venerdì 31 maggio 2013

"Dove va il Mediterraneo?" di Franco Rizzi - Presentazione Giovedì 30 maggio presso la Biblioteca Alessandrina all’Archivio di Stato a Roma


Ha introdotto i lavori l’onorevole Fausto Bertinotti che ha espresso gratitudine per un lavoro di lungo corso che contribuisce a colmare una lacuna tipica del mondo italiano ma forse in genere europeo in rapporto al mondo arabo e musulmano, in particolare. Atteggiamento assurdo: si attendono i barbari dove per altro la barbaria trionfa. Poggiato su una destrutturazione dopo che c'era un appiglio anche se mostruoso, la mentalità coloniale, oggi l'Europa ha smarrito il Mediterraneo quindi le proprie origini. C'è stata una stagione nella quale in Italia non si poteva pensare di fare politica Senza Mediterraneo, da Enrico Mattei a Giorgio la Pira, a Bettino Craxi, o Amintore Fanfani ed Enrico Berlinguer. Poi paradossalmente, con l'Europa che si crea imbarbarendosi ma con una supponenza ingiustificata. Rizzi ci offre due chiavi interpretative. Osservare il rapporto tra Islam e politica in chiave storica vista comunque la rilevanza dell'Islam per la denuncia dei regimi corrotti, prima alcuni sistemi tribali e prima ancora il colonialismo. La compenetrazione tra religione e organizzazione sociale e' significativa nel mondo arabo e non può essere letta con gli occhi europei. Le vicende algerino sono emblematiche riguardo. La seconda indicazione concerne il fatto che per capire le rivoluzione di questi paesi occorre leggere le dinamiche dei conflitti sociali e la loro concentrazione in un preciso momento storico. Questo aiuta a capire correttamente quanto segue senza interpretarlo alla luce dei nostri parametri. E' il caso ad esempio della supposta ricerca della democrazia secondo la concezione europea della stessa.
Anche l’ex Ministro Andrea Riccardi intervenendo ha dato ampio spazio alla necessità da parte dell’Europa di ritrovare una sana curiositas verso il sud accettando così volentieri la definizione dell’autore (che condivido pienamente, ndr) di ‘rivolte’ e non rivoluzione per i movimenti che hanno interessato il mondo arabo e la necessità di cultura storica per leggere la realtà oltre quella piccola storia del sangue, che dimostra il Professor Franco Rizzi, di Unimed. Quest’ultimo, concludendo i lavori ha evidenziato come non ci sia una risposta nel libro, diversamente da quanto lascia presagire il titolo del testo perché non è in grado di darla e io direi chi è onesto intellettualmente sa che non esiste una risposta; ma soprattutto che il valore di questa ricerca è porsi delle domande e mettersi dall’altra parte, ovvero dalla parte dell’altro in ascolto.

Editoriaraba - Tre poeti emiratini al Festival di Cremona “Le corde dell’anima”

Dal 31 maggio al 2 giugno la città di Cremona ospiterà il Festival di letteratura e musica Le corde dell’anima, giunto alla sua quarta edizione. E' un Festival che – a leggere i nomi degli ospiti, italiani e internazionali, e il programma delle giornate – mi sembra molto interessante.

Sabato 1 giugno a mezzanotte presso il Cortile Federico II si esibiranno al chiar di luna (e speriamo non faccia freddo!) tre poeti che provengono dagli Emirati Arabi Uniti: Nujoom Alghanem, Ali Al Shaali e Khulood Al Mu’alla, accompagnati dalle musiche di Marwan Abado, virtuoso di oud. In conversazione con Paolo Gualandris.

Non conoscevo i poeti, ma per fortuna gli organizzatori del Festival hanno preparato delle utili schede biografiche su tutti e tre, che qui riporto con qualche aggiunta:

Khulood Al Mu’alla: laureata in Architettura negli Emirati Arabi, ha conseguito un master in Project management in Gran Bretagna e una terza laurea in Lingua e letteratura araba a Beirut. Attualmente vive a Sharjah e lavora per un canale televisivo di fama internazionale. Molta nota, ha ricevuto riconoscimenti internazionali. È stata la prima donna a vincere, nel 2008, il Buland Al Haidari, premio riservato ai giovani scrittori al 30° Festival culturale del Marocco, evento che celebra i poeti e gli intellettuali visionari del mondo arabo. Ha pubblicato cinque volumi di poesie: Ho perso il tempo, Tu, solo, Sull’assenza, Forse qui e Ai margini della luce. I suoi lavori, già tradotti in spagnolo e turco, presto arriveranno anche in Italia.

Info: Profilo su Banipal | sito internet, dove nella sezione “Words” trovate alcune poesie tradotte in italiano da Fawzi al-Delmi. Tra cui:

Scoperta

Io e te
da anni ci somigliamo
in te scorgevo me stessa.
Il tempo non pulsa
lo specchio è senza volto.
Una notte
si è insinuata una mano
ha acceso una candela
allora ho scoperto che
da anni ti vedo
nel buio.

Ali Al Shaali: ingegnere con master negli Stati Uniti alla George Washington University, è poeta, membro attivo dell’Unione degli scrittori arabi e presidente del Festival Internazionale di poesia di Dubai. Attualmente è direttore del settore di produzione della conoscenza alla fondazione Mohammed Bin Rashid Al Maktoum. Benché molto giovane, ha un posto importante nella poesia contemporanea araba. Ha pubblicato tre raccolte di poesie: Un’ape e un rebab (il rebab è uno strumento ad arco della tradizione araba), Altri volti stanchi e, in uscita in queste settimane, La terra ha una sola anima.

Nujoom Alghanem è poetessa, sceneggiatrice cinematografica e regista. Per i suoi film ha ottenuto numerosi premi nazionali e internazionali. Ha pubblicato otto raccolte di poesia e prodotto sette film, tra cortometraggi e documentari. E’ nata a Dubai nel 1962 ed è laureata in produzioni cinematografiche nell’Ohio e in Australia. Ha iniziato la sua carriera professionale nel 1980 come giornalista lavorando in vari campi: dalla radio, alla televisione ai nuovi media. E’ molto nota in tutto il mondo arabo sia come scrittrice che come film maker. Recentemente è diventata membro del Consiglio International Prize for Arabic Fitcion, premio di narrativa che viene gestito in cooperazione con la Booker Prize Foundation di Londra. Nel 2010 ha ricevuto il Premio Official Women The Year in Literature degli Emirati Arabi Uniti assegnato con voto popolare. Le sue raccolte di poesia più note sono Evening of Paradise (Serata del Paradiso) che l’ha resa nota al grande pubblico, Sins (Peccati) e I Fall Into Myself. (Cado dentro me stessa).

Info: profilo su Banipal | Twitter | alcune sue poesie tradotte in inglese le trovate su Jehat

Editoriaraba - La ricetta per l’oblio secondo Ahlam Mosteghanemi


Amare e' facile, dimenticare e' difficile. 

È quanto fa la scrittrice algerina Ahlam Mosteghanemi nel libro – manuale نسيان.كم, (Oblio.com) pubblicato nel 2009 in Libano da Dar al-Adaab e tradotto in italiano per Sonzogno da Camilla Albanese con il titolo L’arte di dimenticare. Sottotitolo: “Amalo come sai fare tu, dimenticalo come farebbe lui”.

L’arte di dimenticare è una sorta di manuale di sopravvivenza per i cuori in ambasce delle tantissime donne arabe che negli anni si sono rivolte, in cerca di aiuto, consigli e suggerimenti, ad Ahlam Mosteghanemi. La scrittrice con questo libro si è improvvisata “guru” per le donne lasciate, tradite e maltrattate dai propri ormai ex compagni, una “missione”, che così descrive nel libro:

Ho passato la vita a salvare femmine rintronate da storie d’amore che risucchiano. Cosa che continuo a fare anche qui nel libro.

Nei 7 capitoli che scandiscono il libro, a sua volta suddivisi in innumerevoli sotto-capitoletti, Mosteghanemi riversa, come un fiume in piena di inchiostro, riflessioni e consigli pratici su come sopravvivere dopo una rottura amorosa con un uomo che si é comportato male e che poi e' sparito.

La ricetta, dolorosa da mettere in pratica, ma salvifica sul lungo periodo, è quella dell’oblio, ovvero, del dimenticare. Perché gli uomini ci mettono pochissimo a dimenticare le donne che hanno amato, mentre “la fedeltà delle donne verso il passato è patologica”.

E va quindi curata. Come?

Ritornando a vivere; smettendo di piangere (“Chiediti se hai la certezza che, dall’altra parte, ci sia davvero un uomo pazzamente innamorato che torna da un remoto passato e piange per te restando fedele alla tua assenza. Suvvia, basta con queste stupide follie!”); prendendosi cura di sé; tagliando via i cordoni con il passato e l’amaro bagaglio di ricordi; passando attraverso tutti gli stadi del dolore; imparando dagli errori del passato per non rifarli con il prossimo amore; non ascoltando canzoni tristi (“Se non sei masochista, smettila di fustigarti e di farti andare alle stelle la pressione con la prima canzone d’amore che senti”).

E, soprattutto, imparando a riconoscere le varie tipologie di uomini: visto che al mondo ci sono uomini-uomini, ma anche gli uomini-elefanti, gli uomini-aquile e gli uomini-leone.

Tra consigli concreti e gentili bacchettate a uomini e donne, trovano posto nel libro anche numerosi aforismi, detti e proverbi di intellettuali e personaggi famosi, che spaziano da Ovidio e Nizar Qabbani a Ophrah Winfrey e Emannuelle Béart, che arricchiscono e danno profondità al testo.

Le parole della scrittrice, dolci e materne, sono come un balsamo per il cuore ferito delle lettrici arabe a cui questo libro è dedicato. L’obiettivo di Mostaghanemi è quello di prendersi cura dell’infelicità sentimentale delle arabe: e se questa espressione vi suona familiare, è perchè è tratta dal libro L’infelicità araba, di Samir Kassir, ed è stata ripresa di recente da Shady Hamadi nel suo La felicità araba.

L’accostamento con la politica non sembri qui fuori luogo: in diversi punti la scrittrice paragona la tendenza delle donne arabe ad innamorarsi di uomini-padre, o uomini-leader molto più anziani di loro, alla situazione delle società arabe odierne, afflitte e appesantite dalla presenza di leader anziani e patriarcali:

[...] tali e quali ai nostri popoli, cresciamo con in testa il concetto Leader-Padre e, di conseguenza, abbiamo come modello di virilità i nostri governanti, uomini incanutiti, stretti alle loro poltrone.

Al contrario delle altre donne del mondo, le donne arabe, cresciute in società patriarcali, non vogliono giovanotti o ragazzini ma uomini che escano direttamente dai libri di Storia.

Questo orizzonte panarabo è secondo l'autore dell'articolo uno dei punti di forza del libro: da un lato, l’autrice dice di voler guarire i cuori delle donne arabe, ma dall’altro il libro può essere letto da qualunque tipo di lettrice o lettore a prescindere dalla nazionalità. Mentre leggevo il libro in treno infatti, avevo la sensazione che per la prima volta le persone si interessassero di più al titolo e al contenuto del libro, che al nome arabo del suo autore, a volte guardato con sospetto quando non con disprezzo.

E forse non potrebbe che essere così, se si considera la celebrità della sua autrice, che ad ogni fiera del libro o incontro con il pubblico a cui prenda parte viene assalita da folle oceaniche di lettrici e lettori in visibilio per un suo autografo o una foto insieme. 

Lo stile di Mosteghanemi tuttavia piace e non piace: L’arte di dimenticare è stato scritto in tre mesi circa, stando a quanto dice la stessa nel libro. Una certa frettolosità, se non scarsa accuratezza, devo ammettere che si nota: molte parti sono leziose e spesso ridondanti e a circa metà libro mi sono sorpresa a pensare: ma come avrà fatto a tirare avanti per le ultime 150 pagine girando e rigirando in lungo e in largo lo stesso concetto?

Inoltre, continua Chiara Comito, ho trovato piatta e stereotipata l’immagine delle donne arabe che emerge dalle pagine: si tratta quasi sempre di donne in perpetua attesa del proprio uomo, anche se questo le ha tradite, lasciate e maltrattate. Le donne arabe appaiono come donne-vittima di uomini-carnefice.

Tuttavia, se l’obiettivo del libro era quello di costringere il lettore a riflettere e a rivisitare il proprio passato, ma con umorismo e leggerezza, è stato perfettamente centrato.

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Ahlam Mosteghanemi è nata a Tunisi nel 1953, poco prima che scoppiasse la guerra di indipendenza algerina. Suo padre infatti, Mohamed El Cherif, si era opposto all’occupazione francese e a causa del suo attivismo politico era stato costretto a rifugiarsi nella vicina Tunisia. La famiglia fa ritorno in Algeria solo nel 1962, a guerra conclusa.

La scrittrice comincia sin da giovane a comporre poesie, ma il suo esordio nella narrativa risale al 1993 con il romanzo ذاكرة الجسد(La memoria del corpo, Jouvence, 1994; trad. di F. Leggio) che le vale, nel 1998, il premio per la letteratura intitolato a Naguib Mahfouz.

La memoria del corpo è il primo romanzo scritto in arabo da una scrittrice algerina e ha venduto ad oggi più di 1 milione di copie. La scrittrice poi ci ha abituati ai grandi numeri: il suo ultimo libro Il nero ti si addice (الاسود يليق بك, Naufal, 2012), nei primi due mesi dalla sua pubblicazione ha venduto più di 100mila copie.

Sul web potete trovare molte informazioni sulla biografia e la bibliografia della scrittrice: il suo sito web, il sito web nato dal libro, pagina Facebook, account Twitter e un’infinità di video su Youtube.

“Lo scioglimento degli enti locali” - Intervista a Nicola Posteraro


Lo scioglimento degli enti locali
Introduzione a cura di Renato Rolli 
Contributi di Andrea Borsani, Francesco Carnovale, Ubaldo Comite, Diego D’Amico, Angela Luna Guagliano, Caludia Parise, Giancarlo Pompilio, Nicola Posteraro, Valerio Zicaro

Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, messo al servizio dell’uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita. (Enrico Berlinguer)

Come nasce l’idea e la scelta del tema?
L’idea di trattare di un tema caldo (ma assai in voga) quale quello dello scioglimento degli enti locali è nata a seguito (e si potrebbe dire, a causa) degli accadimenti che hanno sconvolto le realtà locali della Calabria moderna; luoghi in cui, a fronte di motivazioni a volte evidentemente spiacevoli, si è concretamente proceduto con lo scioglimento della compagine assembleare.

A chi si rivolge l’opera?
L’opera è rivolta ad un pubblico di tecnici del diritto, sicuramente; ma anche a quanti, sconvolti negativamente dal verificarsi di certe vicende incresciose, vogliano accostarsi al mondo reale (perché parte integrante di esso) con l’interesse d’un apprendista giurista; dunque vogliano legittimamente capire quali siano i meccanismi (a volte complicati, invero, sebbene necessari) che popolano il dietro le quinte di uno spettacolo reale e, purtroppo, sempre più comune.

Come si articola lo studio?
Lo scritto è frutto dello studio condotto da cultori delle discipline trattate provenienti da differenti estrazioni professionali. Uno studio, in realtà, evidentemente intralciato dalla esiguità del materiale bibliografico esistente in letteratura scientifica; e, dunque, ancora di più meditato in vista di ulteriori (dovuti) approfondimenti.
“Inevitabilmente”, scrive il professore Renato Rolli, curatore, nella prefazione al testo, “il tema dello scioglimento degli enti locali (e delle cause che lo provocano) può inscriversi nel solco di uno studio volto alla comprensione di intrecci infausti, e delle relazioni perniciose tra amministrazione e gestione delle risorse, nonché tra amministrazione locale e criminalità organizzata”.

Qual è il contenuto, in sintesi del volume con particolare riferimento al tuo contributo?
Il volume, volutamente introduttivo, dunque sommario, si propone di analizzare l’istituto dello scioglimento in un modo che non sia meramente accademico, ma che involga anche aspetti di quotidianità tramite l’analisi della casistica specifica. In esso si tratta delle cause (ordinarie e straordinarie) che la legge prevede tassativamente come atte a, quando concretizzatesi, provocare l’avveramento di una simile necessità.
L’analisi è calata in un ragionamento giuridico di ampio respiro: accanto alla dottrina più rilevante sul punto, infatti, si commenta anche la giurisprudenza più recente; e si contempera, così, l’esigenza di applicazione pedissequa della norma positiva con quella della sistematica interpretazione.
Ci si domanda quali siano i rapporti sussistenti tra la normativa di riferimento e l’impianto garantistico approntato dalla nostra Costituzione; e si arriva a sottolineare l’importanza dell’istituto inquadrandolo come rimedio concreto capace di garantire al cittadino, dunque alla collettività tutta, la tutela del momento democratico nel mentre della propria vita quotidiana.
Nella trattazione, dopo l’esame della nozione giuridica di controllo, ed un breve excursus storico sulla sua importanza all’interno dell’organizzazione interna degli enti locali, si propone uno studio dettagliato delle misure in qualche modo sanzionatorio-repressive apprestate dall’ordinamento (più precisamente dal Testo Unico degli Enti Locali).
Si sottolinea come l’istituto del controllo, inteso come momento necessario e antecedente alla decisione di procedere con l’eventuale scioglimento dell’organo assembleare, sia da sempre stato inserito all’interno della realtà degli enti locali; e di come, anzi, all’inizio esso sia nato e stato immesso in quelle realtà proprio per limitarne autonomia e libertà di scelta, così incidendo chiaramente su aspetti di democraticità e tutela effettiva dei cittadini.
Oggi, a fronte della rinomata indipendenza che viene riconosciuta agli enti locali in quanto portatori di istanze collettive degne di tutela, l’istituto del controllo ha perso la sua intangibilità e sacra importanza; ma rimane comunque sempre utile nei casi in cui, come quello in esame, si debba procedere con un procedimento delicato, capace di sconvolgere gli assetti e gli equilibri di una società che, invero, all’organo fiduciario da essa stessa precedentemente scelto chiaramente si affida.
La politica è a servizio del cittadino; ma cosa fa il nostro ordinamento per far sì che, a livello locale, questa asserzione possa concretamente trovare accoglimento pieno? E, soprattutto, come s’intreccia la disciplina dello scioglimento con la tutela costituzionale che l’ordinamento giuridico in sé riconosce al singolo ontologicamente e assiologicamente inteso?
Si tratta dei casi in cui vi sia un contrasto ordinamentale (dunque si sostanzi il compimento di atti contrari alla Costituzione, ovvero vi siano delle gravi e persistenti violazioni di legge, ovvero, ancora, si concretizzino dei gravi motivi di ordine pubblico), di quelli in cui si vadano materializzando delle disfunzionalità per cause cd. tipizzate (soprattutto relativamente al bilancio), e, in ultimo, delle ipotesi in cui si debba procedere con lo scioglimento per la presenza delle cd. infiltrazioni mafiose.

La parte finale rappresenta una declinazione particolare.
Infatti il volume dedica, poi, una parte consistente dell’analisi finale ai casi pratici realmente verificatisi, prendendo in considerazione alcune di quelle realtà calabresi in cui, negli ultimi anni, sono andate concretamente emergendo le necessità urgenti di scioglimento dell’organo assembleare.
La criminalità si insidia nel sistema politico; lo inquina, poi lo sconvolge, dopodiché lo fa proprio e comanda, dominandolo.
La collettività si sente minata da un simile processo di pericoloso sconvolgimento, ed affronta il tema con sfiducia, quasi rassegnata.
Lo scritto si conclude con un intervento economista sulla governance e l’accountability negli enti locali e fa propria, a questo punto, la frase di Paolo Borsellino, con la quale si rivolge alla moltitudine, ma, soprattutto, ai giovani, espressione della futura vita politica del Paese: li sprona, e li invita a prendere contezza del mondo per riuscire a migliorarlo coi fatti. “Parlate della mafia.”, diceva il giudice. “Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali, sui libri. Però parlatene”.

Sul sito è possibile l’acquisto on line, l’ordine di acquisto della versione cartacea e l’acquisto della versione in pdf. L’acquisto di un capitolo dei singoli autori (al costo di 3 euro l'uno).
http://www.aracneeditrice.it/aracneweb/index.php/catalogo/area/scienze-giuridiche/9788854860575-detail.html

mercoledì 29 maggio 2013

Editoriaba - Dall’Iran all’Egitto: l’onda lunga delle rivolte


Giovedì 30 maggio 

“LA RIVOLUZIONE LONTANO DA PIAZZA TAHRIR”
Presentazione del documentario “Lontano da Tahrir” 
di Ernesto Pagano e Lorenzo Cioffi 
e del libro fotografico “Revolutionary People” di Francesca Leonardi con testi di Pamela Cioni. 
Oltre agli autori intervengono: 
Valeria Brigida (giornalista e autrice del libro “Horreyya, la rivoluzione delle donne egiziane”)
Giuseppe Acconcia (giornalista, esperto di Medio Oriente).

Appuntamento giovedì 30 maggio 2013 ore 18.30/Nuovo Cinema Palazzo, Piazza dei Sanniti 9/A (zona san Lorenzo).


Giuseppe Acconcia è un giornalista e ricercatore specializzato in Medio Oriente. Collabora con testate inglesi, egiziane e italiane, tra le quali Il Manifesto. È laureato in Economia politica all’Università Bocconi di Milano con tesi sul movimento riformista iraniano. Ha conseguito un Master in Middle Eastern Studies alla School of Oriental and African Studies di Londra e ha collaborato con vari istituti di ricerca italiani e egiziani, tra i quali Al-Ahram.
Potete seguirlo su Twitter, o sul blog che cura regolarmente per Il Manifesto, Street Politics, dove si occupa di Iran e Nord Africa.

venerdì 24 maggio 2013

Editoriaraba - “L’arco e la farfalla” di Mohammed al-Achaari


La presenza, al Salone del Libro di Torino, di Mohammed al-Achaari, venuto per presentare il suo romanzo "L’arco e la farfalla" (traduzione dall’arabo di P. Viviani, a cura di I. Camera D’Afflitto; Fazi Editore, 2012), 'mi dà modo - ci dice editoriaraba - oggi di provare un piccolo esperimento: presentare il libro a chi non l’ha letto con l’ausilio di Internet, blog e Youtube inclusi'.

Ma prima, una doverosa introduzione all’autore:
Mohammed al-Achaari (1951) è un poeta, scrittore e politico marocchino. Laureatosi in Legge nel 1976, due anni dopo pubblica la sua prima raccolta di poesie. Negli anni Ottanta viene incarcerato per il suo attivismo politico. Dal 2002 al 2007 ricopre il ruolo di Ministro della Cultura. Con "L’arco e la farfalla" arriva finalista, nel 2011, al premio per la narrativa in lingua araba, che vince in ex aequo con la scrittrice saudita Rajaa Alem.

Sul blog una recensione critica scritta su Editoriaraba da Giacomo, che si interroga sul valore di un libro in cui emergono molti stereotipi e si sofferma sul modo in cui il romanzo è stato presentato al pubblico italiano (a metà tra primavera araba e terrorismo); e un’analisi più recente e molto approfondita di Rabii sul blog di ALMA, che contestualizza il libro all’interno del percorso professionale e personale di Al-Achaari e sostiene tra le altre cose, che "L’arco e la farfalla essendo il prosieguo di "Janub al-Ruh", scritto dall’autore 15 anni prima, possa essere compreso al meglio leggendo il primo.

“L’arco e la farfalla” di Mohamed al-Achaari: attualità e stereotipi (G. Longhi, novembre 2012)
“L’arco e la farfalla” o l’individuale e il collettivo nell’esperienza di Mohamed al-Achaari (R. El Gamrani, maggio 2013)

L'autore osserva come siano irritanti le fascette promozionali che avvolgono il libro come un pacchetto regalo e le frasette scritte sul retro di copertina, che ammiccano vogliose ai lettori dagli scaffali delle librerie. Molto spesso sono dannose semplificazioni del testo, che poco o nulla hanno a che vedere con il contenuto. Nel caso in questione, la scritta riportata nel retro, come ci ricorda Giacomo, “strillava” al lettore che il romanzo tratta della primavera araba e del terrorismo, due temi “caldi” già di per sé che, associati ad un romanzo arabo nuovo di zecca, lo rendono un prodotto esplosivo. L’accostamento verso il primo dei due termini soffre di un vistoso sbalzo temporale: il libro infatti è stato pubblicato in Libano nel 2010, qualche mese prima dello scoppio delle rivolte in Tunisia ed Egitto. Accostarlo alla primavera araba risponde alle logiche di marketing a cui non sfuggono le case editrici, grandi e piccole.

Su Editoriaraba i video della presentazione organizzata all’interno di Lingua Madre durante il Salone torinese. 

giovedì 23 maggio 2013

"Candidato Reagan. L’alba di un’epoca americana" di di Francesco Chiamulera Venerdì 24 maggio ore 17.00 a Roma


Venerdì 24 maggio 2013, ore 17.00

presentazione del volume Candidato Reagan. L’alba di un’epoca americana 

di Francesco Chiamulera - Nino Aragno, 2013


Con l'autore intervengono

Daniele Fiorentino, Giordana Pulcini, Giovanni Sabbatucci



Biblioteca di storia moderna e contemporanea - Palazzo Mattei di Giove

Via Michelangelo Caetani 32 - Roma

mercoledì 22 maggio 2013

Editoriaraba - Lingua Madre, lingua etnica?


Salone del libro di Torino
Qualche riflessione sulla presenza "araba"

L'inviata, Chiara Comito, si è soffermata a pensare agli incontri a cui ha assistito nel fine settimana. Praticamente tutti gli incontri che avevano come protagonisti degli ospiti “arabi”, sono stati organizzati nell’ambito della manifestazione Lingua Madre, una sorta di incubatore per alcune lingue extraoccidentali, tra cui arabo, turco, bulgaro e persiano. 
Sotto l’ombrello di Lingua Madre, gli ospiti di “lingua” araba sono stati: Jamila Hassoune (Marocco), Joumana Haddad (Libano) e Leena Ben Mhenni (Tunisia) presentate da Karima Moual (Italia-Marocco); Mohammed al-Achaari (Marocco) presentato da Khaled Fouad Allam (Algeria-Italia); Amara Lakhous (Algeria-Italia) presentato da Carmine Abate (italiano ma di origine arberesh); Khaled Fouad Allam presentato da… Khaled Fouad Allam; Hamid Grine (Algeria) presentato da Amara Lakhous. 

Ogni incontro meriterebbe un racconto a sé: "a partire da quello con lo scrittore marocchino al-Achaari, il cui moderatore non aveva con tutta evidenza compreso che il protagonista dell’incontro non era lui, bensì al-Achaari", scrive l'autrice. 
Il panel su donne e rivolte arabe organizzato la mattina della domenica è durato un’oretta scarsa. Preceduto dai saluti del Presidente della Fondazione Carical e da un brevissimo filmato sulle primavere arabe, ha visto succedersi in serie gli interventi delle tre ospiti, che hanno parlato ciascuna per meno di 10 minuti. I discorsi di Hassoune e Ben Mhenni, che parlavano in francese, sono stati tradotti in italiano da un’interprete, quanto meno inadatto al tipo di performance ci dice polemicamente chi ha assistito all'incontro. Joumana Haddad, che parla l’italiano molto bene, non ha avuto bisogno dell’interprete (per sua fortuna).

L’incontro successivo ha visto di nuovo protagonista Khaled Fouad Allam che presentava…il nuovo libro di Khaled Fouad Allam sulla primavera araba. L'autrice lamenta il fatto che l'autore abbia presentato se stesso. Conoscendo dal vivo il personaggio non mi aspetterei altro.
Domenica pomeriggio infine, l’incontro con Amara Lakhous è stato introdotto da un brillante Abate, scrittore di origine calabrese vincitore del Campiello. Lo stesso Lakhous, poco dopo, è stato a sua volta moderatore dell’incontro con lo scrittore algerino francofono Hamid Grine (entrambi sono pubblicati da e/o). 

Ora, la mia critica nasce nel momento in cui leggo, sul sito web del Salone, che il settore Lingua Madre vorrebbe proporsi come punto di incontro tra culture diverse, “un’arena dedicata agli incroci linguistici e culturali che hanno ridisegnato la mappa delle culture mondiali, all’insegna di un intenso scambio di esperienze creative e con il risultato di ibridazioni fascinose, come sempre accade quando lo scambio riguarda espressioni artistiche lontane nello spazio e nel tempo”. 
Nella pratica invece, Lingua Madre, nonostante le belle intenzioni, finisce per essere un circuito chiuso, quasi ghettizzato, all’interno del quale far circolare solo alcuni tipi di incroci linguistici e culturali: più precisamente, quelli extraoccidentali (non  extra-europei perché tra gli invitati figura anche uno scrittore bulgaro, Georgi Gospodinov, e un’autrice francofona ma di padre montenegrino e madre bosniaca, di nome Jakuta Alikavazovic). 
"E così facendo, si rischia di rinfocolare quella terribile e temibile idea secondo cui le letterature e le idee extraoccidentali siano una cosa a sé, differenti dal mondo letterario e culturale occidentale e che per questo motivo abbiano bisogno di uno spazio a loro dedicato. 
Uno spazio circoscritto e ben individuato, direi quasi etnico." 

lunedì 20 maggio 2013

30 maggio 2013 ore 17.30 presentazione del volume "Dove va il Mediterraneo" di Franco Rizzi - Archivio di Stato di Roma


Giovedì 30 maggio presentazione del nuovo libro del prof. Franco Rizzi, edito dalla Castelvecchi “Dove va il Mediterraneo?” che uscirà il prossimo 22 maggio in libreria.

La presentazione si svolgerà alle ore 17.30 presso l’Archivio di Stato di Roma in Corso Rinascimento, 40.

Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia" a Monopoli, 19 maggio 2013

Al Castello di Carlo V a Monopoli tra il giornalista Mario Valentino
- free lance de' la Repubblica - e l'assessore alla cultura


domenica 19 maggio 2013

Arabe ribelli al Salone del libro di Torino

Tre donne, tre paesi e un filo conduttore comune: la cultura come strumento di rivolta, soprattutto contro la marginalizzazione - intellettuale e non solo della donna - protagonista al Salone di Torino con la scrittrice libanese Joumana Haddad; la blogger tunisina Leena Ben Mhenni; e la libraia di Marrakech, Jamila Hassoune che nel 1996 cominciò a girare le campagne diffondendo la lettura con la sua auto, una sorta di biblioteca viaggiante. Nacque così l'idea della Carovana civica, ormai da anni un forum di dibattito.

giovedì 16 maggio 2013

Editoriaraba - Arriva in Italia “Filastin”, di Naji al-Ali


Con presentazione di Vauro a Torino

La matita di colui che è forse il più conosciuto caricaturista palestinese è arrivata in italiano con “Filastin. L’arte di resistenza del vignettista palestinese Naji al-Ali” (Eris, pp.224, 17 Euro)

Filastin “contiene 175 vignette originali accuratamente restaurate e raggruppate in 5 capitoli: Palestina, Libano, Paesi Arabi e Occidente, Petrolio, Valori Universali” 
(ansamed).

“Centosettancique vignette originali sono state accuratamente restaurate, in collaborazione con Khaled al-Ali figlio dell’artista, e nel libro sono accompagnate da un’intervista inedita in Italia rilasciata da Naji al-Ali alla giornalista e scrittrice Radwa Ashour. Inoltre è introdotto da una prefazione di Vauro Senesi e dagli endorsement scritti dal fumettista Joe Sacco, il vignettista di "Le Monde" Plantù, e il giornalista de il Manifesto Michele Giorgio. (lospaziobianco)”

Ancora da ansamed: “Parte del ricavato del libro, rende noto la casa editrice torinese, andrà a finanziare alcuni progetti portati avanti dal Comitato di Solidarietà del Popolo Palestinese di Torino che ha contribuito alla pubblicazione e alla traduzione dei testi del volume”. 

Proprio a Torino, sabato 18 maggio alle 16.30 alla Libreria Belgravia (Via Vicoforte 14/d), Vauro (che ne ha curato la prefazione) presenterà l’antologia

Naji al-Ali è celebre in tutto il mondo anche per aver creato il disegno del piccolo Handala: il piccolo palestinese di 10 anni (tanti ne aveva l’autore quando con la sua famiglia fu costretto a lasciare la sua casa, in Palestina) raffigurato sempre di spalle, a ricordare come il mondo abbia voltato le spalle alla Palestina e ai suoi abitanti.
Qualche giorno su Editoriaraba si è parlato di Ghassan Kanafani, rimasto ucciso in un attentato terroristico a Beirut nel 1972. Stesso tragico destino toccò ad al-Ali, assassinato a Londra nel 1987 da un attentatore rimasto ancora senza nome.
La letteratura e l’arte sono pericolose per chi non le frequenta.
Se volete saperne di più su Naji al-Ali, si puo' leggere quanto Rabii El Gamrani qualche mese fa ha scritto sul blog ALMA.

mercoledì 15 maggio 2013

"Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia" a Milano, Touring Club Italiano, 14 maggio 2013



Da sinistra: il Console Generale di Tunisia a Milano,  Faouzi Ouertani, il Presidente TCI, Franco Iseppi,
Ilaria Guidantoni e Dora Ellouze, Ente Tunisino per il Turismo

martedì 14 maggio 2013

Martedì 14 maggio 2013 "Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia" a Milano, ospite di Touring Club Italiano, Corso Italia 10, ore 18.00


Impegno civile e tenerezza


La piccola lanterna di Ghassan Kanafani

Molti conoscono la storia e le opere di Ghassan Kanafani, scrittore e militante politico palestinese nato nel 1936 ad Acri, nel Nord della Palestina, rifugiato dal 1948 e ucciso in un attentato terroristico nel 1972.  Portavoce del popolo palestinese e rappresentante di quel connubio ben riuscito tra letteratura e impegno politico, Kanafani ha lasciato in eredità 18 romanzi e tantissimi tra articoli e racconti.  Si definiva un “autore di storie” e la sua fama è legata senza dubbio a Uomini sotto il sole (a cura di I. Camera d’Afflitto, Sellerio 1991), e a Ritorno a Haifa (a cura di I. Camera d’Afflitto, Edizioni Lavoro, 1991).

Ma non tutti forse sanno che Kanafani era anche uno zio orgoglioso della sua nipotina Lamis, la prima nipote nata nel 1955, a cui ogni anno, in occasione del suo compleanno, regalava una storia, scritta e illustrata con le sue mani. Una di queste storie,  La piccola lanterna, è diventata un libro pubblicato nel 2005 dalla Ghassan Kanafani Cultural Foundation, basata a Beirut. Kanafani scrisse questa storia per l’ottavo compleanno della sua amata Lamis, definita come la sua piccola musa. È la storia di una principessa che, alla morte del padre, è destinata a diventare regina ma solo se riuscirà a compiere il volere del defunto genitore: far entrare il sole nel castello. Se non vi riuscirà, il suo destino sarà quello di finire i suoi giorni all’interno di una cassapanca di legno. La novella si conclude con un lieto fine e un insegnamento: esistono tante piccole lanterne nel mondo, che messe insieme possono portare i raggi del sole anche nei posti più impensati. Ma per riuscirci, bisogna abbattere quei muri, alti e invalicabili, in cui ci rinchiudiamo e con cui ci difendiamo dal mondo esterno. Il libro è stato stampato in testo a fronte arabo/inglese, dove il testo arabo è quello vergato dalla mano di Kanafani. Ogni pagina contiene un delicato disegno che correda le parole. Questa piccola lanterna è un piccolo e prezioso gioiello, un dono d’ amore da uno zio un po’ speciale alla sua nipote prediletta. Così scrive l’autore, all’inizio della storia:

Mia cara Lamis, finalmente dopo così tanti anni ho capito chi sono e dove sto andando. Per questo motivo, non so scriverti una poesia, perché non sono un poeta, né un articolo perché non sono un giornalista..e così, per mantenere la promessa di farti un regalo per il tuo compleanno, ti scriverò una storia...perché io per professione scrivo storie. La storia che ti ho scritto, La piccola lanterna, continuerà a crescere con te, al tuo fianco.

Ghassan

Così non fu, perché la bomba che uccise Kanafani, spezzò anche la vita della giovane Lamis, in quel funesto giorno di Beirut del 1972 in cui i due si trovavano a bordo della stessa auto che saltò in aria.

La piccola lanterna è diventato anche un musical dal titolo Fawanees, cantato da giovani musicisti. Secondo Haaretz, il musical andato in scena nel 2004 fu un tale successo che il pubblico non riuscì ad entrare nel piccolo teatro di Ramallah. Dopo tutto, forse, è vero che la storia della piccola lanterna è rimasta con Lamis. Con lei e con i palestinesi.

Il libro può essere acquistato online dal sito di Rimal Books . Il link sul blog di editori araba.

lunedì 13 maggio 2013

Editoriaraba - Anteprima romana per il nuovo libro di Amara Lakhous


Lo scrittore italo-algerino presenterà martedì 14 maggio 2013, in anteprima per il pubblico romano, il suo nuovo libro, "Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario", forse il romanzo più “personale” di Amara. 
I torinesi invece potranno ascoltarlo domenica, durante il Salone del Libro. Per le altre date, seguite gli aggiornamenti della casa editrice su facebook e twitter.

venerdì 10 maggio 2013

Viola Editrice presenta la I edizione del premio letterario "Gocce d'inchiostro"


Scadenza: 15 maggio 2013

Il concorso si articola in:
raccolta di racconti (da un minimo di 1 ad un massimo di 3, con un numero di pagine a racconto, da un minimo di 20 ad un massimo di 60 cartelle);  
raccolta di poesie (da un minimo di 5 a un massimo di 20 componimenti);
romanzi (rosa, giallo, storico, horror, fantascienza, noir, di genere, etc.). 
Modalità di partecipazione:
Gli autori dovranno inviare i manoscritti in unica copia – allegando, oltre a una breve sinossi dell’opera, anche un curriculum con i propri dati personali (indirizzo, telefono, e-mail) – entro il termine del 15 maggio 2013 al seguente indirizzo:
VIOLA EDITRICE – Via Pagoda Bianca, 58 – 00144

Per la partecipazione al Concorso Letterario, si richiede una quota pari a 10 euro (dieci euro) per spese di organizzazione e di segreteria, da versare su c/corrente postale IBAN IT08G0760103200001011427844 intestato a VIOLA EDITRICE, indicando come causale:

Premio Letterario “Gocce d’inchiostro”. Il pagamento di una quota dà diritto a partecipare a tutte le Sezioni.

Per ulteriori dettagli sul concorso, scarica il bando da www.violaeditrice.it

"Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia" ospite di Viaggi dell'Elefante a Roma, Spazio Ducrot, 8 maggio 2013


Da sinistra Enrico Ducrot, AD di Viaggi dell'Elefante, l'editrice Ilaria Catastini,
Ilaria Guidantoni e S.E. Naceur Mestiri, ambasciatore della Repubblica di Tunisia in Italia


Editoriaraba - Il mondo 'arabo' al Salone internazionale del Libro di Torino


La rassegna propone una serie di incontri letterari e culturali con scrittori e intellettuali, arabi e italiani

SABATO 18

ore 15 @Spazio Piemonte: incontro con lo scrittore marocchino Mohammed al-Achaari ("L’arco e la farfalla", Fazi, 2012). 

DOMENICA 19

ore 10.30: Dibattito sul tema “Il risveglio arabo. L’altra sponda del Mediterraneo. Le donne protagoniste del cambiamento“, con Joumana Haddad (scrittrice, poetessa e giornalista libanese, di cui ho parlato tante volte, ma potete leggere qui per sapere gli appuntamenti italiani), Leena Ben Mhenni (blogger e attivista tunisina) e Jamila Hassoune. Modera Karima Moual, giornalista e blogger italo-marocchina

ore 11.30: @Spazio Piemonte: incontro con il sociologo Khaled Fouad Allam, in occasione della pubblicazione del suo nuovo libro dal titolo "Avere vent’anni a Tunisi e al Cairo. Per una lettura delle rivoluzioni arabe" (Marsilio, 2013)

ore 14 @Spazio Piemonte: incontro con lo scrittore Amara Lakhous, che presenta il suo nuovo libro "Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario" (Edizioni e/o, 2013)

ore 16.30: incontro con lo scrittore algerino Hamid Grine che presenta il suo libro "Camus nel narghilè" (Edizioni e/o, 2013)

***
Per segnalare altri eventi sullo stesso genere si puo' scrivere a: editoriaraba@gmail.com

mercoledì 8 maggio 2013

Editoriaraba - Il Prix Goncourt de la nouvelle 2013 a Fouad Laroui


Piccole, grandi soddisfazioni italiane

Per chi non lo sapesse, il Prix Goncourt de la nouvelle viene assegnato ogni anno a margine del Prix Goncourt...tout court. 
Sottigliezze a parte, lo scrittore ed economista marocchino che vive e insegna in Olanda, ha vinto il premio per il suo "L’étrange affaire du pantalon de Dassoukine", pubblicato dalla Julliard.
Fouad Laroui è stato recentemente in Italia proprio come ospite del Festival della letteratura francese, come rappresentante di quella francofonia di cui ancora non ho capito se sono più i francesi che ne sono orgogliosi, o quelli che questo concetto lo rifiutano.
Il riconoscimento letterario dato dall’Accademia Goncourt è un segnale molto positivo per quella letteratura che si esprime in francese, ma francesissima non è (citazione tratta dall’intervista con Amara Lakhous di ieri).
Restando in Italia, la nostra editoria può ben dirsi fiera: Fouad Laroui è stato tradotto proprio quest’anno in italiano da Del Vecchio Editore, che ha pubblicato la raccolta di racconti dal titolo "L’esteta radicale".
Nel panorama editoriale italiano, fiacco e senza fondi, dove si traduce solo quello che si vende di più, l’aver puntato su un “esordiente” poi risultato vincente deve essere stato un motivo di grande soddisfazione per la casa editrice. 
Quando poi allarghiamo l’orizzonte un po’ di più, e scopriamo che in inglese Laroui, nonostante una piccola lobby molto agguerrita, non è stato ancora tradotto, i motivi di soddisfazione raddoppiano.
Per un profilo completo dell’autore potete leggere l’articolo scritto da Rabii El Gamrani per "ResetDoc" (prima di sapere che Laroui avrebbe vinto).

Mercoledì 8 maggio Viaggi dell'Elefante presenta "Chiacchiere, datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia" a Roma, Spazio Ducrot, via D'Ascanio 8/9, ore 19.00


Editoriaraba - Ahmad Rafiq Awad: “La natura è il libro dei palestinesi”


Lo scrittore palestinese Ahmad Rafiq Awad è stato ospite di una serie di eventi culturali e letterari organizzati in varie città italiane per presentare il suo libro, Re Churchill, e celebrare i 65 anni dalla Nakba. Editoriaraba l'ha incontrato sabato 4 maggio presso l’Ambasciata palestinese a Roma, in occasione della presentazione romana della pièce teatrale dedicata all’incontro avvenuto nel 1921 tra la delegazione palestinese e Churchill. 
Ma di questo prolifico e poliedrico autore, le Edizioni Q nel 2012 avevano tradotto Il paese del mare (a cura di A. Isopi). 
"Ogni anno (si legge nel libro), quando arrivano aprile e maggio sento il profumo del mare. Del “mio” mare, quello della Calabria jonica, terra di cui è originaria la mia famiglia, in cui ogni estate da quando sono piccola mi immergo senza potergli resistere. È un richiamo intimo e potente, che mi riporta alle cose importanti della vita, che nella metropolitana Roma si perdono tra clacson, grida e smog. Mi immagino il profumo dello iodio, del pane appena sfornato, dei gelsomini così dolci che ti strappano il cuore, dello zucchero dei biscotti cotti al forno, del pesce azzurro appena pescato, del rosmarino selvatico, fresco a pungente.
E quando arriva questo sospiro d’estate l’unica cosa che vorrei fare è prendere il primo treno e scendere giù per l’Italia e tuffarmi nel blu dello Jonio.
Mi è stato quindi facile immedesimarmi nel padre del protagonista del libro Il paese del mare, pur non condividendone le sfortunate sorti: originario della Cesarea, ormai diventata territorio israeliano, egli può solo puntare il naso e odorare il ricordo del suo mare, che suo non è più. Alla ricerca del profumo del mare, al calar della notte il padre di Ahmad Ibn Masud si trasforma in un grosso istrice e si tuffa nella boscaglia, percorrendo chilometri e chilometri in direzione di Acri e Cesarea, invisibile agli uomini.
Di notte mio padre si trasformava in un'istrice, percorreva i deserti e le steppe, calpestava le colline e le alture, fiutava i profumi delle valli e delle loro profondità […]. 
La terra la conosci solo con il naso. Mio padre di notte si trasformava in un istrice mentre inseguiva l’odore del mare, che di notte è più forte. 
[…] mio padre, che dopo il 1948 non faceva più affidamento sulle case, sui muri e sulle abitazioni, non appena vide il sole immergersi nella sua incredibile vasca violacea diventò un istrice ricoperto di aculei affilati". 
"Il paese del mare" è un libro estremamente poetico, ma dal respiro onirico: in esso il protagonista, il giovane Ahmad Ibn Masud, ripercorre nei suoi sogni, mentre dovrebbe sorvegliare i campi paterni, la storia della Palestina accompagnato da un personaggio storico eccezionale: il condottiero e poeta Abulfida, che fu re di Hama e partecipò all’assedio di Acri che si concluse con la riconquista della città ai crociati. Nel sogno Abulfida si presenta sotto le sembianze di un enorme Rukh, un uccello mitologico, che afferrando con gli artigli il giovane Ahmad, lo trasporta tra le epoche storiche della Palestina, facendogli incontrare personaggi storici realmente esistiti e facendolo assistere a battaglie ed assedi. Con lui, Ahmad discute e si interroga sul futuro della Palestina e dei palestinesi oggi, assediati in ogni luogo da coloni, checkpoints e militari che hanno stravolto completamente la geografia del paesaggio palestinese.
Il libro contiene anche una critica molto forte, e forse esasperata, nei confronti dell’Occidente, identificato come un monolite dalla stessa mentalità, che dovrebbe assumersi la responsabilità di fare pressioni su Israele affinché tratti un accordo di pace con i palestinesi. Senza le pressioni occidentali, è convinto l’autore, Israele non tratterà mai.
L’impianto onirico, il passaggio continuo tra sogno e realtà, il personaggio di Abulfida e l’ambientazione storica mi hanno ricordato il capolavoro di Raymond Queneau, "I fiori blu", in cui la realtà del protagonista si fonde inestricabilmente con il sogno, creando un quadro in cui è quasi impossibile capire se a sognare sia l’incorreggibile Duca d’Auge o il vecchio Cidrolin, emblema della staticità dell’uomo moderno.
Il romanzo è pervaso da un sentimento di nostalgia e malinconia davvero struggenti. Lo si sente, forte, quando il padre di Ahmad, al ricordo di ciò che ha perso dopo il 1948 non può far altro che piangere lacrime amare: 
“Mio padre indicò il suo cuore e pianse. Quando il paese svanisce, ogni cosa svanisce con esso” – e rifugiarsi nei ricordi: “Cosa resta di me se dimentico Cesarea?”. 
Lo si sente, fortissimo, quando la Palestina viene descritta come una terra in cui “il sapore della stessa esistenza viene messo in discussione”. 
Le pagine sono un tripudio di profumi, odori e colori: dalla salvia (che porta con sè il profumo delle madri), alla ginestra e al mirto, dall’albero di ulivo a quelli di pino e china. Il paesaggio è quello mediterraneo, che a noi italiani è molto familiare ed è reso, linguisticamente parlando, dall’uso di molti aggettivi, sempre pertinenti e diversi, e a un lessico dolce e caldo, che abbraccia il lettore e lo trasporta con l’immaginazione verso est, sulle colline palestinesi, in mezzo ai campi, nelle case dove si cucina la zuppa di “luffa velenosa”.
Quello che più mi ha colpita - ci racconta l'autrice dell'articolo - però è stato lo scoprire, pagina dopo pagina, l’esistenza di un sentimento panico della natura che lega i palestinesi alla propria terra. Nel libro, gli uomini sono completamente immersi nella natura che li circonda e non è solo una questione di rispetto, no, perché il rispetto implica in qualche grado una forma di distanza tra l’oggetto del rispetto e il soggetto. 
Nelle parole di Rafiq Awad invece, l’uomo è un tutt’uno con le rocce, gli animali, la terra, gli alberi: 
"Gli uccelli volano e niente li afferra nel cuore del cielo. Riesci a vedere, ad ascoltare, a percepire il cuore del cielo? Cos’è questo cuore del cielo? È la forza, la libertà, l’elevatezza. Voglio essere un uccello per volare sopra tutta la Palestina".
E ancora: 
"Mio padre mi ha insegnato l’amore per i grilli, per le formiche e per i pidocchi e mi ordinava di non ucciderne alcuno, poiché queste creature suscitano meraviglia. Ognuna di esse è un capolavoro di creazione e inventività; come osiamo ucciderle?"
L’olismo uomo-natura fa parte della realtà quotidiana: “In Palestina amiamo la nostra terra" – mi ha detto in una breve intervista l’autore. Ma, la parola amore non può contenere tutta la potenza del significato di quello che vorrei dire. I palestinesi danno un nome agli alberi, animali, da sempre, perché la terra è l’identità dei palestinesi. "La natura è il libro dei palestinesi. In Palestina diamo un nome perfino alle rocce, perché vivono con noi, fanno parte della famiglia”. 
Rafiq Awad si sente il cantore delle storie palestinesi: “Racconto le loro storie perché sono anche le mie“, mi ha detto ancora. 
“Le loro storie, il loro patrimonio, i loro dolori, il loro sangue è dentro di me, nel mio cuore. Il mio ruolo come scrittore palestinese è quello di dire che i palestinesi sono persone vive, che possono dare un contributo a tutto il mondo, perché quello palestinese è un grande popolo“.
Il paese del mare è un libro di storie, che si può leggere anche solo un pezzo per volta. 
Potete lasciarlo sul comodino e riprenderlo quando vi verrà voglia di cose buone: del profumo della salvia, dell’odore del mare, o quando non saprete togliere gli aculei lanciati da un istrice impaurito che, nel cercare l’odore del mare, vi ha attraversato la strada in una notte estiva dalla luna rotonda.

martedì 7 maggio 2013

Editoriaraba - Intervista con Amara Lakhous: "Questa Italia alle prese con la paura dell'altro"

(intervista pubblicata ieri su Arabismo)


Durante la Fiera del Libro di Abu Dhabi, appena conclusa, Chiara Comito ha avuto la possibilità di parlare con lo scrittore Amara Lakhous del suo nuovo libro, Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario, che è in uscita questa settimana per la casa editrice romana e/0 sui temi analizzati da Lakhous: l’identità, la nuova Italia multiculturale, la questione meridionale, l’illusione dell’integrazione, i media.

Amara Lakhous ci racconta quello che non vediamo, o che forse non vogliamo vedere e ci parla di noi e delle questioni irrisolte di un’ Italia in crisi, che gioca in difesa, che ha perso la bussola e non sa dove andare.

La sua è la voce di un italiano, non italianissimo, che dovremmo tutti ascoltare.

Chiara Comito: Sta per uscire in libreria Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario, il tuo nuovo libro, raccontaci di cosa tratta?

Amara Lakhous: Questo romanzo rappresenta una nuova tappa del mio progetto letterario. Dopo aver ambientato i miei primi due romanzi a Roma, ho cambiato città e sono andato a Torino, seguendo i miei personaggi, e questo dimostra quanto io li rispetti sempre e mi metta a loro disposizione.

In questo libro racconto l’Italia di oggi con una certa spregiudicatezza, un’ espressione che mi piace molto. A me piace giocare in attacco: mi aspettano in difesa a chiudermi, a me che vengo dall’Algeria, e invece io vado a stupire, come ho fatto in Scontro di civiltà per un ascensore in Piazza Vittorio e Divorzio all’islamica a Viale Marconi. Corro in avanti a giocare. E con questo spirito vado ad approfondire il discorso dell’immaginario, perchè penso che in Italia ci sia un immaginario da curare, da tranquillizzare.

In questo senso c’è una bella frase di Nietzsche, che tra l’altro dopo aver vissuto due anni a Torino, lì è impazzito. In Ecce homo c’è un passaggio in cui parla del ruolo del medico, che è quello di tranquillizzare l’immaginario del malato, perchè quello che spaventa il malato in realtà non sono i sintomi della malattia bensì l’immaginario turbato che c’è intorno alla malattia. Uso questa metafora per dire che penso che in Italia ci sia un immaginario turbato per quanto riguarda l’incontro con l’Altro. In questo paese ci sono delle paura ingiustificate.

CC: Durante il tuo panel (del 26 aprile, NdR) hai detto che gli italiani hanno paura degli immigrati, ma allo stesso tempo li accolgono nelle proprie case come badanti, domestiche.

AL: Sì. Perchè da una parte c’è una diffidenza ingiustificata nei confronti degli immigrati, ma dall’altra vengono accolti in casa e viene data loro la massima fiducia.

CC: Quindi è come se in Italia ci fosse una schizofrenia, un corto-circuito tra italiani e immigrati?

AL: Esattamente. C’è qualcosa che non funziona, sicuramente.

CC: Secondo te è risolvibile, e come?

AL: È sicuramente risolvibile, per prima cosa con la chiarezza e con la conoscenza vera. Da questa premessa ad esempio sono partito per scrivere il mio prossimo romanzo che sarà incentrato sui Rom. Mi sono chiesto: li conosciamo noi, questi Rom? Oppure andiamo sempre dietro il “sentito dire”, come: “ho sentito dire che le donne Rom rubano i bambini”. Quando e dove? Non risulta nessun caso. C’è stato un caso a Napoli, tentato, su cui però non abbiamo un riscontro effettivo.

CC: È una critica anche ai media, questo discorso?

AL: Certamente. In Contesa per un maialino italianissimo muovo una critica ai media. Il protagonista è un giornalista di origine calabrese nato a Torino, che si chiama Enzo Laganà. Fa il cronista di cronaca nera per l’edizione locale di un giornale nazionale, di cui però non dico il nome.



lunedì 6 maggio 2013

Un anno di Editoriaraba

Editoriaraba compie un anno, nata dalla scommessa personale e dall'interesse di Chiara Comito, si è nutrita di vari contributi quali quelli di Arabismo. 
Per chi volesse lasciare un commento si può collegare al blog.

venerdì 3 maggio 2013

Al Marca di Catanzaro una signolare iniziativa


BOOKHOUSE
La Forma del Libro

a cura di Alberto Fiz

4 maggio-5 ottobre 2013

Inaugurazione, sabato 4 maggio ore 18,30

All’ingresso, una Torre di Babele con 8 mila volumi e sulla facciata una cascata di letteratura che scende dalla finestra. Poco più in là una libreria esplosa e una camera da letto formata con copertine e segnalibri. Sono solo alcune delle sorprendenti e imprevedibili installazioni che caratterizzano Bookhouse. La Forma del Libro, una mostra particolarmente impegnativa dove intorno ad un unico elemento, quello del libro, si sviluppano le infinite forma dell’arte. Nella fase più critica della sua esistenza, proprio quando la rivoluzione tecnologica ci pone di fronte alla nuova era Gutenberg, il libro, nell’ambito dell’arte contemporanea, non è mai stato così attuale e la mostra proposta al MARCA rappresenta il più esaustivo omaggio a questo magico strumento che da oltre 500 anni mantiene fondamentalmente inalterata la sua fisionomia.
Il libro, del resto, così come gli archivi e le biblioteche, sono al centro del dibattito artistico contemporaneo: l’edizione 2012 di Documenta ha dedicato una parte considerevole delle opere con questo soggetto e la Biennale veneziana di quest’anno  s’intitola Palazzo Enciclopedico.
Bookhouse. La Forma del Libro è organizzata dalla Provincia di Catanzaro con il contributo della Regione Calabria e rientra nel progetto POR Calabria FESR 2007/2013. Ideata e curata dal direttore artistico del MARCA Alberto Fiz, comprende 50 artisti tra i più significativi della scena artista nazionale e internazionale che si confrontano sulla forma taumaturgica del libro, un oggetto così perfetto che Umberto Eco l’ha paragonato alla ruota.
“Il significato del libro risiede nella sua forma pensante”, afferma Alberto Fiz. “Se fosse semplicemente un contenitore di testi o di immagini, sarebbe già stato spazzato via. Invece, mantiene il proprio ruolo primario in quanto è un oggetto sensibile, in grado di creare un rapporto simbiotico con il lettore e, nello stesso tempo, ha la capacità di organizzare il pensiero. Un messaggio, quello proposto dal libro, partecipativo e polisemico che fissa il provvisorio in permanente e dove l’unità fisica presuppone l’unità di senso.”
Anche Wanda Ferro, Presidente della Provincia di Catanzaro con delega alla Cultura, sottolinea il grado sperimentale e innovativo della mostra proposta al MARCA: “Bookhouse. La Forma del Libro è un progetto che affronta una problematica centrale della nostra società e lo fa attraverso la voce autorevole di un eccezionale gruppo di artisti che spazia da Claes Oldenburg a Jannis Kounellis; da Anselm Kiefer a Mimmo Paladino. Le loro opere, prive di qualsiasi retorica, dimostrano la forza rigenerativa del libro, nonché la sua vitalità. Per il MARCA si tratta di una sfida affascinante per una rassegna destinata ad avere un’eco oltre i confini nazionali “
Di fronte ad un sistema dove prevalgono oggetti inerti, spesso desunti dalla società del consumo, il libro è di per sé un oggetto modulare, di carattere relazionale la cui semplice presenza evoca il contenuto. La grande mostra si sviluppa sui tre piani del museo dialogando anche con la collezione di arte antica.  
E’ la prima volta, nell’ambito di un’istituzione pubblica italiana che il libro, inteso come spazio fisico di ricerca, così come dimensione segnica e proiezione della memoria collettiva, diventa il protagonista di una rassegna trasversale di tale complessità che spazia da Claes Oldenburg a Michelangelo Pistoletto; da Anselm Kiefer a Pier Paolo Calzolari; da William Kentridge a Enzo Cucchi; da Jannis Kounellis a Candida Höfer; da Giulio Paolini a Dennis Oppenheim; da Mimmo Paladino a Airan Kang; da Enzo Cucchi a Emilio Isgrò, da Vincenzo Agnetti a Rashid Rana, da Michael Rakowitz a Ceal Floyer. Non manca, poi, una serie di spettacolari lavori site-specific realizzati per l’occasione come Idiom, l’installazione di 8 mila libri (i volumi sono stati forniti dalla casa editrice Rubbettino), alta quattro metri dell’artista slovacco Matej Krén dove un gioco di specchi crea una spirale infinita di volumi in un labirinto di colori e forme profondamente intimista. Sull’esterno del museo, poi, viene collocata la cascata di libri ideata dall’artista spagnola Alicia Martín che coinvolge lo spettatore in un’esperienza fisica ed emozionale. Non manca nemmeno un libro danzante collocato in una soluzione di 800 litri d’acqua del coreano Kibong Rhee e una camera da letto interamente sviluppata intorno ai libri, alle copertine e ai segnalibri, specificatamente ideata dallo svizzero Peter Wüthrich come ipotesi ambientale non priva di un’ironica componente esistenziale e Hanging Book, l’installazione dell’americano Richard Wentworth che per l’occasione rielabora il proprio progetto realizzato nel 2009 in occasione della Biennale di Venezia. Da Documenta 13, arriva, invece, il libro in pietra di Michael Rakowitz che vuole essere una riflessione, non priva di speranza, sugli orrori della storia.
La mostra del MARCA si svincola dall’ipotesi del libro d’artista, sebbene in taluni casi non manchino logiche convergenze, per orientarsi verso un’estensione dell’opera d’arte dove il libro diventa esso stesso scultura, installazione o ambiente ed è inteso come la parte che contiene il tutto, una metonimia intorno alla quale si sviluppa il significato dell’opera d’arte.
Se nel 1970 Germano Celant, nel suo celebre saggio Book as Artwork, aveva definito il libro come medium autosignificante, in questo caso lo stesso impone la propria ragione all’opera d’arte che s’interroga sulla permanenza dei segni in una prospettiva dove il contenuto e il contenitore sono per certi versi assimilabili. Il viaggio intorno al libro coinvolge biblioteche e archivi passando dal cavallo-libreria di Mimmo Paladino che contiene i volumi dell’Ulysses di James Joyce illustrati dallo stesso Paladino, all’immagine fotografica di Candida Höfer dedicata alla Biblioteca Nazionale di Napoli dove si relazione storia e architettura. In questo ambito spicca From The Entropic Library la straordinaria scultura di Claes Oldenburg e Coosje Van Bruggen di nove metri di lunghezza proveniente dal museo di Saint-Etienne. Si tratta di un’opera del 1989 dove il grande maestro della pop art americana fa esplodere una libreria interrogandosi sul caos linguistico e culturale. Una biblioteca della memoria è quella proposta da Anselm Kiefer con un’installazione dove i libri in piombo entrano in relazione con l’enigmatico poliedro che compare nell’opera di Albrecht Dürer. Se per Michelangelo Pistoletto il libro è l’estensione nello spazio, per Pier Paolo Calzolari rappresenta un elemento sospeso in continua metamorfosi. L’immagione fisica del libro compare nelle opere di Enzo Cucchi e Giulio Paolini, mentre Jannis Kounellis si sofferma sulla dimensione primaria del segno.
Nell’universo digitale, il libro richiede una rinnovata attenzione in quanto si tratta di uno strumento materiale con un immenso potere evocativo e in mostra compare il libro-scultura; il libro scrigno della memoria; il libro come codice senza parole; il libro-ombra; il libro come pluralità di libri; il libro come spazio immateriale, il libro bianco.
La mostra sviluppa la propria prospettiva sino ai libri interattivi e il compito di  raccontare le sperimentazioni tecnologiche del Terzo Millennio è stato affidato allo ZKM di Karlsruhe, il Centro di Arte e Media più importante a livello internazionale diretto da Peter Weibel che affronta la sfida imposta da un sistema dove il libro non è più un corpo solido ma liquido in progressivo movimento.
Ma le suggestioni e le problematiche della mostra sono infinite e spaziano dalla scultura-dentiera di Dennis Oppenhiem alla bibliorteca di fumo di Claudio Parmiggiani; dal Cristo cancellatore, una fondamentale opera di Emilio Isgrò realizzata nel 1968 un anno prima di un’altra opera determinante, il Libro dimenticato a memoria di Vincenzo Agnetti. Si spazia, poi, dal video di Gary Hill Big Legs Don’t Cry che già nel 1985 ipotizzava un libro attraversato da un corpo fisico, alla poltrona-libro di Art & Language; dalle microsculture in carta di Sabrina Mezzaqui alla raccolta di libri su Vincent Van Gogh di Stefano Arienti; dall’inquietante video di Paolo Canevari che fa bruciare a fuoco lento Mein Kampf alle accumulazioni di Gianfranco Baruchello; dal libro che attende di essere scritto di Gregorio Botta alle riscritture di Irma Blank; dal libro bruciato di Robert Rauschenberg alla onirica proiezione della Lettura proposta da Jean-François Guiton; dalle false architetture di Clegg & Guttmann ai disegni cancellati di William Kentridge; dal paesaggio-libro di Ceal Floyer alle sedimentazioni archeologiche di Maddalena Ambrosio; dai quadri elettronici di Davide Coltro alla biblioteca sommersa di Per Barclay, sino al libro in tessuto di Maria Lai, l’artista novantatreenne scomparsa nei giorni scorsi.
Una straordinaria e provocatoria biblioteca d’immagini, dunque, che permette di realizzare un viaggio nell’arte contemporanea dove il libro viene completamente riscritto.
In un progetto di così ampia portata sono state molte le collaborazioni con istituzioni pubbliche e private italiane e straniere tra cui quella con il Musée d’Art Moderne di Saint-Etienne Metropole, lo Zentrum für Kunst und Medientechnologie, l’Archvio Agnetti, l’associazione Zerynthia-Ram radioartemobile e la Dena Foundation.

La mostra è accompagnata da un libro in italiano e inglese edito da Silvana Editoriale con testi di Achille Bonito Oliva, Alberto Fiz, Lorand Hegyi, Lea Vergine e Peter Weibel. Accanto al saggio inedito di Emilio Isgrò e all’intervista di Mimmo Paladino con Marco Vallora, il volume è arricchito dalle testimonianze degli artisti che raccontano il loro rapporto con il libro.


Gli artisti presenti in mostra:

Vincenzo Agnetti, Pierre Alechinsky, Maddalena Ambrosio, Stefano Arienti, Art & Language, Per Barclay, Gianfranco Baruchello, Irma Blank, Gregorio Botta, Pier Paolo Calzolari, Paolo Canevari, Clegg & Guttmann, Davide Coltro, Enzo Cucchi, Ceal Floyer, Maria Friberg, Jean-François Guiton, Gary Hill, Candida Höfer, Emilio Isgrò , Airan Kang, On Kawara, William Kentridge, Anselm Kiefer, Jiří Kolář, Jannis Kounellis, Matej Krén, Anouk Kruithof, Maria Lai, Alicia Martín, Sabrina Mezzaqui, Claes Oldenburg & Coosje Van Bruggen, Dennis Oppenheim, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Claudio Parmiggiani, Michelangelo Pistoletto, Dmitry Alexandrovich Prigov, Michael Rakowitz, Rashid Rana, Robert Rauschenberg, Kibong Rhee, Gerhild Rother, Lisa Schmitz, Richard Wentworth, Peter Wüthrich.












Bookhouse. La Forma del Libro
Catanzaro, MARCA
a cura di Alberto Fiz

4 maggio- 5 ottobre 2013
Catalogo Silvana Editoriale


Mostre promosse dalla Provincia di Catanzaro–Assessorato alla Cultura con il contributo della Regione Calabria POR Calabria FESR 2007/2013, comune di Borgia, comune di Zagarise, Accademia di Belle Arti di Catanzaro, Eosud.


Inaugurazione: sabato 4 maggio 2013 ore 18,30

MARCA
Catanzaro
Via Alessandro Turco 63
da martedì a domenica 9,30-13; 16-20,30;
chiuso lunedì Ingresso: 3 euro; tel. 0961.746797

info@museomarca.com
www.museomarca.info


Uffici stampa:
Studio ESSECI – Sergio Campagnolo tel. 049.663499 info@studioesseci.net
Ufficio Mostre-Settore Cultura Provincia di Catanzaro tel. 0961.84721-0961.84724