lunedì 7 dicembre 2015

“Fecondatio animale” di Giovanna Mulas

Scritto da  Ilaria Guidantoni Giovedì, 03 Dicembre 2015

Una confessione, un flusso di coscienza interrotta, sanguigno come la voce narrante che narra di sé: è la Sardegna ispida, rocciosa, interna e interiore, delle profondità, mentre il mare resta una minaccia. Voce al femminile, vaso ancestrale di vita che assume in sé elementi vitalistici e confessa il proprio dolore senza arrendersi. E’ anche un’analisi sull’intellettuale come narratore della propria coscienza e voce del mondo, con il dovere di dare parola ai più deboli.

E’ difficile recensire i libri di Giovanna Mulas, soprattutto questo, perché sfuggono più di altri ad un’etichettatura e non è né un appunto né un complimento. Chi la conosce come me può capire che leggere un testo che è una confessione così come anche i suoi romanzi senza incontrarla è arduo e qualche volta se ne può perdere il senso. Giovanna è carnalità allo stato puro e voce e i suoi romanzi vanno prima di tutto ascoltati nei suoi recital, guardandola, respirandola. Questo scritto non sfugge a mio parere a tale logica, anzi la rafforza e testimonia il continuum che in lei esiste tra vita e letteratura più che altrove. Il testo è frammentario e nello stesso tempo fluido, con alcuni passaggi che tornano, ciclicamente, è più di un’autobiografia e di un diario intimo, è la confessione quasi dal vivo, registrata sulla carta di un’anima dolente ma non arresa. Giovanna narra in capitoli che sembrano piccoli saggi, estratti, talora scritti propedeutici o a commento di altri suoi scritti nonché articoli di un giornalismo irrituale, la propria storia senza un’organizzazione storica, logica e narrativa ma partendo dal dolore e dagli episodi apicali di esso: la lotta con il mare al quale è sfuggita per miracolo che diviene metafora del maschio tentatore e violentatore in un immaginario molto vicino a quello del mondo arabo mediterraneo. Poi Giovanna è la vittima di una madre, a tratti dolcissima, in altri momenti violenta, preda della schizofrenia; e ancora di un padre, un amore grande e un involontario carnefice – il commento è mio e mai dell’autrice che gli è teneramente riconoscente – per aver amato e protetto i figli, nascondendogli però l’amara verità e quindi disorientandoli rispetto alla madre. E ancora vittima di un amore malsano e violento fino alla resurrezione.

La recensione integrale su Saltinaria.it

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