sabato 25 febbraio 2012

Valneve - Prologo

Se la stessimo sorvolando, probabilmente non ci accorgeremmo neanche dell'esistenza di Valneve.
Con il cielo terso, resteremmo certamente incantati dallo spettacolo delle Alpi, dalle vette ghiacciate e i fiumiciattoli che irrorano di vita fauna e vegetazione.
Distolto lo sguardo dalle creste, dagli spuntoni e dai corsi d'acqua, a est, poco più in là del confine francese, la nostra attenzione verrebbe immancabilmente attirata dalla stanca maestosità di Torino. Solo in seguito, virando verso nord-est, lungo la linea dell'arco montano, separate da un muro d'altipiano, ci accorgeremmo di Ivrea e Biella, quest'ultima accovacciata ai piedi delle prealpi biellesi; e giù giù, scendendo svelti verso la “bassa”, troveremmo Vercelli e Novara, racchiuse nelle loro palle di vetro biancastro.
Ma di Valneve, ancora nessuna traccia.
Per scovarla bisognerebbe tornare su e cercarla attentamente, ben nascosta com'è tra territori che solo la legge attribuisce a questa o quella provincia, ma che infine appartengono soltanto agli abitanti di Valneve, a loro e a nessun altro.
E non c'è altro modo per snidarla che partire dall'alto e pian piano setacciarla: partire dalle terre dei funghi e della pioggia eterna – quella pioggia fine fine che evapora prima ancora di toccare il suolo – e dove il cielo è un soffitto troppo basso, per ridiscendere, adagio, verso la pianura, dove una nebbia che è un muro si erge dalla terra e ti circonda. Ti soffoca.
A metà di questo percorso, in quella regione di transizione che non è luce e non è ancora nebbia, ecco, è lì, in quel crepuscolo, che si nasconde Valneve.

Proviamo allora a usarla la fantasia, percorriamo un'immaginaria stradina che da Biella porta a Valneve. Ci troviamo a imboccare un sentiero che si attorciglia tra gli alberi di un bosco come un serpente si avvolge attorno alle gambe di un fachiro.
Non è raro trovare ai bordi di questa straducola, animali inusuali per chi vive in città: scoiattoli, procioni, istrici e, se siamo fortunati, piccole volpi. Ecco, silenzio! Proprio ora, tra quelle frasche, vediamo brillare alla luce della luna i vispi occhi di un cucciolo di volpe incuriositi dalla nostra presenza. Avviciniamoci, ma senza fare rumore. Ci guarda perplesso: probabilmente non ha ancora mai avvertito la presenza umana. Riusciamo quasi a toccarlo ma, proprio quando stiamo per posare la mano sul suo capo, si risveglia il suo istinto che riconosce nell'uomo un nemico e scompare nell'oscurità della boscaglia.
Un po' delusi, riprendiamo allora il nostro cammino e, dopo aver percorso appena un chilometro di questa spirale, finalmente, ci troviamo di fronte al cartello che ci dà il benvenuto a Valneve.
Con le sue vicende, a volte truci e violente, altre volte delicate e sognanti.
Con i suoi personaggi, esseri comuni alle prese con il mutuo, la carriera, lo studio; ma anche esseri non comuni come gatti che vengono da dimensioni parallele, saggi alberi parlanti, belle aliene dal sedere tondo e sodo.
Venite avanti, non abbiate paura.
Potete anche tenere gli occhi chiusi, lasciatevi prendere per mano e guidare.
Ma tenete le orecchie ben aperte.
Benvenuti a Valneve.

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