mercoledì 30 aprile 2014

Editoriaraba - Per la prima volta da quando è stato istituito, il premio per la narrativa araba va a uno scrittore iracheno

Nato nel 1973 a Baghdad, Ahmad Saadawi è uno scrittore, poeta, sceneggiatore e documentarista che ha all’attivo altri due romanzi e una raccolta di poesie. Già vincitore di diversi premi, nel 2010 entra a far parte del progetto Beirut39, ovvero tra i 39 migliori scrittori arabi sotto i 40 anni. Bel viso aperto, capelli neri lucidissimi, appena proclamato vincitore Saadawi è apparso leggermente commosso ed emozionato.

A dichiararlo vincitore ieri sera all’Hotel Hilton di Abu Dhabi, durante una cerimonia leggermente sotto tono rispetto allo scorso anno, è stato il presidente della giuria, il saudita Saad Albazei,  il quale durante la conferenza stampa seguita all’annuncio del vincitore ha affermato che fin dall’inizio aveva capito che il romanzo di Saadawi si distingueva rispetto agli altri romanzi che hanno composto la sestina finalista di quest’anno. E scegliere tra i sei romanzi, ha affermato sempre Albazei, non è stato per nulla facile, ma il Frankenstein di Saadawi spiccava per le sue molte particolarità e per la capacità dell’autore di aver dato voce non solo all’Iraq, ma anche agli altri paesi arabi che si trovano ad affrontare situazioni di violenza.
Le sofferenze degli iracheni non sono infatti l’unico focus del romanzo che narra le vicende di straordinaria e allucinante violenza in una Baghdad colpita da attentati durante la primavera del 2005. Dalla mente visionaria di Hadi al-Attag nasce “la creatura”, o “Frankenstein”, un essere umanoide assemblato con le parti dei corpi dei morti durante quelle esplosioni. “La cosa” poco dopo comincia a vendicarsi di quanti avevano ucciso i proprietari dei corpi che costituiscono il suo “corpo” e in città il sentimento di rivalsa che era prevalso all’inizio, poco dopo si trasforma in terrore puro.
Per il suo autore, questo romanzo non parla solo degli iracheni: “É un romanzo arabo e internazionale, non solo iracheno” che si rivolge ai lettori di ogni parte e cultura del mondo. Perché la violenza e le sofferenze sono universali.
Gli ci sono voluti quattro anni per scriverlo, dal 2008 al 2012, anni durante i quali il lavoro e i sacrifici sono stati tanti e duri, perché un romanzo per essere scritto “ha bisogno di un lungo e maturo lavoro”. Scriverlo, ha detto, lo ha spinto a pensare di più sul mondo in cui vive: "Niente è facile nella vita. Ma il duro lavoro viene sempre ricompensato alla fine”.
Per quanto riguarda il futuro, Saadawi non si è voluto, o potuto, sbilanciare, ma non per cattiva volontà: “Non so cosa farò domani, né cosa accadrà quest’anno Non ero neanche sicuro che avrei finito il romanzo. Non abbiamo fiducia nel lungo periodo noi iracheni, possiamo parlare di giorni e mesi ma non di periodi più lunghi”.
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E se qualcosa conta, molti dei lettori del blog nei giorni scorsi si erano sbilanciati a dire che sarebbe stato proprio Frankenstein a Baghdad a vincere il premio perché lo meritava a tutti gli effetti.

[Frankenstein a Baghdad è stato pubblicato dalla casa editrice al-Jamal, Beirut 2013]

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