martedì 16 dicembre 2014

“Il silenzio e il tumulto” di Nihad Sirees

Ilaria Guidantoni, Lunedì 15 Dicembre 2014 
Un libro snello, colloquiale, senza arabeschi stilistici, nel quale l’autore presenta la propria storia senza alcun camouflage tanto che spesso si rivolge al lettore direttamente, per specificare, per scusarsi, per condividere.
Questo sembra soprattutto l’atteggiamento, un fare discreto e umile che ho riscontrato in altri scrittori siriani, come se di fronte al male, all’inferno della loro terra, si sentissero comunque così piccoli da non reclamare l’eroismo del proprio dolore, della persecuzione inutile. E’ soprattutto questo senso di inutilità, di umiliazione fine a se stessa che sembra ferire il nostro protagonista. Fathi è uno scrittore di successo, autore di una trasmissione televisiva, ormai emarginato perché ribelle, ridotto di fatto al silenzio. Una tranquillità – una conchiglia mi viene in mente, nella quale metaforicamente si rinchiude un altro scrittore siriano, Ben Khalifa nell’omonimo romanzo autobiografico – che lo preserva da fastidi e lo lascia libero. E’ così che vive, nell’ombra cercando pace, soprattutto dal frastuono che allegoricamente è un’altra metafora del potere tronfio, della propaganda che ha oscurato qualsiasi forma culturale e di trasmissione per gridare solo canzoni patriottiche.
La vicenda si svolge in una città caotica, sempre bollente, polverosa, che sfinisce mentre ovunque campeggiano foto del Leader, mai chiamato per nome, perché in effetti è solo un simbolo, un padre cresciuto a dismisura che attanaglia molti popoli che vivono sotto la dittatura. Con un tono di sberleffo il nostro scrittore per il quale non si può non simpatizzare mostra la pochezza e l’assurdità di una macchina che lavora per il nulla, per diffondere amore ed obbedienza cieca e paga un apparato fine a se stesso. E’ l’assurdità più che l’immoralità che colpisce e che accomuna tutte le dittature. L’effetto è forte proprio perché la scrittura di Sirees è senza ambizioni, senza vezzi, senza intenti dichiarati, semplicemente è, testimonianza di vita vissuta. Nihad Sirees infatti, nato ad Aleppo nel 1950 – ingegnere civile e autore di romanzi e diverse sceneggiature per il teatro e la TV – vive in un esilio auto-imposto dal 2012, dopo aver subito la censura siriana. La sua analisi non cede a facili considerazioni, ci risparmia la violenza del sangue e dei pestaggi; è tutta raccolta nel logorio della mente, nella sottile analisi psicologica e nell’acuta osservazione delle parole, quelle usate da un intellettuale e quelle usate da un politico.
La recensione integrale su Saltinaria.it

Martedì 16 dicembre, ore 18.00 Presentazione del libro "A cavallo del vento. Fiabe D’Armenia", Casa delle letterature

Martedì 16 dicembre
ore 18.00

Presentazione del libro

A cavallo del vento.
Fiabe D’Armenia
Raccontate da Sonya Orfalian

di Sonya Orfalian
Argo editore

Presenta Manuela Fraire

Letture di Silvia Bre

sarà presente l’autrice


Casa delle letterature
Piazza dell'Orologio 3 Roma

"Dove si posa il bianco" di Floriana Porta

Ragnatele di luci
ingialliscono ai due estremi
di una preghiera.
Con lo sfiorare l’inverno
fuori di noi,
dove si posa il bianco.


IL LIBRO
Il libro “Dove si posa il bianco” di Floriana Porta (Sillabe di Sale Editore, 2014) ha per centro la somma di tutti i colori dello spettro luminoso: il bianco. Questo colore “primordiale” rappresenta la chiarità che si cela dentro l’oscurità ed è spesso legato all'immagine trascendentale del divino: “Il bianco non è colore di questo o di quell'altro aspetto del divino; è il colore stesso delle divinità” (C. Widmann). Lo splendore del bianco rappresenta la resurrezione e la rinascita, e come la poesia, contiene l’essenza più profonda e più pura dell’anima.


L'AUTRICE
Floriana Porta è nata a Torino nel 1975. Artista poliedrica, si occupa di pittura, poesia e fotografia. È presente in diverse antologie poetiche e ha pubblicato tre sillogi: Il respiro delle ombre, Verso altri cieli, e Quando sorride il mare. Le tematiche cardine della sua poetica sono le riflessioni sull’esistenza, le forze cosmiche e la ricerca dell’essenzialità. È membro della giuria del Concorso Internazionale Poesia Haiku organizzato dall’Associazione culturale Cascina Macondo. Sito web: www.florianaporta.it

La fine delle bugie (e della Milano da bere)

Ilaria Guidantoni, Giovedì 04 Dicembre 2014 


Angelica Russotto, una ragazza degli Anni Ottanta che ha corso tanto

"Novità in libreria, l'urlo orgasmico di una donna alla vita"

La fine delle bugie (e della Milano da bere) è un romanzo in parte autobiografico– a dire il vero non lo so e trovo che la curiosità morbosa verso gli scrittori sia inutile e talora dannosa anche ai lettori – della Milano di un decennio fiammeggiante. Quello che si ritrova al di là delle vicende specifiche delle due protagoniste, Gloria e Pamela, detta Pam, la prima voce narrante, la seconda alter ego e forse una parte della stessa Gloria, ma anche due volti dell’autrice, è una città simbolo di un periodo nel quale siamo vissuti al di sopra delle possibilità. E’ stato il tempo nel quale tutti correvano, con il piacere di correre e di raggiungere la meta del successo e del denaro, del godimento, mentre oggi si rincorrono le cose sapendo di non arrivare mai a destinazione. Sono gli anni delle bugie o meglio delle illusioni. Il libro è il seguito del primo romanzo di Angelica Russotto Quando Milano era da bere, anche se io lo ritengo un testo che si può leggere da solo e che forse più il marketing editoriale e i lettori hanno il piacere di mettere in fila. E’ meno importante, a mio parere, per un autore dare un ordine.

La vicenda parte a metà degli Anni Ottanta e si conclude con il capodanno del ’90 nel quale si intravede la consapevolezza dichiarata dalla scrittrice che il mood scintillante sarebbe venuto meno e già il Craxismo lascia il posto alla caccia alle streghe targata Di Pietro. C’è perfino il testamento musicale di quel decennio citato ampiamente da Raf, lontano dall’andamento trasgressivo e divertente di “Self control”. E’ tempo di bilanci che coincidono nella vita della protagonista con il passaggio dall’essere ragazza al diventare donna. I cinque anni che chiudono un periodo distratto, nel quale gli Italiani si sono persi ma anche divertiti, sono cruciali sia per i personaggi del libro sia per Milano. Cinque anni nei quali alcune porte si chiudono e altre si aprono.

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giovedì 11 dicembre 2014

Sabato 13 dicembre 2014 "Marsiglia-Algeri, viaggio al chiaro di luna" a Lecce, ore 17.30


“La donna che partorì uno scorpione” - Giovedì 11 dicembre a Roma

Giovedì 11 dicembre 2014 - ore 18
Palazzo Santa Chiara - piazza Santa Chiara 14, Roma
Presentazione del libro di racconti
“La donna che partorì uno scorpione”
di
Francesca Di Martino

Marsilio Editori

lunedì 8 dicembre 2014

Martedì 9 dicembre "Una città una rivoluzione. Tunisi e la riconquista dello spazio pubblico" a Roma

MARTEDI' 9 DICEMBRE ALLE 17.00

UNA CITTA' UNA RIVOLUZIONE. TUNISI E LA RICONQUISTA DELLO SPAZIO PUBBLICO 
di Chiara Sebastiani

(Luigi Pellegrini Editore, 2014)

presso la
SOCIETA' GEOGRAFICA ITALIANA
PALAZZETTO MATTEI IN VILLA CELIMONTANA
VIA DELLA NAVICELLA 12 - AULA GIUSEPPE DELLA VEDOVA
nell’Aula “Giuseppe Dalla Vedova” di Palazzetto Mattei in Villa Celimontana (Roma – Via della Navicella n. 12).

giovedì 4 dicembre 2014

“Milano meravigliosa” Storie quotidiane della città meneghina di Ermanno Accardi

Ilaria Guidantoni Martedì, 02 Dicembre 2014

Uno sguardo sulla città e nella città semplice come quello di un bambino trapiantato dalla Sicilia ancora piccolo al nord. La storia di un innamoramento, ma soprattutto di un’appartenenza non per scelta ma per indole, per smentire il detto che milanesi si nasce. Al contrario Ermanno Accardi milanese diventa e assapora attraverso le storie di tutti i giorni questo cuore pulsante d’Italia non perché eccezionale. Semplicemente perché è.

E’ un libro che scorre, piacevole e fluido, non leggero ma senza intoppi, contorsioni, difficoltà. Ben scritto ci trasporta nella semplicità di storie di tutti i giorni, una sorta di viaggio a tappe, episodi che ricostruiscono la storia di un bambino – l’autore – giunto a Milano per lavoro del padre piccolo da Caltanisetta. Arrivato inconsapevole, come nella sua tappa romana, non sicuramente per scelta, assapora la vita che scopre dalla parte dei milanesi e piano piano ne scopre la sua appartenenza come un figlio adottivo.

E’ un testo ben scritto con qualche espressione in dialetto locale, mai forzata, ben dosata e metabolizzata. C’è una vena di malinconia per quella Milano che non c’è più e che forse l’autore ha sentito raccontare più che vedere direttamente, ma c’è anche la stagione dell’infanzia e dell’adolescenza che ormai svanite si confondono con quella Milano che era o che forse era per Ermanno. C’è un buon equilibrio tra il protagonismo dell’autore e l’affresco che emerge di un mondo, di una società, cuore pulsante negli Anni Ottanta dell’Italia dell’edonismo e delle grandi illusioni, con qualcosa che resta in sospeso tra l’invenzione, la docufiction e il reportage, ma questo è anche il mestiere di Accardi.

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“La fine delle bugie”. A Milano tornano gli Anni Ottanta con il nuovo libro di Angelica Russotto

Milano - venerdì 28 novembre 2014 - ore 19,30 - al Circolo Ufficiali, presso Palazzo Cusani, ingresso da Via Del Carmine 8/ang. Via Brera - per la serie "Aperitivo con l'autrice", Angelica Russotto ha presentato il suo nuovo romanzo La fine delle bugie (e della Milano da bere).

Per una sera tornano gli Anni Ottanta, lì dove sono nati, nel cuore di Milano dov’è venuta alla luce anche l’espressione con la pubblicità dell’Amaro Ramazzotti, che ora italiano non lo è più. Un decennio rimpianto, goduto e denigrato. Sono stati gli anni della liberazione dopo quelli impegnati del 1970. Angelica Russotto con il sequel torna, in modo più riflessivo, a parlarne in presa diretta, facendo luce su se stessa oltre che su un angolo d’Italia e che oggi nessuno vuole più riconoscere. L’autrice sembra divertita e convinta di restituire a quel periodo dignità.

“Anni non repressivi, ma certo oppressivi gli Anni di piombo”, come racconta Ugo Stella che firma la prefazione e ci riporta al clima di quegli anni. Il decennio precedente si può dire concluso con il rapimento e l’omicidio dell’onorevole Aldo Moro che apre una nuova stagione, quella dell’inflazione certo, di molte bugie e forse sarebbe meglio chiamarle dolci illusioni, voglia di frivolezza e di abbandono, ma anche di capacità e di possibilità nel senso della vitalità, di credere che tutto sia possibile, forse un po’ troppo. Sono gli anni nei quali la tecnologia si afferma pesantemente nella vita quotidiana e cambia il mondo della comunicazione, in fondo il nostro modo di essere.

La stessa scelta di Palazzo Cusani, nel centro di Brera, dove la cultura impegnata e ribelle degli anni ’70 ha lasciato il posto a quella sofisticata delle gallerie d’arte e dei negozi trendy fa rivivere quell’atmosfera che non c’è più.

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venerdì 28 novembre 2014

"Marsiglia-Algeri, viaggio al chiaro di luna" di Ilaria Guidantoni

Presentazione in anteprima a Roma 

Mercoledì 10 Dicembre 2014 ore 18.00

Libreria L’Argonauta
Via Reggio Emilia 89

Algeri, la “Bianca”, una città avvolta in una luce di struggente bellezza, ancora chiusa nella paura del terrorismo e nell’orgoglio della guerra d’Indipendenza, perennemente in bilico tra l’anima autoctona - con le donne quasi tutte velate e truccatissime - e la tentazione francese, con l’intellighentia algerina espatriata in Francia, i giovani che vanno a Parigi per vestirsi e il Paese che coltiva un buon francese, parlandolo quasi più dell’arabo. Questo terzo libro della collana REvolution di Albeggi Edizioni, Marsiglia-Algeri, viaggio al chiaro di luna (364 pagg., 16 euro, ISBN 9788898795062), racconta un Paese affascinante e criptico: l’Algeria. La firma è quella della giornalista Ilaria Guidantoni, che ha già pubblicato per Albeggi Edizioni sulla transizione tunisina e si cimenta nuovamente col Mediterraneo, verso cui nutre una grande passione. Il viaggio si sviluppa ascoltando le voci di femministe, intellettuali, artisti e imprenditori; osservando il dialogo interculturale e interreligioso; esaminando le opportunità di sviluppo sotto il profilo politico, economico, di cooperazione, del turismo. Attraverso questo viaggio l'autrice prova a immaginare il futuro dell'Algeria se essa saprà riconquistare l'anima mediterranea, diventando un punto di riferimento a livello internazionale in materia di politica energetica, lotta al terrorismo nel Nord Africa e valorizzazione delle minoranze linguistiche. Il volume raccoglie anche una selezione di fotografie in bianco e nero dell’Algeri di oggi, scattate dalla stessa autrice e da Maria Paola Palladino, arabista e islamista, Presidente dell’Associazione italo-algerina Jawhara, che ha collaborato al reportage. 

Il libro viene presentato in anteprima a Roma il 10 dicembre alle 18 presso la Libreria l’Argonauta, in Via Reggio Emilia 89. Sarà acquistabile dallo stesso giorno presso il sito www.albeggiedizioni.com e dalle principali librerie online e sarà in vendita nelle librerie e scaricabile come ebook ad inizio gennaio 2015.

venerdì 21 novembre 2014

In libreria "Storia di una matita. A scuola" di Michele D'Ignazio

Titolo: Storia di una matita. A scuola
Autore: Michele D’Ignazio
Editore: Rizzoli
Pagine: 144
Anno di pubblicazione: 2014
Prezzo di copertina: 8,90 euro

Lapo diventa supplente d’arte in una scuola elementare e si ritrova con una classe speciale di soli otto alunni, ma ognuno fatto a modo suo: c’è Paolo che pensa solo al calcio, Pamela che parla poco, Tommaso che ha paura di tutto e si mette le dita nel naso… E poi ancora Sabrina, Dario, Matilde, Carla e Filippo. Anche Lapo, però, è un maestro particolare, che non assomiglia molto agli altri insegnanti. Lui i bambini li fa disegnare sul cemento del cortile, li ascolta, li porta al lago e, in barba a compiti e programmi, li incoraggia a creare mondi nuovi dove il confine fra realtà e immaginazione si fa molto ma molto sottile.


Per saperne di più

Video della presentazione del libro Violè di Angela Micieli alla libreria L'Argonauta di Roma, 5 novembre 2014


martedì 18 novembre 2014

“Sissi Boy” di Francesca De Angelis

Ilaria Guidantoni, Lunedì 17 Novembre 2014

La conferenza del signor S. G.
Monologo teatrale

di FRANCA DE ANGELIS

Liberamente ispirato alla storia vera di Kirk Andrew Murphy

Un testo scritto per il teatro, un monologo con lo spirito e il ritmo di una commedia, il contenuto e l’esito di una tragedia. E’ anche un esempio di teatro giornalistico, in parte strutturato come una conferenza, come una testimonianza-confessione e una cronaca.

Recensito per Saltinaria.it in occasione della rappresentazione teatrale di Galliano Mariani a Castrovillari per il Calabbria Teatro Festival che si è tenuto dal 16 al 9 ottobre scorso – riproposto recentemente a Milano al Filodrammatici nella rassegna Illecite visioni – ho voluto leggere il testo di Franca De Angelis perché ho intuito che le parole ascoltate dal palcoscenico meritassero di essere “ruminate”, ascoltate nel silenzio, dilatate. Il testo di Franca De Angelis, pescarese, sceneggiatrice per il cinema e la televisione, è incisivo, pungente, con un’ironia che in certi momenti è dilagante; in altri graffiante, crudele, con accenti di lirismo e di tenerezza. Condensa con grande abilità tecnica, in poche pagine una storia rendendola leggibile, come un racconto, non semplicemente come un copione da portare in scena; tanto che a mio parere meriterebbe di diventare un racconto lungo o un romanzo breve. Ne ha tutti gli ingredienti; basta solo cambiare la cottura per avere un piatto nuovo. Probabilmente questa capacità le è dovuta anche alla sua esperienza da entrambe le parti della barricata.

Trasferitasi a Roma, infatti, a diciotto anni, dove ad oggi vive e lavora, ha trascorso qualche anno come attrice e aiuto regista, diventando poi sceneggiatrice per il cinema e la televisione (collaborando con registi come Carlo Lizzani e Giuliano Montaldo). Il cortometraggio da lei scritto “Senza parole” ha rappresentato l’Italia agli Oscar nel 1997 e ha ricevuto il David di Donatello. Per le sale è autrice fra l’altro del film “La vespa e la regina”, con Claudia Gerini. Dopo aver lavorato a lungo – e con successo per la tv – si è recentemente si è avvicinata alla drammaturgia teatrale con “Sissy boy” (prima rappresentazione al Festival dell’Incanto, con Galliano Mariani, regia di Anna Cianca), tra altri lavori.

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“Il sarto” Di Dedo di Francesco

Ilaria Guidantoni Domenica, 16 Novembre 2014

E’ appena uscito Il sarto di Dedo di Francesco, romanzo storico ambientato in un arco di tempo che dagli Anni ’30 del Novecento arriva agli Anni ’60 seguendo sullo sfondo le vicende di un’Italia in profonda trasformazione che l’autore conosce bene per la sua passione storica e che ci illustra senza nozionismo, ma con la passione del cronista delle “piccole” storie.

E’ così che incrocia fatti storici realmente accaduti con vicende di fantasia e romanzate. Scorrevole, vivace, scritto in un buon italiano, non di maniera ma elegante, racconta la vicenda di una sartoria della città di Terni, già negli Anni ’30 realtà industriale, che fin dal Dopoguerra accusa il colpo di un’economia sbilanciata sull’acciaio, quando la richiesta di un’economia non è più improntata alla produzione di armamenti. Si riconverte. In qualche modo è la storia dell’Italia di sempre, di piccoli soprusi e arroganza; di piccoli favori e raccomandazioni a fin di bene; di rovesciamenti per non cambiare nulla, per cui l’arroganza passa dai Fascisti ai Comunisti e la violenza resta la stessa. E’ un racconto di amicizie profonde tutte al maschile, per la scelta del soggetto, una sartoria da uomo, ma forse anche perché svela un cameratismo che oggi si è perduto.

 Al centro il rapporto tra allievo e maestro, quando ancora esistevano i maestri di vita, quando un mestiere era una vocazione. Il mondo di Dedo di Francesco non è un mondo migliore, è però autentico ed è un luogo dove sono chiari i punti di riferimento, le scuole, quella del lavoro e quella della parrocchia o ancora, quella del partito. E’ un’Italia dai sentimenti chiari e forti che dal 1930 al 1960 muore e risorge, ma perde inevitabilmente un po’ di entusiasmo e non crede più così tanto nel futuro. Storie di un’ordinaria disillusione, diremmo oggi, che leggiamo gli Anni ’60 come favolosi. La riflessione dei personaggi ci dice che non è l’età che avanza che spenge il desiderio, ma la prospettiva che muta il nostro sentire.

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giovedì 13 novembre 2014

“Quelli che restano” di Paola Musa

Ilaria Guidantoni Lunedì, 03 Novembre 2014

Continua il viaggio tra gli ultimi di Paola Musa, un lavoro ben documentato, attento, scabro ma non scabroso, una scrittura, asciutta e ruvida senza volgarità. Nel libro non si fanno sconti, ma resta la delicatezza, un filo di speranza e una lezione di umiltà. Un mondo molto particolare ed in fondo una storia di tutti i giorni che magari ci passa accanto senza accorgercene. La Roma che vive dietro le sbarre, un femminile in grigio.

Quelli che restano perché non se ne possono andare e quelli che restano per dovere: entrambi prigionieri dei propri errori, siano colpe o responsabilità, a volte assunte con troppa leggerezza o fardelli che non sempre si è in grado di sostenere. La spiegazione del titolo arriva in chiusura. La storia racconta la vita degli ultimi, una giornata lunga ed estenuante che sembra non finire mai, una di quelle che cambiano la vita nella Roma emarginata.

Il libro ci svela anche la scrittrice Paola Musa, la sua delicatezza che sembra quasi contrastare con il suo impegno civile e sociale, perché Paola non agita bandiere, non grida, non si mostra in vetrina: porta avanti le sue battaglie con le parole, con ricerche sotterranee, cercando angoli di visuale insoliti che nessuno osa sfiorare, perché magari non fanno notizia o non sono ammiccanti, violenti e scandalosi. Non sono scontati. Eppure in questa storia, ambientata quasi totalmente nel reparto femminile di un carcere, c’è tutto questo. La sua scrittura è una denuncia, velata, mai volgare con una scrittura sobria, semplice e le cui asperità ci raccontano un mondo disperato, affranto, grigio e prigioniero spesso di se stesso: sia il proprio passato, sia la propria incapacità a reagire, sia semplicemente la stanchezza, una dimensione che troppo spesso sottovalutiamo nella nostra vita.

Il libro ha un pregio, tra gli altri, l’originalità del punto di vista dell’analisi psicologica del sé e del rapporto di coppia, attraverso una vicenda sociale, la vicenda di un uomo e di una donna logorati dalla quotidianità nella quale hanno un peso decisivo banalità che non si rivelano tali, come gli orari di lavoro che non combaciano.

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lunedì 10 novembre 2014

“Gran caffè Cirenaica” di Dedo di Francesco

Ilaria Guidantoni Sabato, 08 Novembre 2014

Il canto del cigno di un barista che rivede la sua vita nel microcosmo di un caffè che è diventato la sua famiglia, scandito da incontri, conversazioni e la storia d’Italia, quella vissuta, del Ventennio, della Guerra e del ritorno alla vita, la ricostruzione e l’attività febbrile. La buona letteratura di un tempo, di intrattenimento intelligente, un libro ben scritto, curioso e gustoso, ben documentato.

Gran Caffè Cirenaica è un affresco di un piccolo grande mondo in movimento, rivissuto nella memoria e quasi in una dimensione onirica da uno dei due baristi, Aurelio, sentimentale e appassionato della vita, che ha trascorso la propria facendo del caffè l’orizzonte. Un lavoro semplice che in un momento di precarietà e disaffezione per il mestiere, di litigiosità, ci racconta e ci ricorda il senso della dignità legata al mestiere (di vivere). In fondo, specialmente per chi non costruisce una propria famiglia, come il protagonista di questa vicenda, il lavoro è il proprio baricentro, l’eredità che si lascia ed è prima di tutto incontro di persone.

Il libro è la storia di una grande amicizia tra il proprietario del caffè e il barista nel senso nobile in cui la intendeva Seneca, non solo la complicità, la voglia di godere insieme i momenti liberi e di essere solidali nella confidenza e nel bisogno; anche una “società” aperta agli altri, di supporto ai più deboli e a chiunque ne abbia bisogno. Ancora la testimonianza che non esistono mestieri inutili – tanti sono quelli che vengono alla luce dalle conversazioni con gli avventori – o banali. Dipende tutto da come si vivono e perfino la prostituzione può avere una sua dignità e una sua redenzione. C’è nel libro uno sguardo benevolo verso l’umanità, che è misericordia non buonismo, perfino ironia verso le debolezza, ma prima di tutto accoglienza.

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Davanti ad un bicchiere con Angelica Russotto

 Ilaria Guidantoni Giovedì, 06 Novembre 2014

Ho incontrato Angelica Russotto quando mi ha regalato il suo primo libro, Quando Milano era da bere, dicendomi che era alla vigilia di una nuova pubblicazione, La fine delle bugie, in uscita il 10 novembre prossimo, un sequel che forse lascia intendere una terza tappa. Questa nuova avventura è preceduta da una campagna fotografica su fb, “Non solo la faccia”, titolo ironico e degno di una pubblicitaria qual è stata Angelica nella sua prima vita, per dire che in questa storia lei è pronta a giocarsi tutto, a dispetto del politicamente corretto.
Facciamo un passo indietro per conoscere Angelica negli Anni Ottanta, periodo nel quale è ambientata la sua prima storia (recensita su Saltinaria) e capire come nasce l'idea del libro.

«Negli Anni Ottanta, perlomeno in quelli descritti nel mio libro, tra l'84 e l' 86 io avevo 25-26 anni. Succedevano molte cose intorno a me, sia sul piano professionale sia su quello personale, da lì, da questo tumulto nasce la voglia di fermare quei momenti, di metterli a fuoco, un deside-rio provato subito in quel periodo, poi lasciato nel cassetto per molto tempo, sebbene il desiderio non si sia mai placato. Ormai era divenuto un’esigenza interiore. Finalmente ho realizzato il mio sogno pubblicando il mio primo libro, uscito nel 2013. In quel periodo lavoravo per una casa editrice, nel settore economia, occupandomi della parte commerciale. Quel lavoro mi ha dato modo di conoscere molti manager, dirigenti e venire a contatto con un mondo economico che andava a gonfie vele».


Era la Milano da bere, come tutti oggi diciamo, come c’è stata la Roma della Dolce vita e ce ne siamo accorti sempre sul finire. Ma qual è l’origine di quest’espressione?
«In quegli anni nei quali – non dimentichiamolo -la pubblicità ha avuto una fortissima espan-sione, soprattutto per l'avvento delle tv commerciali, era guardata con molta curiosità. Uno Spot dell'Amaro Ramazzotti illustrava in alcuni fotogrammi la Milano dinamica, delle sfilate di moda, dei bar e la voce fuori campo diceva: “Amaro Ramazzotti, Milano da bere”, uno slogan che ha marchiato in modo indelebile gli Anni ‘80.
Il libro ha avuto un buon successo, la critica che mi è stata rivolta è che ci si appassiona alla storia di queste due amiche, Gloria e Pam, e alle loro avventure e scorribande milanesi, para-gonate alla Thelma e Louise dei navigli dal “Corriere della Sera” che per primo ne ha scritto la recensione, da dove è partita la sollecitazione a scrivere un Sequel, in uscita».

L'intervista completa su Saltinaria.it

mercoledì 5 novembre 2014

"Quando Milano era da bere", di Angelica Russotto

Ilaria Guidantoni Mercoledì, 29 Ottobre 2014

Uno spaccato della Milano Anni Ottanta, la stagione dell’edonismo, crasso e craxiano, con una dose di qualunquismo che ha portato all’implosione della società bene e non perbene.

A guardarli oggi si prova perfino tenerezza. Erano così sfacciati. C’era però il gusto della vita, che l’autrice sembra voler ricordare e non aver perso, ché per vivere di ricordi era sempre troppo presto. Il godimento era a portata di mano e la voglia di giocare con la vita in modo spericolato sempre dietro l’angolo. Finalmente il riconoscimento del desiderio della soddisfazione: buone intenzioni o almeno lecite e comportamenti scorretti. Vizi privati e pubbliche virtù verrebbe da dire citando il sottotitolo de’ La favola delle api di Mandeville, ambientata nella Londra del Settecento. Un grande circo dove, come si dice nel libro, nessuno si sottrae al gioco ma occorre far attenzione per non venir sbranati dai leoni che lo abitano. Il messaggio delle righe finali è quello che resta del libro e di quegli Anni Ottanta: è importante cominciare a stare fermi perché si è corso tanto, troppo, travolgendo, tutto e soprattutto se stessi in una grande ubriacatura di leggerezza che ha finito per corrompere perfino il piacere e renderlo disperazione.

Come mi ha raccontato l’autrice, Angelica Russotto, era un libro che aveva in mente dal finire di quel decennio spericolato e di successo del quale è stata protagonista, con soddisfazione e qualche capogiro.

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“Siracusa”. Dizionario sentimentale di una città, di Giuseppina Norcia

Ilaria Guidantoni Mercoledì, 29 Ottobre 2014

Una passeggiata attraverso il tempo con la voglia di rendere viva Siracusa e non solo vetrina e museo di un passato lontano; lo sguardo colto, puntuale, con dovizia di riferimenti ed insieme una guida insolita per conoscere la città, l’angolo della Sicilia del sud-est, chiasmo greco-arabo, confluenza di due mari, terzo polo tra Catania e Palermo, imponenti e assolutiste. Non un saggio, ma un racconto in presa diretta, a tratti divertito, che spazia dai monumenti ai personaggi più lontani come Archimede e Platone quanto vicini come Elio Vittorini. Un mosaico che ci viene restituito nella sua interezza, tra sapori, profumi, ricette, note storiche e di costume e la voglia di renderne l’unicità.

Ogni libro, prima di essere il contenitore di informazioni, è un incontro e il mio è doppio, con la Siracusa dei miei anni liceali e con una sua concittadina. La città, che ho visto solo una volta, tutto sommato distrattamente, è un ricordo profondo ed emozionale perché è stato l’incontro con la tragedia greca che resta a mio parere il fondamento del teatro, a tutt’oggi di grande attualità. Tra l’altro Siracusa è molto nota in Tunisia dove c’è una collaborazione stretta con l’Istituto del Dramma Antico e sicuramente sono più i Tunisini che gli Italiani che la conoscono. La Siracusa che ho conosciuto “greca”, l’ho riscoperta “araba”. Bene, questo libro di Giuseppina Norcia illustra il dialogo e l’intreccio tra queste due culture dove gli “antichi Francesi” hanno inserito il proprio contributo. Forse per noi è più nota l’eredità greca, almeno in quella parte della Sicilia. L’altro incontro legato a questo libro è quello con la scultrice siracusana Roberta Conigliaro, amica dell’autrice, che me l’ha regalato insieme a suggestioni di questo mondo che ho ritrovato nelle sue terrecotte.

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mercoledì 29 ottobre 2014

"Naufragi" - Letture ad alta voce a Napoli

Napoli, Palazzo PAN

Letture ad alta voce

Venerdì 31 Ottobre 2014, ore 19.15


"Naufragi"

Claudiafederica Stella Petrella legge "Le Voyage" di Charles Baudelaire e la poesia la "Sopravvissuta" da "Prima che Sia Buio" di Ilaria Guidantoni

Emergenza Ebola, in libreria l'Istant book del fotoreporter Sergio Ramazzotti


“Les belles de Tunis” di Nine Moati

Un romanzo e un affresco storico lungo mezzo secolo della vita di Tunisi, una ricostruzione minuziosa della topografia della città, dei luoghi, della vita quotidiana, di quel melting pot che era soprattutto e che forse non è più la Tunisia.
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“Les belles de Tunis”
Di Nine Moati
Cérès Editions
Tunis, 2004
10,50 dinari tunisini

giovedì 2 ottobre 2014

“Perché finisce quando finisce?” di Mariù Safier

Ilaria Guidantoni Mercoledì, 01 Ottobre 2014 

La rivista femminile “Confidenze” ha conservato l’antica abitudine di pubblicare testi letterari di facile e veloce lettura. Uno degli appuntamenti della rubrica “Il nostro romanzo d’autore” è con Mariù Safier e il suo racconto “Perché finisce quando finisce?” dedicato ad un tema che negli ultimi tempi sta riscuotendo non poche attenzioni, forse perché le relazioni affettive si sfaldano con più facilità, per non parlare dei matrimoni. Tanto che sull’argomento si sono scritti addirittura testi più o meno seri su come lasciarsi e come sopravvivere ad un abbandono o a un fallimento.

Mariù, con l’eleganza e la delicatezza che la contraddistinguono, affronta l’argomento con tenerezza, e un certo romanticismo, soprattutto con una nota di speranza. L’autrice è convinta che l’amore autentico non finisce quando e perché ci si lascia ma è un fuoco che cova sotto la cenere e vale sempre la pena riattivare.

La recensione integrale su Saltinaria.it

“Reportage dall'Egitto” di Antonella Colonna Vilasi

Ilaria Guidantoni Mercoledì, 01 Ottobre 2014

Tra rivoluzioni in sospeso, servizi segreti e primavere arabe.

Un reportage, schietto, sul campo, fruibile sull’Egitto dall’inizio del fermento rivoluzionario alle soglie degli 2014, attraverso voci diverse di interviste anonime.

Il libro è stato presentato, tra l’altro, a Roma in una Rassegna dedicata alle “Primavere arabe”, organizzata da Alessandro Lisci la scorsa estate alla Libreria Mondadori di Via Piave ed io ho avuto il piacere di condividere l’appuntamento con Antonella Colonna Vilasi, presidente del Centro Studi sull'Intelligence – UNI, della quale avevo già presentato un libro, ancora una volta dedicato al tema dell’Islam, anche se da un altro punto di vista.
Fatta questa premessa di contesto, il libro è uno strumento snello, scritto con una scrittura scorrevole e piana nel quale l’autrice si limita ad una breve introduzione e a qualche commento finale per lasciare totalmente spazio ai protagonisti anonimi delle sue interviste ai quali rivolge domande scarne, dirette e semplici. Reportage dall’Egitto, in perfetta coerenza con il titolo, si annuncia come una serie di istantanee che ci restituiscono un paese in fermento dal gennaio 2011. Si tratta forse del paese che più ha interessato l’Europa, al di là dei singoli fatti per varie ragioni, forse per l’aspetto domestico legato alla grande affluenza turistica e alla sua storia conosciuta universalmente; non solo, si tratta di un paese cerniera strategico rispetto al Medioriente e da sempre all’attenzione prioritaria degli Stati Uniti.
L’esordio della scrittrice pone la rivolta egiziana che la Vilasi chiama rivoluzione – mentre io la ritengo una rivolta come a mio parere traspare dalle stesse interviste contenute nel testo, quale in primis l’assenza di un leader – nell’ambito delle rivolte che hanno travolto nel 2011 Tunisia, Libia, Yemen ed Egitto, appunto. Rispetto a questi paesi posso parlare solo della Tunisia sulla quale ho scritto alcuni libri; gli altri paesi non li conosco, fatta eccezione per l’Egitto del quale ho avuto in più occasioni assaggi turistici.

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Dall'8 al 14 ottobre Paul Polansky in Italia presenta "Rockets"

ROCKETS
di Paul Polansky
illustrazioni di Stephane Torossian
traduzioni di Claudia Ambrosini


Paul Polansky, Premio 2004 della Città di Weimar per i diritti umani su candidatura di Günter Grass, pubblica con Albeggi Edizioni il suo ventottesimo libro, una raccolta di poesie in italiano e inglese sul recente conflitto tra Israele e Palestina. Polansky, americano, giornalista e scrittore, è noto per aver portato alla luce la verità sull’olocausto in Repubblica Ceca durante la Seconda Guerra Mondiale e per la sua battaglia per i rom rifugiati in Kosovo. Paul è però anche conosciuto per la sua peculiare “tecnica” di studio e reportage, come nel caso del discusso Homeless in America, libro che ha fatto scalpore sia per la crudezza dei racconti che per la scelta di Paul di vivere per lungo tempo insieme ai senzatetto americani per poter raccogliere la loro storie e immedesimarsi completamente nelle loro vite. 

L’autore sarà in Italia per presentare il libro dall’8 al 14 ottobre. 

La presentazione di lancio sarà a Roma mercoledì 8 ottobre presso la Libreria L’Argonauta; il 9 ottobre Polansky sarà al Festival Logos di Roma, il 10 ottobre a Piacenza presso il Piccolo Museo della Poesia, l’11 a Pavia ospite del Festival “¾ di weekend”, il 12 ottobre a Napoli, al Caffè Arabo, il 13 ottobre a Salerno presso la Fondazione Alfonso Gatto

Gaza, luglio 2014. L’uccisione di tre ragazzi israeliani scatena nuovamente il conflitto tra Israele e Palestina. A farne le spese è il popolo della striscia di Gaza, soprattutto i bambini: ne restano uccisi 500, oltre 2000 le vittime totali, 100.000 le persone che restano senza una casa. Da parte israeliana le vittime sono 67. E’ una guerra che non risparmia niente e nessuno, neppure luoghi intoccabili come scuole dell’Onu e ospedali. Paul Polansky decide di pubblicare una raccolta di poesie nelle quali prende le distanze dal Governo di Israele e dall’uso indiscriminato della forza. Le sue poesie sono ironiche, grottesche, taglienti. Egli ricorda la necessità di andare alla fonte del conflitto, alle sue cause, che risiedono nella protratta occupazione israeliana dei territori palestinesi, ma richiama anche la necessità di trasformare la resistenza violenta palestinese in resistenza passiva, non violenta.  Le mie poesie non abbracciano, nè condividono, in alcun modo, la resistenza violenta – scrive nella sua introduzione - se Hamas avesse seguito l’esempio di Martin Luther King adesso avrebbe il suo Stato. Un libro controverso, proprio come il nome di questa collana di poesia. La poesia civile è affilata come lama di coltello e a nulla serve censurarla o mitigarla. La poesia che serve scava le coscienze e può esistere solo se conserva questa funzione contro tutti gli equilibri, le convenzioni e gli opportunismi.

Il libro è distribuito nelle librerie italiane da NdA/PDE.  E’ ordinabile dal 1 ottobre dal sito dell’editore www.albeggiedizioni.com e dalle principali librerie online e sarà presto disponibile anche in ebook per tutti i dispositivi. 

“Violè”, di Angela Micieli

Ilaria Guidantoni Martedì, 30 Settembre 2014

Il primo incontro con Violè è stato in occasione della II Edizione Diritti in Scena – che si è tenuta al Teatro Italia di Roma, domenica 18 maggio 2014 – e che è risultato uno degli spettacoli vincitori. Prodotto da Khoreia 2000, Viole’ di e con Angela Micieli per la regia di Rosy Parrotta, è stato uno spettacolo fortemente caldeggiato da me che ero in giuria soprattutto per il testo. Ho letto quindi con interesse il libro confermando una piena rispondenza con la messa in scena che focalizza l’attenzione proprio sul racconto intimo nel quale i dialoghi sembrano raccontati dalla protagonista in un diario, una dolorosa anamnesi.

Violè è un nome, quello della protagonista, una parola troncata che richiama un nome, una parola spezzata che indica violenza. Violetta come i fiori preferiti della mamma, il suo profumo preferito, la violetta di Parma, che alla ragazza dà la nausea, come la signora delle camelie, come la traviata, “Violetta uccisa dall’ipocrisia del perbenismo, dai pregiudizi”. Un racconto semplice, ben strutturato, che ha un buon ritmo, commovente ma non lacrimevole perché il messaggio della protagonista non è né di rivalsa, né di denuncia, è di coraggio senza riscatto; fatto di generosità e di curiosità. E’ la riaffermazione più alta della dignità umana, la conoscenza condivisa che sarà la vocazione di Violè.

Dietro questa ambivalenza si snoda la vicenda. Una donna si racconta, mette a nudo i suoi ricordi tanto lontani quanto dolorosi, si rivela per quella che è fuori dagli schemi, mostra le sue angosce, le sue paure, ma anche il suo andare avanti nonostante tutto.

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lunedì 29 settembre 2014

“Nessuno doveva sapere Nessuno doveva sentire” di Giovanna Mulas

Ilaria Guidantoni Mercoledì, 24 Settembre 2014

Prefazione di Xavier Frìas Conde, illustrazioni di Pinina Podestà, postfazione di Daniela Micheli, musiche di Gianluca Rando

Il titolo suona come un manifesto al contrario, una negazione che la programmazione neuro-linguistica insegna che programma la mente al contrario. E’ quello che non sarebbe dovuto succedere, ma che accadendo inevitabilmente porta conseguenze nefaste. Il tema è quello dell’omertà popolare che nasconde ma non elimina lo scandalo. Anche perché è la vita, sembra dirci l’autrice, che è scandalosa in sé, che è meraviglia, sogno e delirio. Nasce dal cuore e dalle carne nella stessa proporzione e quindi dal sangue e nel sangue torna, con la violenza della morte. C’è una dimensione aspra nella scrittura di Giovanna Mulas, incantata e travolta dal vivere, mai rinunciataria al sogno anche con il rischio di addormentarsi e avere un incubo perché questo significa esistere: essere senza sconti. Non basta tacere, nascondersi, farsi finta di: la vita prima o poi scoperchia le parti più buie e non c’è nessuna gravidanza che possa essere celata per sempre, malgrado le bende strette intorno al ventre. Dimenticare e perfino uccidere non serve a cancellare la memoria, perché la vita cosmica sopravvive a noi e sembra perseguitare i nostri peccati anche quando pensiamo di averla scampata, come succede ad un notaio che ha ignorato la donna e il figlio che ha avuto perché la madre del bambino era una serva. I fantasmi, i sogni, gli incubi, sono oltre la materia e più possenti.

Giovanna è la Sardegna, lo è per la lingua perché il libro lo si sente pensato in sardo e si avverte, anche con una certa difficoltà per chi è estraneo a quella cultura, che le parole e le espressioni dialettali non sono inserzioni, quanto il nucleo più forte che resta dalla traduzione in italiano della stessa autrice.

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mercoledì 24 settembre 2014

"Una trilogia palestinese", di Mahmud Darwish. Prefazione e cura di Elisabetta Bartuli

Ilaria Guidantoni Martedì, 23 Settembre 2014

Il testo raccoglie tre scritti in prosa, piuttosto voluminosi, sostanzialmente autobiografici che disegnano un affresco storico e culturale della Palestina e del rapporto con il Libano rispetto all’’affronto’ israeliano. La Trilogia si rivela anche una testimonianza esistenziale, umana e poetica di un grande intellettuale engagé senza vizi intellettualistici né mondanità; la lingua di uno dei più grandi poeti arabi, segnatamente del Novecento che lo scrittore portoghese Josè Saramago non esita a definire ‘il più grande poeta al mondo’.

Una trilogia palestinese è un testo impegnativo sia sotto il profilo emotivo, sia della lingua e della densità culturale, con una corposità forte dal punto di vista teoretico, sebbene il suo incedere sia soave e molto scorrevole. E’ anche un grande affresco storico-sociale, quello di un popolo e del profilo del profugo. Il volume merita più letture e un’analisi dettagliata da specialisti che presupporrebbe una conoscenza dell’arte poetica oltre che dei fatti politici del Medioriente. Credo che valga la pena leggerlo per avere qualche pennellata che illumini i fatti recenti e mai testo potrebbe essere più attuale in questo drammatico frangente nel quale la Striscia di Gaza è tornata ad occupare spesso i nostri telegiornali, con alcune date cruciali quali il 1948, la strage di Qasim del 1956, il 1967 o quella di Damur del 1976 l’invasione del Libano da pare di Israele nel 1982.

Un’altra delle ragioni per leggerlo è la profondità dell’analisi sulla condizione umana in situazioni drammatiche, al limite, nelle quali l’uomo si trova in contesti di sradicamento come il profugo, o di violenza permanente come il carcere, di disumanità come la tortura e la perseveranza nel coltivare la propria umanità, nel segno della dignità e del rispetto. Infine, le pagine di Darwish sono una grande riflessione sul valore della scrittura e in particolare della poesia; su come la parola dia voce e consistenza al pensiero rendendo la realtà quella che è. In tal senso Dio è il più grande poeta in quanto creatore e l’intellettuale, come anche l’uomo comune nel suo essere poeta del quotidiano, dà i nomi alle cose e nominandole le fa essere, in una dialettica circolare di rimandi.

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22 ottobre 2014 "Chiacchiere, datteri e thé" a Milano

22 ottobre 2014 

La diversità come valore
"Chiacchiere, datteri e thé" a Milano

Incontro  con i dipendenti Deutsche Bank 

Piazza del Calendario 3, Bicocca 

Ore 12.30-14

martedì 23 settembre 2014

26 settembre 2014, Presentazione di "Greco-Eroe d'Europa" di Francesco De Palo a Brindisi

Presentazione di "Greco-Eroe d'Europa" (Albeggi, 2014) di Francesco De Palo - Brindisi, 26 settembre 2014 ore 18,30
Sala della Colonna, Palazzo Nervegna, Via Duomo 16

Dopo il rigore un'altra eurocrisi?

Cosa accade al vecchio continente dopo le promesse di resurrezione economica? Che ne è della crisi greca, relegata ad argomento secondario in tiggì e analisi, nonostante gli svarioni della troika e le mancate entrate per lo Stato ellenico?
"GRECO- eroe d'Europa" del giornalista Francesco De Palo (Albeggi ed. 2014) è lo spunto per raccontare la crisi greca tra storie d’onore e di coraggio, passate e presenti, pulite, alte ed edificanti che la Grecia ha espresso. E che l'Europa ancora non conosce.

Dopo il rigore un'altra eurocrisi? E'la traccia che seguirà la lettura critica del volume di De Palo, nell'ambito della rassegna Rassegna di Cultura Europea “Voci Mediterranee”. L'iniziativa è curata dalla Comunità Ellenica del Grande Salento, con il patrocinio del Comune e del Consolato onorario della Grecia di Brindisi e la sinergia della Rete delle Comunità Elleniche in Puglia.

Oltre all'autore saranno presenti il Prof. Hercules Haralambides (Presidente Autorità Portuale di Brindisi), l'Avv. Enrico Fusco (Console onorario di Grecia a Brindisi), il prof. Stelio Campanale (Presidente Chamber italoellenica di Roma), Ioannis Davilis (Presidente della Comunità Ellenica del Grande Salento).

lunedì 22 settembre 2014

Narratori della Sera: seconda edizione

Parte la seconda edizione del Premio letterario “Narratori della Sera”

Dopo il successo della prima edizione e la premiazione del libro di Silvia Letizia, da poco in libreria con “Kazuya“, Edizioni della Sera lancia il nuovo bando. 

Scadenza 30 ottobre 2014.

Leggi il bando: http://www.edizionidellasera.com/wp/wp-content/uploads/2014/09/Premio-
Narratori-della-Sera-Seconda-edizione.pdf

La premiazione della passata edizione: http://www.edizionidellasera.com/vincitori-del-premio-narratori-della-sera-prima-edizione


Info: premi@edizionidellasera.com – 320.4126622

lunedì 15 settembre 2014

"Epicentro Mediterraneo" Raccontare il mondo nuovo - Taranto 19 agosto 2014

Martedì 19 agosto
"Epicentro Mediterraneo" Raccontare il mondo nuovo
Yachting Club Il porticciolo, via Ombrine 4 San Vito (Taranto)


Sandro Petrone, conduttore e inviato speciale Tg2 e Ilaria Guidantoni, giornalista e scrittrice

Accompagnati in musica da Martino De Cesare col gruppo Vibrazioni Mediterranee e dalla cantautrice Iole Cerminara col pianista Francesco Sforza

venerdì 12 settembre 2014

“Il sole splende tutto l’anno a Zarzis”, di Marta Bellingreri

Ilaria Guidantoni Domenica, 07 Settembre 2014

Prefazione di Gabriele Del Grande
Il mondo dei migranti al centro di un romanzo reportage dove i confini tra realtà e finzione sono così labili che il libro è decisamente più credibile di molte cronache. Marta Bellingreri, arabista ed esperta di mondo arabo, per aver vissuto in molti Paesi, dalla Tunisia dove io l’ho conosciuta al Libano, sceglie un punto di vista insolito per parlare di immigrazione. Quello delle storie di vita, dei nomi e delle emozioni al posto dei numeri.

Non ci sono flussi, ma persone, anzi sogni. Inoltre il mondo di Marta non è visto dal nord, dell’immigrazione, ma dal sud, dalla parte dell’emigrazione, anzi dell’emigrante. Il termine più corretto però è migrante ovvero sognatore, l’harraga nel Maghreb è colui che brucia, i documenti per non essere riconoscibile, le frontiere in cerca di un altrove, di una possibilità. In un passaggio del libro l’autrice scrive che quando non si sa con cosa condire l’insalata la sera e quello è l’unico piatto, c’è sempre uno che se ne va per primo in famiglia. Marta ha raccolto lavorando nei centri profughi tanti numeri di telefono e informazioni sulle famiglie, soprattutto quelle dei ragazzi, decisa ad incontrarle e a capire qualcosa di più di quei volti e di cosa c’era dietro lo sguardo anelante all’orizzonte che si è preso il rischio di tuffarsi in mare.


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martedì 9 settembre 2014

“Rue des petites daurades”, di Fellag

Ilaria Guidantoni Mercoledì, 20 Agosto 2014

Rue des petites daurades (La via delle piccole orate) è l’ultimo romanzo di Mohamed Saïd Fellag, in arte semplicemente noto come Fellag, attore, umorista, commediografo, regista teatrale e scrittore algerino, berbero, nato nel 1950 ad Azzefoun in Cabilia (una regione dell'Algeria settentrionale). Personaggio molto noto in Francia dove vive, ormai da cittadino adottivo – dopo un periodo trascorso in Canada - francofono che nel suo fraseggio conserva l’anima e l’inflessione del mondo maghrebino e in particolare il suo chiasmo formativo, arabo-berbero.

Dopo un periodo nel quale si è barcamenato con piccoli lavori, nel settembre 1985, tornato in Algeria, Fellag è stato assunto dal Teatro Nazionale algerino, dove ha lavorato come attore e regista. Nel 1987 crea il suo primo spettacolo, Le avventure di Tchop e nel settembre 1993 viene nominato direttore del teatro di Bejaia. In Italia è arrivato sul grande schermo per aver interpretato il film “Monsieur Lazhar” di Philippe Falardeau, storia drammatica di grande sensibilità, delicatezza e assolutamente credibile, di un insegnante algerino immigrato a Montréal.

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“Roma è una bugia” di Filippo La Porta

Ilaria Guidantoni Lunedì, 25 Agosto 2014

Un viaggio nel mosaico di Roma le cui tessere sono i quartieri, mondi dentro un macrocosmo, che a loro volta contengono altri universi, per certi aspetti inconciliabili, per altri intrecciati. Il testo di Filippo La Porta è scritto in uno stile piano e semplice, scorrevole quanto raffinato, un concentrato della storia e del tessuto sociale romano che ci porta a spasso senza tesi, con incantamento non scontato, né romantico, e un’ironia pungente, originale, che non si appunta sulle stereotipizzazioni dei romani.

E’ una storia che racconta attraverso la mappa della città la storia, incorporando l’oggi della Grande bellezza ad epoche lontane, toccando aneddoti, sfiorando i monumenti, le abitudini della gente, i caratteri, citando qua e là gli eventi. La chiave di lettura originale è offerta dalla prospettiva degli scrittori. La Roma che ne emerge è il ricordo del protagonista, l’autore, negli Anni ’70 delle assemblee studentesche partendo dal quartiere dei Parioli, dove il vissuto personale è un’emozione distillata, attraverso lo sguardo di scrittori e intellettuali, nonché dell’occhio di pittori di cui Filippo La Porta si è nutrito, essendo un Critico letterario.

Nulla di accademico però nel suo fluire, rende la letteratura non solo voce e ritratto del luogo, ma essa stessa personaggio.


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“Vittoria”, di Annalisa Terranova

Ilaria Guidantoni Mercoledì, 27 Agosto 2014

Tra favole e bombe, una storia degli anni Settanta
Un romanzo di iniziazione, in gran parte autobiografico per ammissione della stessa autrice, tutto al femminile. La storia della vita di una ragazza della Roma popolare a casa e nei luoghi di aggregazione, dalla scuola, al quartiere, alla sezione di partito: sogni e amarezza, dove i fatti sono sempre luoghi del cuore, non cronaca o racconto saggistico, quanto stralci di vita vissuta. Una storia semplice, di quotidianità autentica, che cerca di rovesciare quell’idea precostituita di destra tutta al maschile, che punta solo all’azione e disinteressata alla cultura.

La Roma popolare degli Anni Settanta attraverso gli occhi di Vittoria, un nome, un programma, alias Annalisa Terranova, giornalista de' Il Secolo, attivista e pronta ad un’autocritica, ma soprattutto curiosa e desiderosa di scoprire l’altra metà del cielo che oggi donna matura non sente più così estranea quanto complementare e per certi aspetti addirittura affine. Il libro nasce dalla scommessa di raccontare il mondo della destra giovanile del popolo, alternativa a quella snob dei Parioli con i quali lei non sente di avere nulla a che fare. Senza paura e senza pudore racconta la propria esperienza, per nulla moderata, come ammette, sebbene mai violenta. Non c’è ostentazione nel suo racconto, neppure rimpianto né nostalgia; solo la consapevolezza di aver vissuto fino in fondo gli ideali nei quali ha creduto. La prospettiva è originale: al femminile e attraverso la storia personale di una ragazza prima che di una militante. Giorni narrati in uno stile semplice e diretto, quasi tutto dialogo che serra il ritmo di anni nei quali la vita sembra scapparci di mano.

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"Salammbô", Gustave Flaubert

Ilaria Guidantoni Lunedì, 18 Agosto 2014

L’estate è anche il tempo ideale per rileggere o leggere un classico mancante ché c’è bisogno di tempi più dilatati. E’ proprio questo che salta agli occhi a chi sempre più, pur allenato a leggere, è abituato a letture contemporanee o di letteratura corrente. I classici non sono necessariamente più impegnativi ma richiedono un ritmo lento, meditato.

Da molto tempo desideravo leggere Salammbô, opera di Gustave Flaubert, poco nota almeno in Italia, dopo la mia frequentazione con Cartagine, dov’è ambientata la vicenda, ed essendo venuta a conoscenza dell’amore di questo autore francese per la Tunisia, segnatamente l’allora quartiere reale de’ la Marsa (oggi il quartiere internazionale dove vivo come molti francesi e italiani di Tunisi). Flaubert è in qualche modo un autore esotico per l’epoca, grande conoscitore del mondo arabo grazie ai suoi viaggi tra Tunisia, Siria ed Egitto nonché viaggiatore europeo. Formatosi a Parigi, figlio dell’alta borghesia, frequentatore schivo di intellettuali e salotti, in particolare amico di Victor Hugo, fu il traghettatore della letteratura francese dal romanticismo al realismo, come dimostra questa narrazione, che lega i due aspetti attraverso la storia.

Con Salammbô ci trasferiamo nel III secolo avanti Cristo, nel 241, durante la prima delle Guerre Puniche, e la Tunisia fa ingresso nel romanzo moderno storico.

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“L’ultimo bunker”, di Catello Maresca con Francesco Neri

Ilaria Guidantoni Martedì, 02 Settembre 2014

La vera storia della cattura di Michele Zagaria, il più potente e più feroce boss dei Casalesi.
A metà tra il reportage giornalistico di cronaca giudiziaria, il manuale investigativo e il diario di un magistrato, il libro scritto dal giornalista Francesco Neri narra l’indagine del giudice Catello Maresca e l’incredibile avventura della cattura del vertice dei Casalesi, Michele Zagaria. Non esperta di mafia e malavita in generale, mi sono fatta portare per mano in questo mondo.

Con un linguaggio piano, il testo, snello, narra la vicenda di un’indagine singolare – durata anni – raccontata in parte come fosse in diretta, in parte con la distanza di chi guarda con soddisfazione a un cammino che diventa un caso e un modello. Per certi aspetti ha la giusta distanza del profilo saggistico, per altri versi risente dell’emozione di chi ha fatto di quest’avventura una storia vera, quella della propria vita, tanto intima da confondere il pubblico con il privato. Sono pochissimi gli accenni personali, tutti verso la fine del libro, ma bastano a dare il senso della commistione tra pubblico e privato nella vita di un magistrato, tra passione investigativa, da una parte e amore in senso sentimentale, dall’altra, rendendo il secondo una sfida ancor più difficile da vincere.

Il testo offre una prospettiva singolare, sia per la vicenda sia per la narrazione. Quanto al primo aspetto, è certamente più raro un libro dedicato alla Camorra rispetto alle decine per non dire centinaia di testi riservati al fenomeno mafioso.

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martedì 19 agosto 2014

"Epicentro Mediterraneo" Raccontare il mondo nuovo - 19 agosto Taranto

Martedì 19 agosto
alle ore 21.30
Yachting Club Il porticciolo, via Ombrine 4 San Vito (Taranto)
"Epicentro Mediterraneo"
Raccontare il mondo nuovo

Sandro Petrone, conduttore e inviato speciale Tg2 e Ilaria Guidantoni, giornalista e scrittrice

Accompagnati in musica da Martino De Cesare col gruppo Vibrazioni Mediterranee e dalla cantautrice Iole Cerminara col pianista Francesco Sforza

L’Italia, striscia allungata nel centro del Mediterraneo, è radicalmente cambiata negli ultimi anni diventando la scialuppa di approdo dei migranti del sud del mondo. Le lingue che si parlano qui, le culture, le identità e i casi umani che si mescolano in un nuovo melting pot, costringono non solo ad un radicale cambiamento di gestione istituzionale, ma prima ancora ad un racconto diverso della realtà.

Chi e con quali strumenti racconterà agli italiani cos’è l’Italia oggi? Qual è il baricentro Mediterraneo, mentre intorno infuriano conflitti che sembrano far precipitare tutto nel caos? Chi è il nuovo popolo ‘italiano’ (oltre il 10% stranieri arrivati da fuori, meno del 90% stranieri in una Patria che non riconoscono più)? 

La dimensione del viaggio porta l’inviato e lo scrittore altrove, spinti dalla necessità di dar conto di una cronaca che si trasforma in cambiamenti storici drammatici e ineluttabili, con l’entusiasmo di perdersi nell’altro che lotta con la diffidenza per l’invasione di campo, con la percezione della distanza che mette a dura prova la consapevolezza di corrispondenze mediterranee.

Così, passando per le emozioni, la cronaca si fa novella nei racconti di Ilaria Guidantoni e diventa viaggio di ritorno, il bisogno di riscoprire il nostro Mediterraneo vicino e lontano. 

E così, Sandro Petrone,  il cronista sfuggito alle secche italiane ed abituato a raccontare il Mondo, ora guarda al Mondo in casa propria. Come negli anni Settanta, a contatto con l’esplosione di una nuova realtà, cronaca e racconto si fondono. Si urla, si denuncia, si canta... 

E, come negli anni Settanta, torna la voglia di scrivere canzoni che nascono dalla cronaca. Sandro Petrone risale alla propria originaria vena di cantautore, attraverso i suoni di Martino De Cesare col Gruppo Vibrazioni Mediterranee e la voce della cantautrice Iole Cerminara assieme al pianista Francesco Sforza.

mercoledì 30 luglio 2014

“Sul corno del rinoceronte” di Francesca Bellino

Ilaria Guidantoni Martedì, 29 Luglio 2014 

Un romanzo d’amore e di politica, un affresco conteso nell’anima tra l’Italia e la Tunisia, due donne a confronto, che intrecciano le loro storie e una relazione di amicizia tra le due sponde, aprendo l’una il mondo dell’altra, e l’una la propria porta. L’autrice, un’amica, giornalista, reporter di viaggio e scrittrice è un’italiana conosciuta a Tunisi la prima estate che ho passato lì, il 2009, legata alla terra dove ha trovato l’amore ma non innamorata della Tunisia, a differenza di me. Questo sguardo, da viaggiatrice curiosa, ma non ingenua, pronta a lasciarsi entusiasmare da ogni terra lontana, più attenta alla geografia antropizzata che a quella naturale e monumentale, si ritrova tutta nel libro.


Il racconto è a tutti gli effetti un romanzo, ben costruito, con un effetto a sorpresa, e il desiderio di raccontare la solidarietà e la curiosità profonda dell’incontro al femminile, la sofferenza, le strettoie della società al nord – nella Roma del disincanto dove lo stesso linguaggio è diventato grigio, violento e non c’è più spazio per sognare, né per il colore – come al sud, nella Tunisia della tradizione vissuta come una gabbia, della dittatura e poi dell’entusiasmo per la rivolta, in parte disilluso. La storia si svolge tra i quartieri romani di Piazza Vittorio e del Pigneto, che si riconosce in modo evidente senza mezzi termini, con nomi e cognomi, e Kairouan dove vive una delle due protagoniste, Meriem, e il centro di Tunisi, tra la medina e il big ben dell’avenue Bourguiba dove la protagonista italiana, Mary, si trova in due situazioni diverse.

E’ un affresco sociale oltre che psicologico e un’ottima informativa sulla Tunisia di oggi, la rivolta, la mentalità e la religione vissuta dalla parte della gente, con l’escamotage di un’intervista casuale, in particolare grazie alla conversazione con il tassista Hedi e alcuni uomini che incontra lungo il cammino e che offrono uno sguardo incrociato. Trovo vincente l’idea dell’umiltà e della sana curiositas della protagonista rispetto a un mondo che si disvela a poco a poco, con il gusto dell’antropologa, ma soprattutto della viaggiatrice. Il resto è un piacevole contorno.

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giovedì 24 luglio 2014

“Alger, le cri” – Récit di Samir Toumi

Martedì, 22 Luglio 2014 Ilaria Guidantoni

Avevo letto di questo libro, sostanzialmente autobiografico, una lettera aperta alla propria città e al proprio Paese, e l’ho trovato in una libreria del quartiere internazionale residenziale a Tunisi, la Marsa presso Millefeuilles, che è stata la prima libreria della banlieue nord della capitale, un luogo dove il libraio è prima di tutto un lettore, in secondo luogo un venditore di libri.

Samir Toumi è un Algerino di Algeri che ha vissuto a Tunisi dove viene spesso, dove ha presentato il suo libro e non è un caso perché il testo racconta anche del suo amore per Tunisi che è un po’ il mio. Il libro, scritto in una lingua magnifica, avvolgente, seducente, senza essere ammiccante, sfacciato né mieloso, è un grande canto d’amore e di rabbia per quella città magnifica morsa dal serpente, storia di violenza e di guerra, di un suicidio infinito. E’ il dolore che provoca rabbia di ogni amore sofferente, prima che non ricambiato, forse di un amore impossibile eppure irrinunciabile che lascia il protagonista in una gabbia. Il suo cammino è la ricerca di un grido, che è la sorgente della vita, la voce, il primo grido umano che alla nascita prova che il bambino respira, quello che nel suo caso era soffocato. Il grido ad Algeri lo cercherà invano, tra le voci soffocate dei martiri dell’indipendenza, torturati, che hanno preferito la morte al silenzio.

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“Kiffe kiffe demain” di Faïza Guène

Martedì, 22 Luglio 2014 Ilaria Guidantoni

Faïza Guène, è uno dei tanti esempi di un’Algerina di Francia. Gli intellettuali algerini in effetti sono quasi tutti all’estero. Sono venuta a sapere della sua attività grazie al settimanale “Jeune Afrique” che la scorsa primavera le ha dedicato un articolo in occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo, che è stato un vero successo in Francia ed è arrivato anche in Tunisia dove la letteratura algerina contemporanea è molto apprezzata.

E’ nata nel 1985 a Bobigny, capoluogo del dipartimento della Senna-Saint-Denis nella regione dell'Île-de-France; Romanziere, Sceneggiatrice e Regista, conosciuta per il suo primo romanzo, Kiffe kiffe demain: è stata uno dei migliori successi editoriali in termine di vendite nel 2004 (tradotta in 26 lingue) con 400mila copie solo in Francia. In Italia è uscito nel 2005 (Mondadori) con il titolo “Kif Kif domani” e racconta la vita agra degli immigrati maghrebini. Il gioco di parole è difficile da restituire in italiano nell’allusione kiffe o kif, che in arabo vuol dire “uguale”, la stessa cosa. Kiffer è anche amare e il kif è l’hashish.
Il romanzo, scritto con qualche fioritura maghrebina, eco del dialetto parlato in casa, misto al francese parigino dei ragazzi e delle periferie, pieno di coloriture, sgrammaticature e andamenti colloquiali, è in gran parte autobiografico. I suoi genitori sono originari dell’ovest dell’Algeria, « Aïn Témouchent»: ha un fratello e una sorella ed è cresciuta a Pantin, alle Courtillières, un quartiere disagiato nella banlieue nord. Innamorata della lettura e del disegno Faïza è una bambina precoce che salta la prima elementare perché sa già leggere. Il racconto narra di una ragazza, figlia unica, il cui padre l’abbandona con la madre per tornare in Marocco – paese natale della protagonista – e sposare una donna più giovane in grado di dargli ancora dei figli.

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lunedì 14 luglio 2014

“Le Blanc de l’Algérie” di Assia Djebar

Sabato, 12 Luglio 2014 Ilaria Guidantoni

Una delle maggiori scrittrici algerine, e l’unica maghrebina ammessa all’Académie de France, racconta un’Algeria attraverso morti eccellenti di intellettuali, un testo non lugubre, anche se in certi tratti polemico, per esorcizzare il dolore del suo Paese straziato nel Novecento da due guerre: una coloniale (dal 1^ novembre 1954) e una civile non dichiarata (negli Anni ’90). E’ un racconto con il quale dichiara di voler semplicemente ricordare ed essere vicina a personaggi più o meno noti che ha conosciuto in modo diretto o indiretto, molti dei quali erano veri amici. Al di là dell’angolatura originale per raccontare il Paese attraverso le sue voci poetiche e di prosa, giornalisti e intellettuali, c’è il desiderio di scrivere, riscrivere o forse decriptare la storia algerina contemporanea attraverso le assenze.

Il tema è declinato come un ossimoro in bianco perché bianco è il colore di Algeri, detta appunto la bianca, e ancora il colore dell’abito tradizionale femminile il haik, ma anche simbolicamente è un modo per restituire alla morte luce. In modo esplicito verso la fine Assia evidenzia come la scrittura della quale sente l’urgenza diventi in qualche modo uno strumento per sbiancare il dolore e per restituire la luce a chi non c’è più, anche se fortunatamente gli intellettuali vivono più di altri oltre la loro presenza fisica, grazie ai semi che lasciano.

Non c’è però un intento dichiarato di celebrazione della memoria, ma la voglia di risentire il calore di chi non c’è più.

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venerdì 4 luglio 2014

“Esperanza” (Lampedusa) di Aziz Chouaki

Martedì, 01 Luglio 2014 Ilaria Guidantoni

Tragedia con tonalità ironiche e in certi momenti perfino allegre di rinnovata attualità. Nel momento in cui scrivo questa recensione ripenso alla notizia di questa mattina su Radio 24 ore, che ha annunciato altri trenta morti nel Canale di Sicilia per naufragio.

Il dramma teatrale prende il nome emblematico da un barcone e il sottotitolo dalla meta, vissuta come la possibilità di una nuova vita, l’unica che resta, il sogno, anche se spesso si traduce in una raccolta di briciole. E’ l’opportunità di coltivare la speranza che però rappresenta il senso del vivere per tanti giovani harraga, brûler, letteralmente coloro che bruciano, ovvero oltrepassano le frontiere clandestinamente, dando ‘fuoco’ a livello immaginario ai confini tracciati per opportunità dal potere. In fondo lo stesso autore, algerino residente a Parigi dal 1991, noto in Francia soprattutto per la sua attività di Drammaturgo (nonché di Romanziere – su Saltinaria.it la recensione de’ “La stella di Algeri”, premio Flaiano Musicista jazz) sostiene che i confini sono fatti per essere messi in discussione.
Interessante l’angolo di visuale oltre che il linguaggio utilizzato, un francese sporcato da termini di strada e lingua colloquiale di frontiera e di disperazione: l’algerino del quotidiano e dei bassi fondi, un po’ di spagnolo, qualche termine inglese e perfino italiano, come ad evocare la lingua sabir che un tempo si parlava nei porti del Mediterraneo.


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"Un pirata piccolo piccolo" di Amara Lakhous

Martedì, 01 Luglio 2014 Ilaria Guidantoni

Il primo libro di Amara Lakhous, scrittore algerino ormai cittadino italiano, risente ancora della rabbia repressa verso il suo Paese che lo ha portato ad andarsene per non assistere al proprio funerale.

Si anticipa bene, come racconta nella postfazione il suo traduttore Francesco Leggìo, l’ambiente urbano, il linguaggio della strada portato alla dignità della letteratura, quella densità del quotidiano vivace quanto talora soffocante, nel periodare lungo che toglie il fiato; esprime un’inconsueta aggressività e volgarità, che sono la protesta di Lakhous verso l’Algeria. Non si è affacciata ancora l’ironia – chiusa nel sarcasmo - e quell’apparente leggerezza dei suoi libri che mescolano drammi e comicità della vita di ogni giorno delle periferie o dei quartieri multietnici delle nostre metropoli italiane, con uno stile inconfondibile che lo stesso utore ha definito ada ‘commedia nera’. Si tratta di un andamento mutuato in qualche modo dalla commedia italiana in termini cinematografici che Amara Lakhous ha trasposto nella letteratura.

Qui tutto è in nuce con una carica di aggressività che ancora non si è placata. Precede e anticipa idealmente il momento della frattura di amara con il suo Paese del quale conserva con amore il patrimonio culturale e linguistico, l’algerino e il berbero, e il suo sogno realizzato poi di diventare scrittore (perché il ‘programma’ delle sue storie successive c’è già). Nello stesso tempo anticipa la rivolta dei giovani del 1988 che scendono in piazza al grido di pane e libertà e quello che sarebbe poi accaduto prima con il decennio nero del terrorismo, quindi recentemente con le rivolte del mondo arabo sotto il segno della dignità – ovvero l’accesso ad un lavoro dignitoso – la democrazia – ovvero la giustizia – e la libertà di espressione, l’unica conquistata in Algeria anche se il grido non è servito a nulla. Non certo a uscire dalla corruzione di un regime malato.

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