venerdì 8 marzo 2013

Da Editoriaraba - 8 marzo 2013 Leïla Sebbar, la malinconica saggista cantastorie


Continuiamo a parlare del Maghreb des livres, attraverso il profilo della scrittrice franco-algerina Leïla Sebbar.

di Annamaria Bianco

“Une écrivaine dans le siècle”: è così che si definisce Leïla Sebbar*. Una scrittrice del suo tempo, testimone di un’epoca durante la quale la storia francese si è mescolata inesorabilmente a quella nordafricana e viceversa.
E’ sulle suggestioni dei propri ricordi che questa donna dall’aspetto austero costruisce i suoi racconti, reinventando la propria esperienza di vita alla luce delle conoscenze da ricercatrice di letteratura francese coloniale acquisite nel corso degli studi. Gli esordi della sua carriera sembravano averla indirizzata verso la saggistica, quando attorno agli anni ‘70 aveva cominciato a pubblicare i suoi primi scritti d’inchiesta e riflessione antropologica. Ma non è passato troppo tempo prima che i risultati di queste indagini portassero la studiosa a creare ex-novo narrazioni concrete – delle quali protagoniste son spesso le donne – delle vicende della colonizzazione e delle guerre d’indipendenza, susseguitesi rapidamente le une dopo le altre. Avvenimenti storici importanti che hanno segnato la storia dei paesi coinvolti, e continuano a farlo. Il “Maghreb des livres” ha dimostrato l’attualità della questione ancora oggi, nel 2013.

Leïla Sebbar potrebbe essere considerata una delle scrittrici più sensibili all’argomento, se si considera la portata della produzione che vi ha dedicato, consacrando tante pagine alla sua Algeria in uno stile davvero delicato.
Personalmente – ci racconta l’autrice dell’articolo - ho trovato i due racconti brevi che ho letto, simili a due piccoli gioielli un po’ antichi, che ben si abbinano all’aspetto vintage della proprietaria dalla personalità riservata. Parlo di La Blanche et la Noire e Noyant d’Allier, entrambi pubblicati nel 2008 da Bleu Autour.
Il primo lascia una giovane aristocratica russa ed una vecchia schiava liberata raccontarsi a vicenda in una casa tunisina, fra flashback e sogni premonitori.
Il secondo segue il sotto-ufficiale Lam nel suo peregrinare fra Indocina, Algeria e Francia, inseguendo gli occhi neri di una donna, il ricordo di sua madre e i volti delle sue sorelle, alla ricerca costante dell’elemento femminile ancestrale simbolo della pace e della rigenerazione.
Entrambi procedono su toni languidamente malinconici e sembrano racchiudere qualcosa della poesia preislamica, l’eredità del compianto, forse. Una nostalgia che ritorna anche in altri racconti e romanzi, dei quali sono disponibili online diversi estratti, per chi, a suo agio nel leggere in francese, volesse immergersi nell’universo letterario della Sebbar.
Segnalo anche il titolo L’arabe comme un chant secret (2008), del quale, nella confusione della fiera, mi sono fermata a contemplare la quarta di copertina e a sfogliare alcune pagine: si tratta di un’opera autobiografica piuttosto commovente, a tratti, nella quale l’autrice si tortura nel domandarsi come fare a vivere separati dalla lingua del proprio padre, l’arabo (n.b. la madre è invece una francese cattolica); nella quale lei, purtroppo, non parla né scrive.

*Leïla Sebbar è una scrittrice di origini franco-algerine nata il 19 novembre 1941 a Aflou, nell’Algeria francese. Figlia di due istitutori, ha raccolto la loro eredità diventando Professoressa di Lettere in Francia, dove vive dall’età di 18 anni.
Per la bibliografia completa si consiglia il sito ufficiale.

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