mercoledì 30 luglio 2014

“Sul corno del rinoceronte” di Francesca Bellino

Ilaria Guidantoni Martedì, 29 Luglio 2014 

Un romanzo d’amore e di politica, un affresco conteso nell’anima tra l’Italia e la Tunisia, due donne a confronto, che intrecciano le loro storie e una relazione di amicizia tra le due sponde, aprendo l’una il mondo dell’altra, e l’una la propria porta. L’autrice, un’amica, giornalista, reporter di viaggio e scrittrice è un’italiana conosciuta a Tunisi la prima estate che ho passato lì, il 2009, legata alla terra dove ha trovato l’amore ma non innamorata della Tunisia, a differenza di me. Questo sguardo, da viaggiatrice curiosa, ma non ingenua, pronta a lasciarsi entusiasmare da ogni terra lontana, più attenta alla geografia antropizzata che a quella naturale e monumentale, si ritrova tutta nel libro.


Il racconto è a tutti gli effetti un romanzo, ben costruito, con un effetto a sorpresa, e il desiderio di raccontare la solidarietà e la curiosità profonda dell’incontro al femminile, la sofferenza, le strettoie della società al nord – nella Roma del disincanto dove lo stesso linguaggio è diventato grigio, violento e non c’è più spazio per sognare, né per il colore – come al sud, nella Tunisia della tradizione vissuta come una gabbia, della dittatura e poi dell’entusiasmo per la rivolta, in parte disilluso. La storia si svolge tra i quartieri romani di Piazza Vittorio e del Pigneto, che si riconosce in modo evidente senza mezzi termini, con nomi e cognomi, e Kairouan dove vive una delle due protagoniste, Meriem, e il centro di Tunisi, tra la medina e il big ben dell’avenue Bourguiba dove la protagonista italiana, Mary, si trova in due situazioni diverse.

E’ un affresco sociale oltre che psicologico e un’ottima informativa sulla Tunisia di oggi, la rivolta, la mentalità e la religione vissuta dalla parte della gente, con l’escamotage di un’intervista casuale, in particolare grazie alla conversazione con il tassista Hedi e alcuni uomini che incontra lungo il cammino e che offrono uno sguardo incrociato. Trovo vincente l’idea dell’umiltà e della sana curiositas della protagonista rispetto a un mondo che si disvela a poco a poco, con il gusto dell’antropologa, ma soprattutto della viaggiatrice. Il resto è un piacevole contorno.

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giovedì 24 luglio 2014

“Alger, le cri” – Récit di Samir Toumi

Martedì, 22 Luglio 2014 Ilaria Guidantoni

Avevo letto di questo libro, sostanzialmente autobiografico, una lettera aperta alla propria città e al proprio Paese, e l’ho trovato in una libreria del quartiere internazionale residenziale a Tunisi, la Marsa presso Millefeuilles, che è stata la prima libreria della banlieue nord della capitale, un luogo dove il libraio è prima di tutto un lettore, in secondo luogo un venditore di libri.

Samir Toumi è un Algerino di Algeri che ha vissuto a Tunisi dove viene spesso, dove ha presentato il suo libro e non è un caso perché il testo racconta anche del suo amore per Tunisi che è un po’ il mio. Il libro, scritto in una lingua magnifica, avvolgente, seducente, senza essere ammiccante, sfacciato né mieloso, è un grande canto d’amore e di rabbia per quella città magnifica morsa dal serpente, storia di violenza e di guerra, di un suicidio infinito. E’ il dolore che provoca rabbia di ogni amore sofferente, prima che non ricambiato, forse di un amore impossibile eppure irrinunciabile che lascia il protagonista in una gabbia. Il suo cammino è la ricerca di un grido, che è la sorgente della vita, la voce, il primo grido umano che alla nascita prova che il bambino respira, quello che nel suo caso era soffocato. Il grido ad Algeri lo cercherà invano, tra le voci soffocate dei martiri dell’indipendenza, torturati, che hanno preferito la morte al silenzio.

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“Kiffe kiffe demain” di Faïza Guène

Martedì, 22 Luglio 2014 Ilaria Guidantoni

Faïza Guène, è uno dei tanti esempi di un’Algerina di Francia. Gli intellettuali algerini in effetti sono quasi tutti all’estero. Sono venuta a sapere della sua attività grazie al settimanale “Jeune Afrique” che la scorsa primavera le ha dedicato un articolo in occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo, che è stato un vero successo in Francia ed è arrivato anche in Tunisia dove la letteratura algerina contemporanea è molto apprezzata.

E’ nata nel 1985 a Bobigny, capoluogo del dipartimento della Senna-Saint-Denis nella regione dell'Île-de-France; Romanziere, Sceneggiatrice e Regista, conosciuta per il suo primo romanzo, Kiffe kiffe demain: è stata uno dei migliori successi editoriali in termine di vendite nel 2004 (tradotta in 26 lingue) con 400mila copie solo in Francia. In Italia è uscito nel 2005 (Mondadori) con il titolo “Kif Kif domani” e racconta la vita agra degli immigrati maghrebini. Il gioco di parole è difficile da restituire in italiano nell’allusione kiffe o kif, che in arabo vuol dire “uguale”, la stessa cosa. Kiffer è anche amare e il kif è l’hashish.
Il romanzo, scritto con qualche fioritura maghrebina, eco del dialetto parlato in casa, misto al francese parigino dei ragazzi e delle periferie, pieno di coloriture, sgrammaticature e andamenti colloquiali, è in gran parte autobiografico. I suoi genitori sono originari dell’ovest dell’Algeria, « Aïn Témouchent»: ha un fratello e una sorella ed è cresciuta a Pantin, alle Courtillières, un quartiere disagiato nella banlieue nord. Innamorata della lettura e del disegno Faïza è una bambina precoce che salta la prima elementare perché sa già leggere. Il racconto narra di una ragazza, figlia unica, il cui padre l’abbandona con la madre per tornare in Marocco – paese natale della protagonista – e sposare una donna più giovane in grado di dargli ancora dei figli.

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lunedì 14 luglio 2014

“Le Blanc de l’Algérie” di Assia Djebar

Sabato, 12 Luglio 2014 Ilaria Guidantoni

Una delle maggiori scrittrici algerine, e l’unica maghrebina ammessa all’Académie de France, racconta un’Algeria attraverso morti eccellenti di intellettuali, un testo non lugubre, anche se in certi tratti polemico, per esorcizzare il dolore del suo Paese straziato nel Novecento da due guerre: una coloniale (dal 1^ novembre 1954) e una civile non dichiarata (negli Anni ’90). E’ un racconto con il quale dichiara di voler semplicemente ricordare ed essere vicina a personaggi più o meno noti che ha conosciuto in modo diretto o indiretto, molti dei quali erano veri amici. Al di là dell’angolatura originale per raccontare il Paese attraverso le sue voci poetiche e di prosa, giornalisti e intellettuali, c’è il desiderio di scrivere, riscrivere o forse decriptare la storia algerina contemporanea attraverso le assenze.

Il tema è declinato come un ossimoro in bianco perché bianco è il colore di Algeri, detta appunto la bianca, e ancora il colore dell’abito tradizionale femminile il haik, ma anche simbolicamente è un modo per restituire alla morte luce. In modo esplicito verso la fine Assia evidenzia come la scrittura della quale sente l’urgenza diventi in qualche modo uno strumento per sbiancare il dolore e per restituire la luce a chi non c’è più, anche se fortunatamente gli intellettuali vivono più di altri oltre la loro presenza fisica, grazie ai semi che lasciano.

Non c’è però un intento dichiarato di celebrazione della memoria, ma la voglia di risentire il calore di chi non c’è più.

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venerdì 4 luglio 2014

“Esperanza” (Lampedusa) di Aziz Chouaki

Martedì, 01 Luglio 2014 Ilaria Guidantoni

Tragedia con tonalità ironiche e in certi momenti perfino allegre di rinnovata attualità. Nel momento in cui scrivo questa recensione ripenso alla notizia di questa mattina su Radio 24 ore, che ha annunciato altri trenta morti nel Canale di Sicilia per naufragio.

Il dramma teatrale prende il nome emblematico da un barcone e il sottotitolo dalla meta, vissuta come la possibilità di una nuova vita, l’unica che resta, il sogno, anche se spesso si traduce in una raccolta di briciole. E’ l’opportunità di coltivare la speranza che però rappresenta il senso del vivere per tanti giovani harraga, brûler, letteralmente coloro che bruciano, ovvero oltrepassano le frontiere clandestinamente, dando ‘fuoco’ a livello immaginario ai confini tracciati per opportunità dal potere. In fondo lo stesso autore, algerino residente a Parigi dal 1991, noto in Francia soprattutto per la sua attività di Drammaturgo (nonché di Romanziere – su Saltinaria.it la recensione de’ “La stella di Algeri”, premio Flaiano Musicista jazz) sostiene che i confini sono fatti per essere messi in discussione.
Interessante l’angolo di visuale oltre che il linguaggio utilizzato, un francese sporcato da termini di strada e lingua colloquiale di frontiera e di disperazione: l’algerino del quotidiano e dei bassi fondi, un po’ di spagnolo, qualche termine inglese e perfino italiano, come ad evocare la lingua sabir che un tempo si parlava nei porti del Mediterraneo.


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"Un pirata piccolo piccolo" di Amara Lakhous

Martedì, 01 Luglio 2014 Ilaria Guidantoni

Il primo libro di Amara Lakhous, scrittore algerino ormai cittadino italiano, risente ancora della rabbia repressa verso il suo Paese che lo ha portato ad andarsene per non assistere al proprio funerale.

Si anticipa bene, come racconta nella postfazione il suo traduttore Francesco Leggìo, l’ambiente urbano, il linguaggio della strada portato alla dignità della letteratura, quella densità del quotidiano vivace quanto talora soffocante, nel periodare lungo che toglie il fiato; esprime un’inconsueta aggressività e volgarità, che sono la protesta di Lakhous verso l’Algeria. Non si è affacciata ancora l’ironia – chiusa nel sarcasmo - e quell’apparente leggerezza dei suoi libri che mescolano drammi e comicità della vita di ogni giorno delle periferie o dei quartieri multietnici delle nostre metropoli italiane, con uno stile inconfondibile che lo stesso utore ha definito ada ‘commedia nera’. Si tratta di un andamento mutuato in qualche modo dalla commedia italiana in termini cinematografici che Amara Lakhous ha trasposto nella letteratura.

Qui tutto è in nuce con una carica di aggressività che ancora non si è placata. Precede e anticipa idealmente il momento della frattura di amara con il suo Paese del quale conserva con amore il patrimonio culturale e linguistico, l’algerino e il berbero, e il suo sogno realizzato poi di diventare scrittore (perché il ‘programma’ delle sue storie successive c’è già). Nello stesso tempo anticipa la rivolta dei giovani del 1988 che scendono in piazza al grido di pane e libertà e quello che sarebbe poi accaduto prima con il decennio nero del terrorismo, quindi recentemente con le rivolte del mondo arabo sotto il segno della dignità – ovvero l’accesso ad un lavoro dignitoso – la democrazia – ovvero la giustizia – e la libertà di espressione, l’unica conquistata in Algeria anche se il grido non è servito a nulla. Non certo a uscire dalla corruzione di un regime malato.

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martedì 1 luglio 2014

A Piacenza Note e parole in blues con Francesco Garolfi e Guido Mattioni

Lunedì, 30 Giugno 2014 Ilaria Guidantoni

Piacenza, 28 giugno 2014
Festival "Dal Mississippi al Po"

Seba Pezzani conduce l'aperitivo di mezzogiorno con il libro di Guido Mattioni "Ascoltavo le maree" successo nato prima in inglese; l’autore ha appena pubblicato "Solo il cielo non ha confini".
Francesco Garolfi

Giornalista agli esordi con Indro Montanelli, ha girato il mondo e soprattutto gli Stati Uniti. Il libro racconta la 'fuga' di un uomo da un grande dolore per ricostruirsi a Savannah, nel profondo sud della Georgia, città della quale è oggi cittadino onorario. Scrittore 'blues' che è stato definito uno scrittore americano che scrive in italiano.

Guido Mattioni
La vicenda racconta la crisi dell'editoria italiana troppo mediatizzata, che si è accorta del valore del libro solo dopo che è arrivato finalista negli Stati Uniti, dove è stato adottato in una prestigiosa università americana per i corsi di italiano. L'ultimo libro racconta una fiction attenta al tema dell'immigrazione clandestina a El Paso (oggi in Texas) nel 1986, quando l'argomento non era così dibattuto. In Italia le prime navi Albanesi sono arrivate nel 1991.

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Incontro musicale letterario a Piacenza, "Dal Mississippi al Po"

Lunedì, 30 Giugno 2014 Ilaria Guidantoni

Venerdì, 27 giugno 2014
Noir metropolitano a tempo di jazz

Seba Pezzani con Gianni Biondillo, architetto, romanziere, musicista per la crescita dell'Africa e Nicola Gaeta medico chirurgo barese, da sempre appassionato di musica, critico di musica jazz, ha scritto un libro sul jazz di oggi a New York, campo inesplorato.


"BAM, il jazz oggi a New York", racconta un matrimonio d'amore mettendo in luce come sia difficile raccontare la città senza parlare di jazz e al contempo come parlando di jazz si passi per forza da New York. BAM è un acronimo che sta per Black American Music, la sigla che si è data un gruppo di musicisti neri legati al jazz ma fuori dai soliti circoli e soprattutto allontanarsi dal jazz bianco anche se questo è qualcosa che risale già a Duke Ellinghton.

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Beviamo un buon libro parliamo di un buon vino


Lunedì, 30 Giugno 2014 Ilaria Guidantoni

"Dal Mississippi al Po", festival musicale letterario a Piacenza e Travo.

Venerdì 27 giugno 2014
Libreria Feltrinelli di Piacenza

Seba Pezzani chiacchiera con William Ferris, scrittore americano esperto di storia del sud degli Stati Uniti, di folclore e di musica afroamericana, raccontando il blues, l'unico vero a suo parere, quello di Mississippi.

Ha scritto tra l'altro "Il blues del Delta". Altro ospite Joe Boyd, produttore musicale il cui nome richiama i Pink Floyd - perché lo scopritore - Nick Drake, Fair Port Convention e a tanti altri. Ha conosciuto molti musicisti che hanno fatto la storia della musica tra gli anni '60 e '70, a Londra. Suo il libro "Le biciclette Bianche" pieno di chicche inedite sul rock di quegli anni". "Non ho bisogno di spiegarvi perché sono in Italia che amo molto. Questo festival mi ha dato l'opportunità una volta di più di confermare che la musica e sopratutto il blues è un linguaggio universale. Inoltre questi appuntamenti sono l'occasione per conoscere personaggi che ci sono vicini territorialmente che però sono difficili da incontrare altrimenti".

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