martedì 29 marzo 2016


Appuntamento aTunisi...all' Istituto Italiano di cultura
"Nonostante il velo" di Michela Fontana
Milano, domenica 3 aprile
ore 17,30
Libreria Verso Libri
corso di Porta Ticinese 40

In Arabia Saudita, il paese più opaco del mondo arabo, le donne sono confinate nel ruolo disegnato dalla Sharia, dipendono a vita da un guardiano, non possono guidare l’automobile e sono segregate nel mondo femminile. Ma dietro questa cortina di ferro, sono proprio le donne a esprimere le più forti istanze di rinnovamento.
È quanto Michela Fontana ha scoperto vivendo e lavorando due anni e mezzo a Riad, durante i quali ha esplorato dall’interno la società saudita, incontrando attiviste, donne d’affari, studentesse, giovani professioniste, islamiste radicali, scrittrici, semplici mogli e madri.
Nonostante il velo è una straordinaria polifonia di voci. Attraverso lo sguardo delle donne racconta i paradossi e le ambiguità del paese che ha ispirato alcuni dei più pericolosi movimenti fondamentalisti, fornendo una chiave di lettura per interpretare un mondo islamico che fatichiamo a comprendere, semplicemente perché non lo conosciamo.
Con l'autrice interviene Gabriella Grasso.

lunedì 28 marzo 2016

L’autistico e il piccione viaggiatore di Rodaan Al Galidi

Scritto da   Lunedì, 28 Marzo 2016 
    L’autistico e il piccione viaggiatore di Rodaan Al Galidi
L’aspetto più singolare è che questo romanzo è scritto in olandese da un iracheno che racconta il suo paese adottivo come un “madrelingua” dello spirito. Ultra-realista nella sua realtà quotidiana
Con qualche lato crudo e disincantato tipico del nord Europa e insieme con un lato fiabesco: una favola dei giorni d’oggi, un inno all’arte che regala la possibilità di volare a chi è imprigionato.
Il romanzo dell’autore olandese Rodaan Al Galidi è vincitore con questo titolo del Premio Europeo per la Letteratura ed è in qualche modo autobiografico, ma solo per lo spirito che lo caratterizza e per la metafora che racchiude. Il suo autore Rodaan al Galidi – che abbiamo intervistato su queste pagine - ha una biografia particolare: nato in Iraq è fuggito dal suo paese natale ed è arrivato in Europa come clandestino, quindi richiedente asilo, l’Olanda gli aveva negato l’accesso ai corsi ufficiali di lingua che ha quindi appreso come autodidatta diventando un autore noto e vincitore di vari premi. L’olandese è divenuto il suo nuovo passaporto, oltre che un modo per ringraziare il paese che lo ha accolto e lo strumento grazie al quale accedere alla visione della vita dalla parte degli olandesi.


Per leggere l'articol intero: http://www.saltinaria.it/recensioni-libri/libri/autistico-e-il-piccione-viaggiatore-di-rodaan-al-galidi.html

venerdì 25 marzo 2016

Cernobbio, Lions club
24 marzo 2016

Con il Presidente Antonella Donia, giornalista
Per parlare di Mediterraneo al femminile e una lettura di auguri di Pasqua da "Viaggio di ritorno. Firenze si racconta" (Oltre Edizioni)

mercoledì 23 marzo 2016

Quando la lingua diventa un passaporto. Conversazione con Rodaan Al Galidi, l’iracheno che scrive in olandese

Scritto da   Mercoledì, 23 Marzo 2016 
    Abbiamo avuto l’opportunità di incontrare l’autore de L’autistico e il piccione viaggiatore, tradotto in italiano e appena pubblicato da Il Sirente – AltriArabi, a Roma presso la libreria Griot di Trastevere, prima di una delle sue presentazioni romane.
Ingegnere elettronico di formazione Rodaan fugge dall’Iraq e, dopo una serie di peripezie arriva in Olanda dove si stabilisce. La sua vita è piuttosto avventurosa perché per scappare dalla guerra finisce, dopo una serie di viaggi, in Thailandia dove ottiene un passaporto falso olandese e tenta di raggiungere l’Australia che era il suo sogno. Viene però fermato perché senza visto e quindi “rientra in patria”, ovvero approda in Olanda dove resta nove anni in un campo profughi prima di riuscire a inserirsi nel Paese.

Per leggere l'articolo integralmente:  http://www.saltinaria.it/interviste/interviste-arte/intervista-a-rodaan-al-galidi-intervista.html


martedì 15 marzo 2016


“Ho visto un rospo” di Wendy Holden

Scritto da   Lunedì, 14 Marzo 2016
“Ho visto un rospo” di Wendy Holden
Romanzo di storie di ordinaria banalità e follia insieme, letteratura dichiaratamente da intrattenimento, per svagarsi e specchiarsi insieme nella quotidianità della società inglese, di scrittori in cerca di ispirazione, precariato lavorativo, famiglie improbabili. Una penna fluida che indugia nelle pagine per chi vuole gustare il tempo senza correre verso un traguardo.
E’ la quintessenza del romanzo, che non vuole insegnare, forse nemmeno far riflettere, ma raccontare per il piacere di narrare. La sua cifra migliore è un’ironia fatta di pungente autoironia, quella goffaggine che si prende gioco di se stessa e che racchiude molto dello spirito inglese, ovviamente in versione 2.0. Donne isteriche, mogli tradite, rapporti di coppia che non funzionano, figli che sono uno status symbol ma più un trofeo da esibire e nel quale rifugiare le proprie frustrazioni o un fastidio quando le cose non vanno come dovrebbero. C’è una nota che è tipicamente legata a quel contrasto tutto inglese tra bisogno di avanguardia e trasgressione non morbosa come quella francese, non allegra e plateale come quella americana, non cruda come quella tedesca o ancora contorta da psicoanalisi come quella austriaca. E’ una trasgressione più spensierata, composta, con qualche velo di nebbia che resta in cielo. Il racconto è spassoso e racconta con la scrittura il problema dell’ispirazione, del successo dei libri presso i lettori che chiedono sesso, un po’ di sangue e di soldi, storie d’amore e di potere, come quella che emerge, di piccoli sogni, talora meschini, della voglia di un buon matrimonio che in fondo, al di là degli usi e costumi, resta sempre la migliore soluzione della vita. Sembra un po’ come la democrazia, l’unico governo possibile per quanto imperfetto.
Per una lettura integrale:
http://www.saltinaria.it/recensioni-libri/libri/ho-visto-un-rospo-di-wendy-holden-recensione-libro.html

mercoledì 9 marzo 2016

Prima tappa romana del mio ultimo libro "Viaggio di ritorno. Firenze si racconta", Oltre Edizioni
Alla Libreria L'Argonauta

domenica 6 marzo 2016


“L’identità” - Titolo originario “Les identités meurtrières” di Amin Maalouf

Scritto da   Domenica, 06 Marzo 2016 
“L’identità” - Titolo originario “Les identités meurtrières” di Amin Maalouf
Una riflessione sull’identità e l’appartenenza, sulla ricchezza della memoria di sé, la sua evoluzione, la necessità del cambiamento che segue la storia e le derive dell’identità unica, della differenziazione per resistere alla cultura dominante che asfalta l’io, a volte per la rabbia che genera il tentativo di prevaricazione. Un libro scorrevole, senza la pretesa di essere un saggio, che non intende sistematizzare il pensiero ma offrire degli spunti per uscire da una situazione claustrofobica e sempre più divaricata che affligge la società contemporanea.
Il punto di partenza che probabilmente ha suggerito il libro all’autore è la sua identità di libanese che ha lasciato il suo paese natale nel 1976 per la Francia, cristiano di lingua materna araba che oggi scrive in francese. Scrittore che non si definisce metà francese e metà libanese perché ogni metà è nutrita dall’altra per un processo di osmosi per cui noi siamo sempre un tutto e non un insieme di pezzi. Trattando della propria identità e della sua appartenenza multipla evidenzia il “dosaggio” complesso e alchemico che nel tempo si trasforma per le varie componenti e tradizioni che costituiscono la vita di ciascuno, evidenziando come le identità molto articolate finiscono proprio nella loro ricchezza per essere marginalizzate. 
Per leggere integralmente l'articolo: http://www.saltinaria.it/recensioni-libri/libri/identita-di-amin-maalouf-recensione-libro.html

martedì 1 marzo 2016

“Meticcio - L’opportunità della differenza” di Bruno Barba

Scritto da   Martedì, 01 Marzo 2016 
“Meticcio - L’opportunità della differenza” di Bruno Barba
Un viaggio nella storia del meticciato che coincide con la storia dell’umanità, un’opportunità prima che un dovere morale. Questa la chiave di un saggio che ha il sapore di un viaggio in prima persona dell’autore, “figlio” di Jorge Amado e di quel Brasile che rappresenta un modello involontario dell’ibridazione come creatività, all’apparenza razzista ma nella sostanza accogliente. Andando a zonzo nello spazio e nel tempo Barba ci regala pennellate colte, mai accademiche, di un dato di fatto mai riconosciuto abbastanza dalla miopia della disonestà intellettuale.


Per leggere l'articolo completo: http://www.saltinaria.it/recensioni-libri/libri/meticcio-di-bruno-barba-recensione-libro.html