lunedì 30 aprile 2012

Presentazione del libro "Islam tra pace e guerra", Sabato 28 aprile, libreria Griot, Roma



Sabato 28 aprile 2012, alla libreria Griot di Roma, Ilaria Guidantoni ha presentato il libro di Antonella Colonna Vilasi, Islam tra pace e guerra.

“Il Sorriso di Godot” di Stefano Giovinazzo


Ho conosciuto Stefano Giovinazzo, giovanissimo giornalista ad occuparsi di sicurezza stradale, quindi avventuriero (e do in questo caso un significato positivo al termine) in qualità di editore (mio primo editore tra l’altro) e lo ritrovo autore, in particolare, poeta. Nella scelta di campo mostra tutto il suo coraggio come dichiarano anche i due autori che scrivono a margine del libro. Avvicinarsi alla lettura poetica dovendo esprimere un giudizio critico mette sempre un disagio e imbarazzo. La sua scrittura è incisiva e nello stesso tempo lieve, con l’uso del punto fermo ripetuto come a poggiare la lettura, enfatizzando la sospensione dell’attesa, fil rouge della raccolta, a cominciare da titolo; ma nello stesso tempo a sottolineare come l‘attesa sia parte della vita ed abbia una propria consistenza e valore indipendentemente dall’oggetto dell’attesa.
Il Godot al quale si fa riferimento nel titolo è la figura del teatro dell’assurdo, in primis del teatro di Samuel Beckett, dove però l’attesa prende consistenza, guardando sia al futuro, sia al passato, al rimpianto soprattutto di amori passati, traditi, fuggiti. In modo originale, nel testo di Giovinazzo l’attesa non appare una diminutio della vita come il dolore, lungi dall’esserne la negazione. Anzi, la consapevolezza che arriva nella crescita non provoca il rimpianto dell’infanzia né il ripiegamento su se stesso. Se ‘l’entusiasmo antico è divenuto/avaro di emozioni./La vecchiaia degli amori/densa di amare suggestioni…’, senza un affievolirsi infatti ‘mani sporche di errori/ma immortalità’.
L’uomo che aspetta dunque non è un uomo indeciso ma calato nella vita quotidiana, non sospeso ma che sceglie di assaporare e scendere fino in fondo in questa fluttuazione: per cui attendere è un modo di cercare. E in questo incedere c’è un’accettazione del tempo che passa non solo come una fuga verso il nulla ma una sedimentazione dell’esperienza che fa dire al poeta, ‘ho sorriso al tempo’.
A riprova del senso di pienezza che invoca l’attesa in questo testo una lirica inizia con ‘Ho smesso/di restare fermo./Aspetto soltanto me stesso…./Mi concedo/il lusso di guardare lontano’.
Altro filo conduttore è rappresentato dall’amore che appare sempre nella nostalgia di ‘Giovani delusioni/in preda/a fredde paure’ o di un dialogo atteso, invocato con l’altro, senza mai essere troppo amaro o aggressivo. C’è una costante apertura alla possibilità di ricongiunzione. Infine c’è anche un accenno al tema civile in abbozzo come nei versi che raccontano ‘Avvinta da/macabri impedimenti/calibro 9./E vinta./Sfiorata/dalle fughe di massa/e colpevole./Di ammutinamento.’
C’è comunque sempre uno spazio di possibilità, come per i sogni e in questo invito, anche quando si scopre che ‘l’acqua è amara’ ma che comunque ancora disseta, l’appello alla responsabilità etica dell’esercizio della  libertà.

“Il Sorriso di Godot”
di Stefano Giovinazzo
Edilet Edilazio Letteraria
Euro 10,00

Prefazione di Irene Ester Leo
Giovane poetessa salentina editata da Stefano Giovinazzo in qualità di editore

Postfazione di Marco Onofrio
Direttore Editoriale EdiLet

giovedì 26 aprile 2012

“Islam tra pace e guerra” di Antonella Colonna Vilasi


Considero ogni presentazione di libro la tappa di un viaggio e i libri una rete di incontri.
Ritengo infatti che il libro più importante sia quello collettivo, che nasce dalla discussione e dal confronto, quello non scritto.
La stessa ragione per la quale sono stata invitata a presentare il libro in oggetto è l'incontro mediato da un'altra scrittrice, Tiziana Colusso, che ha legato idealmente il mio viaggio a Tunisi con questo saggio nel grande orizzonte del Mediterraneo, come un lago salato (Predrag Matvejevic) e culla di grandi civiltà oggi ridotto a luogo di scontri e di violenze (Fernand Braudel).
Il testo è un saggio didattico, molto chiaro con un linguaggio piano, articolato in capitoli sintetici che, pur con un filo conduttore e ‘una storia’, sono autonomi e  leggibili indipendentemente uno dal’altro, grazie alla ripetizione anche di parti, definizioni, con un punto di vista di volta in volta diverso.
Sostanzialmente ravviso tre parti, rispettivamente, le organizzazioni islamiche radicali/terroristiche, con ampio spazio dato al glossario; la storia e l'evoluzione delle organizzazioni islamiche e terroristiche; infine i rapporti con l'Occidente.
Lo ritengo un testo di grande utilità per consultazione e per interventi didattici. Per evitare un mero riassunto del testo e  commenti nel merito che già i due relatori che commentano il libro affrontano, mi interessa capire il punto di vista dell’autrice.
Sono due i concetti sui quali è interessante a mio avviso soffermarsi, ovvero, l'evoluzione del concetto di martirio e la mitizzazione della morte; e il tema dell’integrazione, immigrazione e identità.

La curiosità principale che mi è sorta leggendo il saggio di Antonella Colonna Vilasi concerne le ragioni stesse di questo testo. In particolare, come nasce la spinta a realizzare questo libro e qual' è l’obiettivo, che potrebbe essere distinto?
“Il testo – ha sottolineato l’autrice - segue la pubblicazione precedente sul terrorismo interno, la strategia della tensione e gli anni di piombo. La ragione e l'obiettivo di “Islam tra pace e guerra” è un tentativo di comprensione delle radici e delle motivazioni del terrorismo internazionale di matrice islamica"


Qual è il suo rapporto con il mondo arabo? Mi permetto questa domanda perché avverto distacco, lontananza. E' una scelta o un sentire?
“Può sembrare un approccio freddo e distaccato, ma il mio è un tentativo di trattare l'argomento con un focus scientifico e pedagogico, senza infingimenti ideologici né personalistici”.

Quali sono secondo lei le caratteristiche del terrorismo moderno rispetto alle organizzazioni criminali in generale e tradizionali, per una prima alfabetizzazione ed entrare nel merito del libro?
“Il terrorismo internazionale di matrice islamica costituisce sempre più una sorta di network, in cui l'iniziativa personale ed il fai-da-te è ormai una costante. Esempio è l'attentato messo in atto da un cittadino egiziano alcuni anni fa a Milano contro la caserma Santa Barbara. L'attentatore ha agito da solo ed ha costruito l'ordigno in casa, leggendo le istruzioni su Internet”.

Un altro aspetto che merita ogni trattazione su mondi linguistici e culturali lontani è il nodo della traduzione dei termini politico-religiosi arabo tra incertezze, incompetenze e disonestà intellettuale, da espressioni quali ‘primavera araba’, all’equivalente della parola ‘rivoluzione’, ovvero all'intifaDa; o ancora termini come 'talebano', sempre più abusato, insieme al sorprendente 'kamikaze'.
“Il termine talebano è un termine molto antico e letteralmente significa “studente del corano”, ed è solitamente utilizzato per indicare gli studenti delle scuole religiose annesse ad una moschea. I talebani, appartenenti al gruppo etnico dei Pashtun, compaiono per la prima volta nel 1994,  in ragione del loro antagonismo contro i mujaheddin.
Il termine kamikaze, invece, è un termine giapponese che designa il suicidio per motivi di guerra e su ordine dell'imperatore. Nel mondo islamico il kamikaze è chiamato martire, shahid, cioè colui che si immola per un ideale, ed è percepito come un eroe che combatte nel nome di Dio”.

Quali sono le ragioni interne della trasformazione del terrorismo e il ruolo dell'Occidente?
“L'ideologia e la pratica del martire-assassino è nata in Iran nei primi anni Ottanta del Novecento per poi diffondersi in Palestina. E  si sostanzia come strumento per il raggiungimento di un fine strategico: l'allargamento della società dei saggi (o salafita) in cui si ripercorrono i fasti della prima comunità, umma dei fedeli, che si riunì attorno al Profeta Maometto a Medina e poi a La Mecca”.

Nella terza parte del libro si analizza la presenza dell'Islam in Occidente e dell'Islamismo di ritorno: è una questione di afflato religioso, di identità e di esclusione e/o di marginalizzazione?
“L'Islam, con la sua cultura, storia ed antiche tradizioni costituisce un apporto positivo per l'Occidente, se vissuto senza radicalismi né estremismi. Talvolta si è verificato il caso in cui le moschee si rivelassero un luogo di indottrinamento e lavaggio del cervello da parte di imam che inneggiavano alla guerra santa. Come nel caso della moschea di Via Jenner a Milano”.


“Islam tra pace e guerra”
di
Antonella Colonna Vilasi
Con introduzione di Rosario Priore
Prefazione Vittorfranco Pisano
Collana I tempi della storia/19
Città del sole Edizioni
12,00 euro