mercoledì 20 novembre 2013

Printemps de Tunis di Abdelwahab Meddeb

La métamorphose de l’Histoire

L’autore, nato a Tunisi ed autore di oltre venti opere, insegna letteratura comparata all’Università di Parigi X-Nanterre, oltre ad essere il produttore della trasmissione “Culture d’islam” su France Culture e quest’abitudine a confrontarsi e incrociare culture differenti la si avverte piacevolmente rielaborata nelle sue pagine che ci sembrano più familiari di altri testi tunisini per chi tunisino non è.
Con una bella penna, chiara, dotta ma senza alcuna pesantezza, attingendo appunto da altre culture per rintracciare similitudini e differenze che interessano l’uomo come soggetto della storia ci conduce al cuore della rivoluzione, nella sua ontologia. Se è vero che le rivoluzioni si preparano è altrettanto vero che arrivano di sorpresa e ci si chiede perché proprio in quel momento. A ben vedere questo è il meccanismo di tante altre rivoluzioni, segnatamente quella di Berlino del 9 novembre del 1989 che è il riferimento per l’interpretazione sulla base dell’assunzione che il diritto alla libertà è un diritto naturale e che non può essere a lungo negato, così come è accaduto anche il 14 Luglio del 1789 con la presa della Bastiglia. Una prima parte del testo è dedicato alla ricostruzione dello scoppio della rivoluzione dall’episodio dell’immolazione di Mohammed Bouazizi e il riannodarsi dei fili della storia dell’assoggettamento tunisino granaio di Roma nell’antichità che la nominava Ifriqia (Africa) fino alla repressione graduale dello spirito nomade e tribale nella Tunisia moderna, cercando di sradicare il senso della disobbedienza che è però anche vigilanza della coscienza autonoma. Ed è in questa apparente digressione che si rintraccia lo spirito della rivoluzione che – dice chiaramente l’autore – non è stata una rivolta del pane ma una protesta di ‘tipo inedito’, per il modo soprattutto più che per i contenuti.
Evidente la critica alla stampa internazionale che ha taciuto per troppo tempo e mal compreso la rivoluzione e interessante l’ampia analisi della prima rivoluzione dell’era di Internet che ha rotto il tabou del silenzio e che ha interessato i giovani delle classi medie prima che gli intellettuali e che ha consentito di superare e aggirare la forza delle armi e dei confini politici, diventando un simbolo di rivolta pacifica ma non per questo meno determinata e determinante.
Per analizzare la reazione alla repressione lunga tutta la storia della Tunisia moderna, Meddeb prende in esame la progressiva eliminazione delle libertà e della fagocitazione della stessa religione, per altro dichiarata confessione di Stato, a partire da Bourghiba, fino all’ascesa di Ben Ali che rappresenta la necessità di uno stato che ha eliminato la cittadinanza per sostituirla con lo stato di suddito di un poliziotto a difesa del potere.
Tornando ad approfondire la forza interiore di Internet, i punti di forza sono la semplicità, al gratuità che lo ha reso l’arma ideale per una rivolta popolare, la simultaneità e rapidità di diffusione. Il tema del lavoro è in effetti secondo rispetto alla dignità e funzionale alla stessa, dal momento che il lavoro emancipa dalla sudditanza. Inoltre il mondo della blogosfera ha unito i giovani della strada con le classi medie, riavvicinando gli intellettuali ed escludendo di fatto il mondo degli islamisti che sono stati assenti da questo cerchio. In tale contesto si è dimostrato inefficace il sostegno al dittatore contro il presunto spettro dell’islamismo da parte dell’Occidente del Nord perché si sa che chi salva il proprio popolo lo fa in nome di una riconoscenza che si fa pagare, come nel caso di Ben Ali.

Dalla rivoluzione all’euforia esplosa su Internet alla necessità di gestire il post con la difficile transizione alla democrazia che ha visto fronteggiarsi chi avrebbe voluto una modifica della Costituzione vigente del 1959 e chi invece ha preteso l’elezione di un’Assemblea Costituente, come poi è stato deciso con le elezioni del 24 Luglio. L’eredità della rivoluzione tunisina nella sua originalità è che è stata una rivoluzione digitale, senza leader e senza ideologia: una rivoluzione popolare della dignità. Tra le questioni sul tavolo la scelta di mantenere l’islam come religione di stato o, al contrario, di esigere la separazione tra politica e religione. Altro tema essenziale la riforma della giustizia che fin dai tempi di Bourghiba era assoggettata alla politica rendendo di fatto inapplicata la democrazia. Inoltre importante la gestione e la conservazione dello spirito di questa rivoluzione ‘gentile’ che ricorda quella dei Garofani che a Lisbona mise fine al regime di Salazar.
In qualche modo la guerra cibernetica ha consentito alla Tunisia moderna di riappropriarsi delle proprie radici nomadi e dello spirito di ricerca e libertà, per Internet consente una deterritorializzazione (per dirla con Deleuze) e una disseminazione (per dirla con Derrida, entrambi citati dall’autore) immediate. Altra eredità da non sottovalutare la componente delle donne che hanno ricoperto un ruolo essenziale nella rivoluzione anche di contenimento di alcune possibile degenerazioni islamiste. Le donne hanno avuto un compito essenziale di vigilanza che speriamo siano in grado, mantenendosi unite, di continuare. Sul fronte delle componenti religiose e delle possibili radicalizzazione l’autore entra in merito con un’attenta dissertazione storica che soppesa le diverse componenti presenti nella società tunisina, quella ‘nera’ che ha subito la schiavitù e discriminazione, quella ebraica ormai residuale, quella cristiana che vive in perfetta armonia, quella nomade berbera e poi l’islam e l’islamismo.
Due osservazioni, tra loro legate, meritano ancora qualche riga verso la conclusione di questo saggio prezioso. La prima concerne l’osservazione che può apparire banale ma non da sottovalutare dell’autore in merito ad Internet che è come uno le belle lettere e le belli arti, uno strumento che si può piegare verso il meglio o il peggio, per elevare l’uomo o per servire il potere corrotto.
Infine la chiusura che mi ha ricordato le ultime righe del mio pamphelet, I giorni del gelsomino, con il timore che la rivoluzione resti un’utopia e che possa trasformarsi nel periodo del Terrore di storica memoria.

Printemps de Tunis
di Abdewahab Meddeb
Edizioni Cérès
9,900 Dinars tunisiens

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