mercoledì 19 giugno 2013

Editoriaraba - In Siria la forza della narrazione


19 giugno 2013 - Siria: la memoria della narrazione

Di fronte alle tragedie dell’umanità, l’imperativo degli scrittori sembra essere uno soltanto: scrivere, raccontare, affinché il mondo non dimentichi, affinché ciò che è successo non scivoli nell’oblio.

Gli scrittori siriani, in Siria e all’estero, non fanno eccezione. Quella che segue quindi è una piccola rassegna di alcune delle opere appena pubblicate proposta dal blog Editoriaraba

Qualche giorno fa è stato pubblicato dalla casa editrice egiziana Dar El Ain il nuovo romanzo di Khaled Khalifa Non ci sono coltelli nelle cucine di questa città (مطابخ هذه المدينة لا سكاكين في).

L’autore di Elogio dell’odio aveva cominciato a scrivere il romanzo prima che le iniziali pacifiche proteste scoppiassero nel 2011. Il libro è “un’indagine approfondita nei meccanismi della paura e della disintegrazione, la cui trama si svolge nell’arco di circa 50 anni. È un romanzo su una società che ha vissuto tra la violenza e la repressione dei propri desideri […], sulle difficoltà della vita e sul suo significato più profondo in cui l’autore scrive di tutto ciò che del mondo arabo, e della Siria, era stato taciuto”.

Khaled Khalifa è rimasto in Siria negli ultimi due non facili anni: nel maggio del 2012 era stato aggredito dalle forze di polizia, arrestato e poi rilasciato con una mano rotta. È di qualche settimana fa invece la notizia che Khalifa era stato portato in ospedale per un arresto cardiaco, da cui poi si è fortunatamente rimesso.

Si trova invece in esilio in Inghilterra dal 1981 lo scrittore Zakaria Tamer, maestro indiscusso nel genere del racconto breve e nell’uso della satira per colpire il potere. Dal gennaio del 2012, l’82enne scrittore pubblica ogni giorno sulla sua pagina Facebook “Lo sperone” (المهماز), un piccolo racconto, un messaggio, un pensiero dedicato alla Siria.

SiriaLibano qualche giorno fa ne ha tradotto uno in italiano e l’ha pubblicato su Facebook:

Il paradiso sotto i piedi dei padri

Hafez al-Asad fece un sorriso sarcastico mentre riceveva suo figlio Bashar e gli disse con voce severa: “Adesso ti meriti di piangere come le donne: eri padrone di un Paese e l’hai perso così, senza problema, anziché difenderlo da uomo”.
Provando a difendersi, il figlio disse: “Ma io ho ucciso centomila persone per difendere la mia proprietà!”
Allora Hafez al-Asad chiese al figlio con durezza e rabbia: “E chi ti ha impedito di ucciderne milioni?”
Il figlio non rispose, non riusciva a parlare. Abbassò la testa in preda alla vergogna, al rimorso e al rammarico.
(Zakaria Tamer, 15 giugno 2013 da المهماز)

Sarebbe davvero il caso che qualcuno si prendesse la briga di tradurli e magari pubblicarli.

Rosa Yassin Hassan
La scrittrice e attivista Rosa Yassin Hassan ha trovato invece asilo in Germania dove con la famiglia si trova dallo scorso ottobre. Qualche giorno fa è apparsa su Qantara.de una sua bella intervista in cui, tra le altre cose, afferma che scriverà un romanzo sulla rivoluzione siriana il cui titolo sarà Toccati dalla magia perché: “Il momento in cui fummo colpiti dalla rivoluzione fu un momento quasi magico. Se vieni toccato dalla magia, è impossibile tornare alla tua vecchia vita e tutta la popolazione siriana lo è stata e il cambiamento riguarderà ognuno di loro”.

In Italia stiamo ancora aspettando il suo Bozza, che sarebbe dovuto uscire ad aprile per la casa editrice Il Sirente.

Hala Mohammad, poetessa e documentarista di Lattakia, vive invece a Parigi, dove si trova per motivi sanitari. Nelle sue poesie (ad oggi ha pubblicato 6 raccolte) sono sempre presenti i temi dell’esilio, della solitudine, dell’alienazione e del lutto.

Da poco la casa editrice beirutina Riad al-Rayyes ha pubblicato l’ultima raccolta, dal titolo La farfalla disse (قالت الفراشةْ), perché – ha affermato la poetessa in un breve documentario girato da Al Jazeera sui poeti delle rivoluzioni – “non c’è nulla di più potente di un sorriso, o di una farfalla”.

La farfalla disse è stato scritto quando i primi siriani scapparono dalle violenze per rifugiarsi in Turchia e per Mohammad fu uno shock vedere la creazione di questi primi campi profughi: è un dialogo tra una farfalla turca e una ragazza siriana che si incontrano vicino ad una tenda.

Per Mohammad “il compito del poeta non è quello di essere un rivoluzionario, ma di essere un poeta” e la poesia ha a che fare con la ricerca della giustizia.

Prima di andare a vivere in Francia risiedeva a Damasco con il marito, il regista Haitham Hakki.

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