenza ingenua, composta, armonica, quasi un po’ retrò – non si legò alle avanguardie nella rottura del linguaggio – si affianca una preziosità di grande raffinatezza e originalità che non è orpello ma schiude, talora spalanca, trasfigurando le immagini, un orizzonte insolito, una lettura ardita anche delle cose più semplici. Forse colpisce proprio tanta sublime semplicità se penso a quegli anni e allo stile di oggi tutto volto a stupire con effetti speciali per poi rovesciarsi in volute insolite. C’è sicuramente una padronanza della parola che è pensiero singolare. Emergono sempre i temi della solitudine, della distanza, di una bellezza sofferta anche nella natura e financo i momenti più armonici hanno qualcosa di spaventoso che lasciano intuire quel volere annegare nella notte fredda e umida.

“Lieve offerta”
Poesie e prose
Antonia Pozzi
Bietti Edizioni

martedì 30 luglio 2013

Dal 3 agosto Capalbio libri 2013


Il 3 agosto darà il via al ciclo di incontri Eugenio Scalfari, assieme ad Alberto Asor Rosa, che ha firmato il saggio introduttivo del libro e presenterà La passione dell'etica, la raccolta di scritti dal 1963 al 2012 pubblicata da Mondadori nella collana “I Meridiani”. Con loro, Enzo Golino e Franco Marcoaldi per una riflessione sulla morale dei nostri tempi; partendo dalla politica, l'economia e il senso dell'amicizia.


Leggodigitale

Il 6 agosto, alle 21.30, Capalbio Libri darà vita a un dibattito su come sta cambiando la fruizione di quotidiani, magazine e libri da parte dei lettori ai tempi di internet. Sebastiano Maffettone, Salvo Mizzi, Selena Pellegrini e Carlo Alberto Pratesi, insieme a Davide Albeggiani e Costanza Nosi, prenderanno parte alla tavola rotonda Leggodigitale - Il futuro di libri e giornali, promossa da Cubolibri, lo store di Telecom Italia dedicato all'editoria digitale, per fare il punto sulla tendenza che sta rivoluzionando il modo di leggere degli italiani. 
La comunicazione ai tempi di internet, in particolare quella di impresa, tornerà invece, nell'incontro del 13 agosto, sempre alle 21.30, con La casa di vetro, di Gianni Di Giovanni e Stefano Lucchini, presentato insieme a Geminello Alvi e Pino Buongiorno.


Un'indagine sull'amicizia

Il 9 agosto, Paolo Crepet presentando il suo ultimo saggio intitolato proprio Elogio dell'amicizia, il legame sociale e affettivo più nobile.
L'amicizia è protagonista anche di alcune pagine di Eugenio Scalfari, di Antonella Boralevi, autrice de I baci di una notte (4 agosto), del secondo romanzo di Giuseppe Di Piazza, Un uomo molto cattivo (5 agosto) e de I santi pericolosi di Stefano Brusadelli (7 agosto ore 19,00). L'amicizia è quella che lega gli autori di Essenze di felicità, Antonella Martinelli eAlessandro Circiello, alla riscoperta di sapori e ricette antiche, e Barbara D'Urso eNicola Sorrentino alle prese con benessere del corpo ma anche dello spirito, in Ecco come faccio (8 agosto). 
Il tema dell'amicizia si ritrova anche nelle pagine di Roberto Napoletano, autore di Promemoria italiano, un viaggio nell'Italia di oggi e di ieri, fatto di ricordi, di speranze e di incontri personali, raccontato il 6 agosto alle ore 19 con Ernesto Auci.
E poi ci sono le amicizie importanti di cui ci parleranno Luigi Bisignani e Paolo Madron, autori del best seller L'uomo che sussurra ai potenti, il 10 agosto, molte delle quali ritornano, seppur non citate direttamente, nel saggio di Carlo Freccero sulla Televisione che affronta lo spinoso argomento dell'utilità del servizio pubblico di fronte ai cambiamenti vissuti negli ultimi trent'anni dalla televisione, di cui parlerà l'autore l'11 agosto con Myrta Merlino e Luisa Todini.
L'amicizia è il tema centrale nella storia raccontata da Nada Malanima ne La grande casa (12 agosto); mentre il protagonista di Doppio riflesso di Michele Ainis (13 agosto) ha a che fare con con amicizie ambigue e perse, assieme alla sua memoria. Infine, Gianluca Nicoletti chiude la manifestazione il 14 agosto, regalandoci istantanee dello speciale rapporto con Tommy, suo figlio, amico e compagno inUna notte ho sognato che parlavi.
Tutti gli incontri saranno condotti da importanti nomi del giornalismo italiano come Ernesto Auci, Pino Buongiorno, Luigi Contu, Guido Fiorini, Franco Marcoaldi, Myrta Merlino, Stella Pende, Andrea Purgatori, Luciano Tancredi, Giuseppe Marchetti Tricamo e Ilaria Ulivelli.


Libri e musica

Il 9 agosto, un appuntamento alle 21.30 racconterà l'Incontro con musicisti straordinari grazie all'omonimo libro diEnrico Rava e a quello di Barbara Casini, Se tutto e musica. Uno dei jazzisti italiani più noti internazionalmente e la più importante interprete di musica brasiliana in Italia saliranno sul palco di Capalbio Libri per una lunga e interessante intervista condotta da Massimo Nunzi.
Insieme, poi, i tre regaleranno al pubblico una performance musicale esclusiva. 
La musica farà da cornice a tutti gli appuntamenti di Capalbio Libri grazie alle esibizioni quotidiane di giovani artisti italiani, noti anche all'estero. Ada Montellanico, Francesco Diodati, l'Ida Landsberg Trio, il sestetto funk Quella sporca mezza dozzina, Silvia Manco, Nico Pistolesi, Simone Salvatore, Andrea Lagi, Riccardo Simoni, il duo Musica da Ripostiglio, Marco Guidolotti, Giampiero Grani, Rosario Giuliani e Luca Pincini saranno gli altri ospiti. 


L'esperimento della scrittura collettiva

Domenica 11 agosto sarà la volta di un altro appuntamento speciale, alle 21.30, con un modo nuovo di pensare la scrittura grazie agli strumenti che offre la rete. 
Sic è la sigla per la Scrittura Industriale Collettiva che coinvolge comunità virtuali di scrittori di cui ci parlerà uno dei suoi ideatori, Gregorio Magini, intervistato da Giuseppe Marchetti Tricamo, direttore di "Leggere: tutti". Con l'occasione Gregorio Magini presenterà al pubblico di Piazza Magenta In territorio nemico, l'esperimento di scrittura collettiva pubblicato da minimum fax, frutto del lavoro di 115 autori.

Capalbio libri, i libri diventano spettacoli


Lunedì, 29 Luglio 2013 Ilaria Guidantoni

Un laboratorio dove sperimentare forme nuove per promuovere la lettura e i libri. Se i libri sono uno spettacolo spesso le presentazioni non lo sono, anzi, al contrario, annoiano. La scommessa di Capalbio Libri, la manifestazione estiva giunta alla settima edizione, è rendere le presentazioni uno spettacolo unendo, in particolare alla parola, la musica e la tecnologia.

Presentata la rassegna Capalbio Libri
Lunedì 29 luglio 2013
a "La Feltrinelli"

Galleria Alberto Sordi fu Roma

Sono intervenuti

Luigi Bellumori – sindaco di Capalbio

Andrea Zagami - ideatore e direttore di Capalbio Libri

Carlo Alberto Pratesi - InnovAction Lab - Università Roma Tre

Massimo Nunzi - direttore artistico della parte musicale

Marta Mondelli – presentatrice del festival


L'edizione 2013, nel cuore del borgo medievale toscano, si terrà dal 3 al 14 agosto, con incontri e dibattiti su Letteratura, Attualità Politica, Economia, Informazione digitale, Salute e benessere. Queste alcune delle tematiche affrontate nei 18 appuntamenti di Piazza Magenta a partire dalle ore 19.00. Per la prossima edizione è stata scelta la parola chiave amicizia, presente in molti dei libri che saranno presentati da Marta Mondelli, la quale per il terzo anno consecutivo si trasferisce da New York a Capalbio per seguire la manifestazione. Continua l'indagine sul piacere di leggere che però quest'anno si sposta appunto sul tema dell'amicizia. 
Un’iniziativa concepita in simbiosi con il territorio – istituzioni, enti turistici ed aziende locali – e con importanti partner sensibili alle problematiche dell’ambiente e della cultura globale.

L'articolo integrale su Saltinaria.it

lunedì 29 luglio 2013

Editoriaraba - Come l'Occidente (non) legge la letteratura araba


La settimana scorsa il quotidiano panarabo Asharq Al-Awsat ha pubblicato una serie di interessanti interviste con scrittori, critici, traduttori sul rapporto tra letteratura araba e mondo occidentale, ovvero: quanto, come e perché si legge la letteratura araba in Europa e negli Stati Uniti. O meglio, non si legge

Nella prima intervista, la scrittrice libanese Hanan al-Shaykh (il suo ultimo libro tradotto in italiano è uscito per Piemme con il titolo Fresco sulle labbra, fuoco nel cuore, di cui si è parlato su Editoriaraba) sostiene che l’Occidente, e il mondo anglofono nello specifico, predilige la lettura di romanzi egiziani o palestinesi. L’Egitto perché considerato il più importante paese del mondo arabo, la Palestina per via del conflitto israelo-palestinese. Secondo l’autrice tuttavia, la letteratura araba nel Regno Unito non sarebbe poi così tanto popolare come la letteratura ad esempio che viene dall’India. Ed inoltre, le case editrici britanniche preferirebbero puntare su nomi che tirano, piuttosto che scommettere su autori poco sconosciuti, per evitare perdite economiche. Una storia che conosciamo bene anche in Italia.

Asharq al-Awsat ha poi intervistato lo sceneggiatore e critico marocchino (che vive in Francia) Mohammad El-Medzioui, il quale fa una distinzione per quanto riguarda la letteratura araba che si trova in Francia. I libri scritti in francese da autori di origini arabe, ma di seconda o terza generazione, vengono secondo lui percepiti dai lettori come scrittori nativi francesi; gli autori che invece provengono da Marocco, Libano o Egitto e che scrivono in francese, appartengono invece al mondo della francofonia. E la letteratura francofona NON è letteratura francese e questa etichetta secondo il critico marocchino ha un’accezione dispregiativa. I romanzi tradotti dall’arabo invece vengono classificati come “letteratura mondiale tradotta”. Secondo El-Medzioui inoltre, gli autori arabi più letti in Francia sarebbero: Ben Jelloun, Maalouf (entrambi premi Goncourt, che li ha aiutati a vendere di più), Mahfouz (grazie al Premio Nobel), Al-Aswani (grazie al fatto che Palazzo Yakoubian è diventato un film); e poi gli algerini Khadra e Sansal, e il marocchino Taia.

Elliott Colla, docente di studi arabo-islamici alla Georgetown University, nonché traduttore, ha esplorato invece il rapporto tra letteratura araba e lettori statunitensi. E la situazione, dalle sue parole, appare piuttosto drammatica. Il pubblico USA infatti non sarebbe quasi per nulla interessato alla letteratura non scritta originariamente in inglese. E d’altronde negli Stati Uniti si traduce pochissimo. Nell’avvicinarsi alla letteratura araba, il lettore medio US sarebbe mosso dalla speranza di: trovare se stesso; trovare il suo “Altro”. In entrambi i casi comunque, le sue aspettative sarebbero puntualmente disattese. La conclusione di Colla è a dir poco pessimista: lo studioso non crede infatti che il lettore nordamericano medio sia in grado (o abbia voglia) di stabilire una connessione emotiva più profonda con un romanzo arabo. In finale di intervista, Colla non risparmia neanche il mondo editoriale arabo, “reo” di fare poca o scarsa attenzione all’editing: sia chi scrive il libro, sia l’editore che lo pubblica. Ma lo studioso ha aggiunto anche: “sospetto che se ci fossero più editor letterari nel mondo arabo, assisteremmo ad una rinascita del romanzo arabo”.

Per la scrittrice anglo-palestinese Selma Dabbagh invece, uno dei “problemi” del romanzo arabo risiederebbe nel fatto che gli stessi autori arabi non riescono ad uscire dai temi che riguardano il mondo arabo. Questa difficoltà di uscire dai proprio confini, non permetterebbe loro di acquisire nuovi lettori, a differenza di quanto invece avrebbero fatto gli scrittori di altre “minoranza etniche”. L’autrice di Out of it, che scrive in inglese e confessa di avere poca padronanza dell’arabo, ritiene anche che chi legge la letteratura araba appartenga ancora ad un gruppo ristretto di lettori interessati a tutto ciò che è “straniero, estero”.

Tirando le somme dalle quattro interviste, sembra che la letteratura araba ne esca piuttosto malconcia, almeno per quanto riguarda Inghilterra, Francia e Stati Uniti, che invece ad una prima impressione appaiono come dei mercati..vivaci, interessati, aperti?

E in Italia, chi legge la letteratura araba? E perché, come, quando? Pensateci bene lettori perché Editoriaraba ha un piccolo sondaggio in preparazione nei prossimi giorni.

I viaggi di Dottor G - Un libro evento sul viaggio


Domenica, 28 Luglio 2013 Ilaria Guidantoni

“I Viaggi di Doctor G” sono un libro singolare di viaggio, di Gian Carlo di Renzo, pubblicato da Albeggi Edizioni. Un libro di viaggi ‘diversi’ lo ha definito la giornalista del Touring Club Italiano, Clelia Arduini, che ha coordinato la presentazione, giovedì 25 luglio alle 20:00 presso la Casa del Jazz di Roma, nell’ambito del festival dell’Editoria Suoni di Parole.

Se la letteratura di viaggio è un genere consolidato e conosciuto, soprattutto dal Gran Tour in poi, dal 1700 in avanti, siamo in questo caso in presenza di una singolarità, la poesia di viaggio. Non solo, un libro la cui anima è la poesia e il corpo le illustrazioni di Spartaco Ripa, amico dell’autore che ha illustrato con colori pastello le 16 poesie dedicate a 16 città. Sono finestre che si aprono e si chiudono come istantanee e seguono in sintonia le poesie nello spirito. Una complicità che ha funzionato, come ha raccontato lo stesso autore, al quale sono arrivati soltanto i bozzetti che con grande immediatezza si sono trasformati in immagini, senza difficoltà per ammissione dello stesso illustratore.
Gian Carlo di Renzo è un noto ginecologo – famoso per aver fatto nascere nel 2000 sei gemelli – Presidente dell’associazione mondiale dei ginecologi; altresì è curioso viaggiatore e pellegrino della cultura, musicista e scrittore, prima di diventare poeta per Albeggi.

La recensione integrale su Saltinaria.it

giovedì 25 luglio 2013

Editoriaraba - Letteratura araba e biblioteche italiane: istruzioni per l’uso


Spesso la letteratura araba può spaventare chi non la conosce. Nomi difficili da pronunciare, titoli mal tradotti che volentieri (purtroppo) rimandano all’esotico, temi controversi e sensibili.
Se questi libri però li trovassimo in biblioteca, ci sembrerebbero più familiari. Il nostro occhio di lettori si abituerebbe a leggere nomi arabi e comincerebbe a considerare questi libri come familiari. 

La riflessione nasce dalla lettura dell’ intervento “Biblioteche pubbliche: la sfida multiculturale”, scritto dall’arabista e traduttrice Elisabetta Bartuli in occasione del 49° Congresso nazionale dell’Associazione Italiana Biblioteche. Bartuli, ben 10 anni fa, sottolineava la necessità, per le biblioteche italiane, di fornirsi di testi di letteratura araba accanto ai testi in lingua originale rivolti alle comunità migranti.

Dieci anni dopo cosa è cambiato? In che stato versa la letteratura araba nelle biblioteche italiane ?

Qualche tempo fa, per un anno intero, con l’Associazione Arabismo abbiamo organizzato le presentazioni di libri all’interno del BiblioCaffè Letterario di via Ostiense a Roma. Il BiblioCaffè è in sostanza una delle biblioteche del circuito delle biblioteche pubbliche romane che si trova all’interno del più famoso Caffè Letterario. Alla fine di ogni presentazione eravamo soliti donare il libro presentato (e firmato dall’autore) alle responsabili della biblioteca, che erano sempre non sono molto disponibili, ma anche curiose e attente verso questo mondo e verso la sua letteratura. Quella di “Arabismo al Caffè” è stata un’esperienza molto interessante e mi piace pensare che i libri donati siano, da allora, passati tra le mani dei frequentatori del BiblioCaffè.

Meno positiva è stata l’esperienza di una lettrice di Bari, che mi ha detto quanto funzioni male il sistema bibliotecario della sua città, al punto da preferire di acquistare i libri online piuttosto che ordinarli in una delle biblioteche cittadine. Coraggioso è stato invece un lettore della provincia di Varese che ha chiesto al bibliotecario comunale di acquistare una serie di libri di letteratura araba e saggistica sull’argomento mondo arabo. L’esperimento ha funzionato e pare che  abbia ottenuto un certo successo tra gli avventori della biblioteca.

Sono sicura che chiunque frequenti più o meno assiduamente le biblioteche italiane abbia una storia da raccontare. Quello che mi preme capire però è quanta letteratura araba c’è nelle biblioteche italiane?

E qui mi rivolgo non solo agli “esperti” arabisti di cui parla Bartuli nel suo intervento, ma anche ai tanti lettori del blog che non sono specialisti del settore.

C’è la letteratura araba?
Da quali autori è rappresentata?
A che data risalgono i libri (ovvero: c’è solo Nagib Mahfouz o anche qualcosa di più recente)?
Se i libri ci sono, sono ben visibili?
Sotto quale etichetta sono stati catalogati?
In quale settore si trovano?
La biblioteca organizza eventi culturali per promuovere la lettura di questi testi?

Chiara Comito

mercoledì 24 luglio 2013

Lunedì 29 luglio a Roma, conferenza stampa di presentazione di Capalbio Libri 2013






CAPALBIO LIBRI 2013 

Conferenza stampa di presentazione
Lunedì 29 luglio 2013 – Ore 12

La Feltrinelli
Galleria Alberto Sordi 53 (Piazza Colonna) - Roma

Interverranno:
Luigi Bellumori – sindaco di Capalbio
Andrea Zagami - ideatore e direttore di Capalbio Libri
Carlo Alberto Pratesi - InnovAction Lab - Università Roma Tre
Massimo Nunzi - direttore artistico della parte musicale
Marta Mondelli – presentatrice del festival
 
Un laboratorio dove sperimentare forme nuove per promuovere la lettura e i libri: questa la formula di Capalbio Libri, la manifestazione che si tiene da ormai sette anni nel cuore del borgo medievale toscano e che anche quest’anno conferma il suo appuntamento, dal 3 al 14 agosto, con incontri e dibattiti improntati. Letteratura, Attualità Politica, Economia, Informazione digitale, Salute e benessere sono alcune delle tematiche affrontate nei 18 appuntamenti di Piazza Magenta dalle 19 in poi.
Un’iniziativa concepita in simbiosi con il territorio – istituzioni, enti turistici ed aziende locali – e con importanti partner sensibili alle problematiche dell’ambiente e della cultura globale.
Molte le novità di quest’anno - tra musica e tecnologia – che vedranno partecipare, insieme ad autorevoli esponenti della saggistica e della narrativa, anche importanti musicisti, selezionati dal maestro Massimo Nunzi, in particolari performance dal vivo.

Ilaria Guidantoni seguirà per Saltinaria.it la presentazione nazionale alla stampa, che avrà luogo lunedì 29 luglio alle ore 12 a Roma, presso la Libreria Feltrinelli nella Galleria Alberto Sordi (Piazza Colonna).

lunedì 22 luglio 2013

Libri al Castello di Bisaccia (AV), 20 luglio 2013

Il tavolo degli scrittori con la squadra di Purenergy.
Accanto a Ilaria Guidantoni, Alfredo Picariello, giornalista di PIùEconomia e responsabile pagina Campania di Affaritaliani.it


Con Gerardo Caradonna di Purenergy, organizzatore dell'evento
Gerardo Caradonna e il prof. Giuseppe Calabrese,
autore del libro "L'industria dell'energia eolica in Italia"

domenica 21 luglio 2013

Libri al Castello di Bisaccia

 
 
 
 
 
 
 
 
Presentazione dei libri
 
"Chiacchiere, datteri e The'. Tunisi, viaggio in una società che cambia”
di Ilaria Guidantoni
 
"L'industria dell'energia eolica in Italia"
di Giuseppe Calabrese
 
“Trovare lavoro in tempo di crisi”
di Donatella De Bartolomeis
 
 
Sabato 20 luglio 2013 ore 16:30
Castello Ducale di Bisaccia
 
Moderano:
Pasquale Gallicchio
Alfredo Picariello
 
Saluti
Salvatore Frullone, Sindaco di Bisaccia
Giampiero Galasso, Direttore Museo Archeologico di Bisaccia
Gerardo Caradonna, Presidente PurEnergy SpA
 
Seguirà proiezione del documentario “Castello di Bisaccia” di Antonella Russoniello per "Tesori d’Irpinia"
 
Visita guidata del Castello
Degustazione di prodotti tipici locali
Prosecco di "Le Magnolie"

venerdì 19 luglio 2013

Leggendo di filosofia e non solo...



“Gli oggetti che popolano il mondo
Ontologia delle relazioni”

di Maria Grazia Turri

E’ la prima volta, credo, che dai tempi dell’università mi trovo ad avere un approccio critico ad un testo filosofico e mai ritengo, prima d’ora, mi sono azzardata in una recensione. Qualche saggio psicologico o sociologico con componenti filosofiche ma mai un articolo specifico. In effetti credo che una recensione di un testo filosofico sia presuntuoso e un po’ assurdo, semplicemente per un fatto: non si può farne un riassunto. In effetti di un saggio filosofico non si sono passaggi da saltare, tutto è concatenato. Il mio è certamente un invito alla lettura, un’osservazione per avere degli spunti altrimenti ci potrebbe essere solo un’esegesi. A ben guardare il testo di Maria Grazia Turri, complesso ed estremamente ricco di citazioni e riferimenti puntuali, è già ‘divulgativo’ nel senso più nobile: è un testo didattico dove il piacere dell’indagine prevale su quello della tesi e della dimostrazione della stessa. Mi pare che l’autore sia meno preoccupato di farci sapere qual è la sua posizione sul tema di quanto non sia invece attento a stimolare una riflessione in merito agli oggetti e soprattutto a condividere il suo sapere in merito. Tra l’altro questo spirito di condivisione, di partecipazione a quello che scrive lo ritengo un grande pregio e il valore stesso della filosofia, prima del gusto per la pura speculazione che rischia di metterci l’uno accanto all’altro in un esercizio di pure virtuosismo speculativo, confronto e scarsa contaminazione reciproca. L’argomentare spazia dalla filosofia greca alla moderna epistemologia, attinge alle neuroscienze in una visione del tutto originale che caratterizza il pensiero della Turri per la quale il cervello e il suo funzionamento sono misura del pensare stesso; e ancora cita sovente la cinematografia, fatto curioso e intrigante per il filosofo; si muove sfiorando la psicologia, la pedagogia e la sociologia. Il nodo dell’analisi è costituito dall’oggetto non in una mera tassonomia della realtà quanto nella fondazione delle relazioni, degli esseri umani con gli oggetti – siano essi reali o concettuali, oggetti che hanno un archetipo in natura e quelli che non ce l’hanno – e le relazioni tra i vari soggetti attraverso gli oggetti; come del soggetto con se stesso come oggetto essendo anche un corpo, oggetto del tutto singolare. Grande spazio è riservato al linguaggio e alla sua relazione con gli oggetti e con il pensiero e all’individuazione di un’eventuale corrispondenza tra differenti oggetti e differenti atti di percezione, immaginazione, comprensione. E’ un testo da leggere e rileggere, molto denso, dove si scende di livello in livello in un’articolazione sempre più complessa, senza però mai perdere la visione ‘insieme, grazie anche ad una forte capacità iconopoietica dell’autore che ci restituisce immagini ed esperienze di vita, al di là delle catalogazioni come la relazione tra l’oggetto e i nostri sensi e le difficoltà di apprendimento nei primi anni di vita dei bambini ciechi e il loro ritardo nel linguaggio che mi ha molto colpita.
Seppure in alcuni passaggi richieda riferimenti storico-filosofici nutriti e un vero e proprio studio mnemonico, resta la suggestione e lo spunto di riflessione su quanto è molto più vicino a noi di quello che pensiamo, tanto da non soffermarci neppure a pensarlo: gli oggetti che popolano il mondo.


“Gli oggetti che popolano il mondo
Ontologia delle relazioni”
di Maria Grazia Turri
Carocci
25.00 euro

Editoriaraba - Online il quinto numero della Rivista di Arablit


È uscito il numero 5 della Rivista di Arablit, la rivista italiana dedicata alla letteratura e cultura araba moderna e contemporanea.
Come per i precedenti numeri, anche questo è in lettura gratuita in pdf. I vari articoli sono scaricabili a questo link. Tra le recensioni Editoriaraba segnala quella di Caterina Pinto che ha letto e recensito Gambo di bambù, romanzo vincitore del premio per la narrativa araba di quest’anno.

I contenuti di questo numero sono molto vari e spaziono dal teatro alla letteratura, dalla letteratura di viaggio alla saggistica, come potete leggere dall’indice:

- Katherine Hennessey – Shylock in the Ḥaḍramawt?: Adaptations of Shakespeare on the Yemeni Stage

- Elvira Diana – Libyan Narrative in the New Millennium: Features of Literature on Change

- Valeria Meneghelli – Un’opera per leggere la Tunisia di oggi: Ḫamsūn di Ǧalīlah Bakkār

- Marianna Salvioli – La représentation de l’Occident dans la littérature marocaine de voyage. De Fī ’l-ṭufūlah aux migrations contemporaines

Non solo letteratura

- Erminia Chiara Calabrese – Ḥizb Allāh: muqāwamah or le tournant culturel

Recensioni

- Eyad Houssami (ed.), Doomed by Hope. Essays on Arab Theatre – Monica Ruocco

- Khalid Amine and Marvin Carlson, The Theatres of Morocco, Algeria and Tunisia. Performance Traditions of the Maghreb – Monica Ruocco

- Yusrī ‘Abdallāh, al-Riwāyah al-miṣriyyah: su’āl al-ḥurriyyah wa mas’alat al-istibdād – Wafaa El Beih

- Tarek El-Ariss, Trials of Arab Modernity: Literary Affects and the New Political – Alessandro Buontempo

- Bahā’ Ṭāhir, Wāḥat al-ġurūb (L’oasi del tramonto) – Patrizia Zanelli

- Sa‘ūd al-San‘ūsī, Sāq al-bāmbū (Gambo di bambù) – Caterina Pinto

- Yūsuf al-Muḥaymmīd, Luġṭ mawtà (Il cicaleccio dei morti) – Arturo Monaco

giovedì 11 luglio 2013

Giovedì 11 luglio "Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia" al festival Onde mediterranee - Monfalcone (GO), ore 21.00


Editoriaraba - La Beirut di Samir Kassir: “una città araba ma diversa, una città diversa ma araba”


di Silvia Moresi

In più di seicento pagine lo storico, giornalista e scrittore libanese Samir Kassir ci racconta l’evoluzione architettonica, culturale, politica e sociale di Beirut dal periodo cananeo fino al periodo dei massacri della guerra civile e dell’occupazione israeliana degli anni Ottanta. Una storia lunga e intricata che fa di Beirut, il più straniante degli scenari, e il meno straniero: una città araba ma diversa, una città diversa ma araba.
Il saggio per la quantità di notizie e per la complessità della storia stessa della città all’inizio apparirà di non agevole lettura ma, andando avanti, la narrazione troverà una sua continuità e scorrevolezza. E’ consigliabile però, sin dalle prime pagine, munirsi di penna e agenda per appuntare nomi, date o eventi che altrimenti, arrivati a pagina 654, saranno stati irrimediabilmente dimenticati.

Nella prima parte del saggio “Beirut prima di Beirut”, Kassir riporta alcuni dei miti che sarebbero alla base della fondazione della città e del suo nome: Biruta, primo nome conosciuto della città, sarebbe infatti legato al significato di “pozzi” o “sorgenti d’acqua” di cui era ricco il sito e, come ci fa notare Kassir, ancora oggi è facile ritrovare nella parola “bi’r” (pozzo) in uso nell’arabo moderno, una certa assonanza con il nome della città. Ancora più interessante, per gli sviluppi tragici della storia di Beirut e del Libano, è leggere come i cananei, chiamati successivamente fenici dai greci (dal mito della Fenice), sarebbero probabilmente originari della penisola arabica, tesi che scardina completamente, e che fa apparire a dir poco ridicola l’ideologia falangista del fenicismo.
Nei capitoli successivi, soprattutto attraverso una meticolosa descrizione dei cambiamenti architettonici e urbanistici della città, Kassir ci guida tra le alterne vicende di Beirut, passata dal dominio egiziano all’impero romano, diventandone una colonia (Colonia Iulia Augusta Felix Berytus) conquistata nel 1110 da Baldovino, annessa al regno crociato di Gerusalemme, e poi riconquistata nel 1187 da Ṣalāḥ al-Dīn ibn Ayyūb (Saladino). Grande rilievo è dato da Kassir al lungo periodo della dominazione ottomana della città, periodo durante il quale Beirut, grazie alle riforme delle tanzimat e all’idea diosmanlilik (nazionalità ottomana), visse un periodo di profondi cambiamenti. Il nuovo assetto della città, la rimessa a nuovo del porto che la trasformerà in uno degli scali più importanti del Levante, e la mescolanza degli stili architettonici, inizieranno a far apparire Beirut come una città “mediterranea moderna e piuttosto borghese”. In questi capitoli Kassir si sofferma sulla descrizione particolareggiata di quartieri, strade e palazzi e non sarà sempre facile seguirlo nel suo addentrarsi nella città senza avere davanti agli occhi almeno una mappa o foto del periodo, presenti comunque nel testo.

Sicuramente si prestano ad una lettura più scorrevole i capitoli che affrontano i cambiamenti della città dal punto di vista intellettuale e culturale. Il risveglio culturale, la nahdah, che investì il mondo arabo nel XIX secolo, vide la nascita a Beirut di case editrici e giornali, nonché un proliferare di scuole e collegi religiosi, che fecero della città “un polo di conoscenza e un focolaio di agitazione intellettuale”. Il fenomeno della nahdah, nato anche e soprattutto dal contatto e dallo scambio di idee tra Oriente e Occidente, attirò un gran numero di intellettuali europei a Beirut e diede vita a quello che Kassir chiama tafarnuj tradotto con il termine mimetismo: una imitazione ideologica e culturale degli stili di vita europei che, successivamente, diventerà l’imitazione degli stili di vita di un paese in particolare: la Francia.
Nel capitolo “Grande Libano e Piccola Parigi” l’intellettuale libanese descrive i cambiamenti culturali concreti portati dal mimetismo: dall’utilizzo della forchetta, all’abbigliamento femminile, alle domeniche consacrate all’ippodromo. Il mimetismo influirà soprattutto sulla lingua che, nel parlato quotidiano, assorbirà una quantità enorme di termini francesi dando vita ad espressioni “meticce” come 'merci ktir' (grazie tante) o 'pardon minnak' (mi scusi) che sono una specificità del dialetto libanese e beirutino.

Dopo la fine del mandato, nel periodo d’oro di Beirut, anche chiamata “la Svizzera d’Oriente” Kassir ancora una volta punta il dito soprattutto su una politica del laissez-faire in ambito urbanistico che aveva trasformato la città in un agglomerato di immensi palazzoni “le cui decorazioni facevano a pugni tra loro”. Le periferie si erano ingrandite a dismisura e i quartieri erano già chiaramente delineati secondo le specifiche coloriture confessionali. L’urbanistica beirutina descritta da Kassir in questi capitoli è esattamente uno dei motivi che porteranno il poeta Adonis a definire Beirut una “non città” in quanto popolata da comunità “a-sociali” (la-igtima’iyya) basate solo sull’individualismo e l’egoismo, “chiuse con il filo spinato all’interno delle loro tradizioni”*.

Samir Kassir conclude il suo saggio con gli avvenimenti della guerra civile e dell’occupazione israeliana, a cui volutamente non dedica troppo spazio. La costituzione dei partiti falangisti, la questione dei profughi palestinesi e la pastoia del confessionalismo: nulla o quasi di ciò che porta alla guerra è ignorato, ma la guerra propriamente detta è trattata solo come uno sbocco, per quanto non ineluttabile. Kassir, infatti, ci spiega che narrare della città in guerra avrebbe snaturato quella che era l’idea del libro: il quale come storia della città, è la storia di una civiltà, magari da reinventare, e non quella della sua morte.
In conclusione, Beirut di Kassir è un vero e proprio viaggio nella storia di questa città, e come un vero viaggio non può essere intrapreso senza una penna, un taccuino e una mappa…
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* Beirut, la non città, Adonis, Medusa, 2007