venerdì 1 marzo 2013

Editoriaraba - Amin Maalouf e “I disorientati” inaugurano il Festival della narrativa francese 2013


Il Festival della narrativa francese è partito questa settimana e ha subito riscosso un ottimo successo di pubblico. A Roma, martedì scorso, c’era Amin Maalouf ad inaugurarlo. 
Il nuovo romanzo di Maalouf “I disorientati” (Bompiani, 2013, traduzione di F. Ascari; 496 pp., 20 euro) è uscito nelle librerie italiane il 27 febbraio.

Ha detto di sentirsi anche cittadino romano, lo scrittore libanese Amin Maalouf, che martedì scorso, nella splendida e sontuosa cornice della Sala Ercole di Palazzo Farnese a Roma, ha inaugurato insieme allo scrittore francese Michel Le Bris la IV edizione del Festival de la Fiction Française. Un festival itinerante per celebrare e onorare la letteratura francese, che vede la partecipazione di autori francesi e francofoni che nelle prossime settimane saranno protagonisti di 45 incontri in quasi 20 città italiane. 
Maalouf, sciarpa bianca poggiata sulle spalle, una voce forte e potente, ma allo stesso tempo gentile, che più di una volta ha strappato applausi spontanei al numeroso pubblico in sala, è autore di molti romanzi e saggi, nonché promotore e interprete della valorizzazione delle diversità culturali. Nato a Beirut nel 1949, lascia il Libano nel 1976 poco dopo lo scoppio della guerra civile. Da allora vive in Francia dove si dedica alla letteratura e al giornalismo. Vincitore del Premio Goncourt nel 1993 e Accademico di Francia, Maalouf torna in Italia con il suo nuovo romanzo, I disorientati, appena pubblicato da Bompiani: un libro importante, secondo le parole di un brillante ed entusiasta Giorgio Zanchini che lo ha intervistato sul palco, che affronta i temi più cari, e anche i più sensibili, per la storia personale del suo autore: l’esilio, la guerra civile libanese, l’identità, il nomadismo e l’incontro-scontro tra Oriente e Occidente al tempo della globalizzazione. 
"I disorientati" è il racconto di un ritorno in patria: quello di Adam, storico che vive a Parigi che torna nel suo paese (un Libano mai nominato nel romanzo perché è “l’universalità di questi destini la nota predominante”) per assistere un caro amico d’infanzia sul letto di morte. Nel ritornare, Adam ritrova gli amici di un tempo, un “circolo dei bizantini”, come li ha definiti Maalouf nel suo intervento, il cui legame di amicizia si era sfilacciato negli anni. Un ritorno, dopo decenni passati all’estero, che diventa rievocazione nostalgica del passato e strumento per esplorare un presente in disfacimento, in cui ciascun personaggio è disorientato per motivi diversi. Un tema, quello dell’esilio, che tocca l’autore in prima persona, il quale spesso è stato anche accusato di tradimento, rispetto ai tanti che erano rimasti nel proprio Paese durante la guerra civile.

Per saperne di più, Arabismo.org di Chiara Comito

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