lunedì 9 settembre 2013

Editoriaraba - Da Little Syria all’Arab American Book Award: la lunga storia, letteraria e non, degli arabi d’America


Secondo l’Arab American Institute, negli USA vivrebbero più di 3,5 milioni di persone di origine araba, i cui antenati emigrarono negli Stati Uniti e in Sud America a partire dal 1870-80. In particolare fu il Mashreq che rappresentò il principale bacino di provenienza degli immigrati di allora: il 62% degli arabi statunitensi di oggi avrebbe infatti origini libanesi, siriane, palestinesi e giordane. Erano per lo più cristiani, emigrati per motivi politici ed economici.

"Di questa storia, ci racconta Chiara Comito, avevo parlato qualche tempo fa, quando avevo recensito Come fili di seta, dello scrittore libanese Rabee Jaber, che nel libro racconta le storie dei tanti emigrati dalla regione siro-libanese nelle Americhe proprio nel XIX secolo. Jaber, con la sua prosa trascinante, ci aveva condotti per mano a cavallo degli Stati Uniti, seguendo le vite e le tragedie di questi lavoratori instancabili, profondamente attaccati alla propria terra d’origine, che avevano avuto un ruolo fondamentale nel costruire la storia degli Stati Uniti. E quando parliamo dei “primi” arabi d’America non possiamo non citare gli scrittori e i poeti che diedero vita a quel fiorente movimento culturale e letterario passato alla storia come la letteratura d’emigrazione, che ha il suo esponente più famoso nello scrittore ed intellettuale libanese Jibran Khalil Jibran."

Sempre secondo lo AAI, gli arabo-americani vivrebbero oggi sparpagliati in tutti gli Stati ma con una preferenza per le aree metropolitane come New York, Detroit, la California e il Michigan.

Gli arabi che si trasferirono a New York si concentrarono nella zona di lower Manhattan (quella del World Trade Center), che si riempì di negozi, ristoranti e caffè con la doppia insegna arabo-inglese e che passò alla storia con il nome di “Little Syria”.

Così la descrive Azzurra Meringolo in un suo recente audio-reportage per Radio3 Mondo:

Little Syria è la più grande comunità arabo-americana che si sia formata nella città di New York tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900. Il quartiere si nasconde nella punta sud occidentale di Manhattan, i primi immigrati arabi infatti si insediarono in quel reticolato di strade di Washington Street, lo stesso quartiere che poi sarebbe diventato anche la base di Wall Street.

Little Syria è stata per anni il punto di riferimento delle più grandi ondate migratorie provenienti dal Medio Oriente. Comunità vivace, multietnica e internazionale il quartiere però ha subito le conseguenze della riorganizzazione della città: la realizzazione del tunnel che collega Brooklyn a Long Island nella metà degli anni ’50 ha costretto la comunità all’esodo e, mentre Atlantic Avenue è diventato il nuovo centro della comunità araba, compaiono numerose campagne per la preservazione di quel che rimane della storica Little Syria, vivace scenario artistico e giornalistico del Medio Oriente oltre oceano.

Tornando nel Michigan, leggo che a Dearborn vivrebbe la più alta percentuale di arabo-americani, e di certo non è un caso se l’Arab American National Museum si trova proprio in questa cittadina. L’AANM, come si può leggere sul sito, è stato aperto nel 2005 ed è l’unico museo statunitense dedicato alla storia e alla cultura degli arabo-americani; l’obiettivo è quello di: “promuovere, preservare e celebrare la storia, la vita e i contributi degli arabo-americani”.

Tra i tanti eventi culturali organizzati, vale la pena menzionare senza dubbio lo Arab American Book Award, creato nel 2006 per “sostenere e incoraggiare la pubblicazione di libri che migliorino la comprensione e la conoscenza della comunità arabo-americana”. La giuria, composta da autori, artisti, docenti universitari e staff del Museo ogni anno assegna quattro premi nelle seguenti aree: Adult Fiction (narrativa per adulti), Adult Non-Fiction (saggistica per adulti), Children’s/ Young Adult (letteratura per l’infanzia/ragazzi) e dal 2008, Poetry (poesia).

Quest’anno i vincitori del premio sono stati: lo scrittore di origini libanesi Joseph Geha, con il suo romanzo Lebanese Blonde: la storia di due cugini libanesi emigrati a Toledo, nell’Ohio, che avviano un fiorente commercio per importare dal Libano un potente tipo di hashish, la Lebanese Blonde del titolo. 

Per la sezione saggistica, la vittoria – postuma – è andata al compianto giornalista Anthony Shadidper il suo commovente memoir House of Stone, tradotto in italiano da Add Editore lo scorso anno con il titolo La casa di pietra.

La poetessa di origini palestinesi Hala Alyan ha invece vinto con la sua raccolta di debutto Atrium.

Nella sezione letteratura per l’infanzia fanno bella figura Susan L. Roth e Karen Leggett Abourayacon il loro libro illustrato Hands Around the Library: Protecting Egypt’s Treasured Books, che racconta una storia vera: quella dei tanti manifestanti egiziani, tra cui studenti e librai, che nel gennaio del 2011 formarono una catena umana davanti la Biblioteca di Alessandria per proteggerla dai vandali.

La cerimonia di premiazione avverrà il 2 novembre presso lo stesso Museo.

Il Museo ha anche organizzato una mostra per celebrare la presenza araba a New York e il profondo legame che quella comunità ebbe fin dall’inizio con la città. La mostra si intitola: Little Syria, NY: an Immigrant Community’s Life and Legacy.

Editoriaraba - Dal Festival della Letteratura di Mantova


Nadine Kaadan: i sogni, le paure, i bambini e la Siria di domani

Nadine Kaadan è la giovane illustratrice siriana invitata al Festival della Letteratura di Mantova di quest’anno, all’interno del quale animerà, oggi e domani insieme a Enrica Battista (Università di Venezia, Arabook), due laboratori per bambini dal titolo “Una città oltre la guerra”.

Kaadan, 28 anni, scrive e illustra libri per bambini da quando aveva 10 anni. Nata a Parigi, fino allo scorso anno ha vissuto in Siria e si è poi trasferita a Londra per proseguire gli studi (nella capitale britannica infatti frequenta un master in illustrazione), come ha raccontato a San Colombo sulle pagine del Corriere della Sera/Il club della lettura del 1° settembre scorso.

Il suo ultimo libro si chiama "Ghadan" (“Domani”, Box of Tales, 2013) e “parla di un ragazzino che vive tra le difficoltà e la confusione della guerra civile. Il libro è dedicato ai bambini siriani in questo periodo traumatico di ansia e paure”.

L’autrice ha anche spiegato perché secondo lei sia importante scrivere un libro rivolto ai bambini che parli loro della quotidianità della guerra: affrontare paura e ansia attraverso un libro dà loro conforto e aiuta a rispondere ad alcune delle domande sulla guerra civile.

Sebbene sia lontana dal suo Paese, la Siria è naturalmente la fonte principale della sua ispirazione e in particolare la capitale Damasco: “l’architettura della città vecchia, le fontane, i cortili, le piastrelle damascene, i profumi di rose e gelsomini e (i tanti gatti) che sono parte della città”.

Come Nadine, ci sono molti altri scrittori e intellettuali che negli ultimi mesi hanno dovuto lasciare la Siria, per motivi diversi: dai giovani editori di Bright Fingers costretti a rifugiarsi ad Amman, agli scrittori Samar Yazbek e Nihad Sirees, esiliati.

Ci sarà bisogno anche di loro, della loro capacità di immaginazione e della loro fantasia, quando sarà arrivato finalmente il momento di ricostruire una Siria nuova, unita, pacificata e proiettata verso il futuro.

Editoriaraba - Presenza 'araba' al Festival internazionale di letteratura a Berlino


Secondo Editoriaraba la Germania di solito non delude in questo tipo di eventi e di apertura internazionale. Ecco la lista degli ospiti di quest’anno.

Arabia Saudita

Safa al Ahmad: giornalista e scrittrice (ma più la prima che la seconda) che oggi vive e lavora a Istanbul.

Egitto

Khaled al-Khamissi: giornalista e scrittore, conosciuto in tutto il mondo come l’autore di Taxi, il racconto dell’Egitto e del Cairo visto dai tassisti della capitale.

Yasmine El Rashidi: autrice del libro The Battle for Egypt: Dispatches from the Revolution.

Shereen El Feky: madre gallese, padre egiziano, cresciuta in Canada vive tra Londra e Il Cairo. Il suo primo libro è Sex and the Citadel, in cui scardina il tabù del sesso nel mondo arabo.

Iraq

Fadhil al Azzawi: scrittore, traduttore giornalista, intellettuale, vive e lavora a Berlino. È autore di numerosi romanzi, poesie, racconti brevi, testi di critica letteraria e traduzioni in arabo dall’inglese e dal tedesco (tra cui L’uomo senza qualità di R. Musil); collabora con la rivista Banipal.

Hussain al Mozany: scrittore, traduttore, giornalista, in esilio dal 1978. La produzione letteraria iniziale era in arabo, dal 1990 ha invece deciso di scrivere in tedesco, lingua che ha chiamato “la dimora letteraria di un’esistenza senza radici”.

Kuwait

Saoud al-Sanousi: il giovane vincitore del premio per la narrativa araba di quest’anno, con il romanzoGambo di bambù.

Libia

Ashur Etwebi: medico, scrittore, poeta e traduttore. È, tra gli altri, autore di un romanzo, Dardadeen (113 pg., Cairo, 2001), composto esclusivamente in dialetto libico che è considerato come un “punto di svolta nella letteratura libica contemporanea”. Nel 2012 ha organizzato nella città di Tripoli il primo importante Festival di letteratura internazionale della Libia post-Gheddafi.

Mohammed Mesrati: giovanissimo autore e attivista nato a Tripoli nel 1990. A causa dell’attivismo politico dei genitori, la famiglia fu costretta all’esilio a Londra, dove tuttora vive. È autore di un romanzoMama pizza, di cui alcuni brani sono apparsi nella rivista Banipal. È co-autore di un’antologia di saggi sulla primavera araba dal titolo Writing Revolution. The Voices from Tunis to Damascus (I.B.Tauris, 2013).

Siria

Hala Mohammed: poetessa e giornalista, vive a Parigi con il marito, il regista siriano Haitham Hakki. La sua ultima raccolta è Disse la farfalla (Riad El Rayyes, Beirut).

Samar Yazbek: scrittrice, giornalista e attivista, oggi in esilio in Francia. Di recente ha scritto un diario della rivoluzione siriana già tradotto in inglese e francese. In Italia è conosciuta per due romanzi, pubblicati da Castelvecchi: Lo specchio del mio segreto e Il profumo della cannella.

Tunisia

Habib Selmi: scrittore nato nel 1951 e autore di numerosi romanzi. Proprio oggi è uscito in Italia Gli odori di Marie Claire (Mesogea), finalista al premio per la narrativa araba nel 2009, come anche Le donne di al-Basateen, finalista lo scorso anno. Vive a Parigi dal 1985.

Completano il quadro Samuel Shimon e Margareth Obank, fondatori e redattori capo diBanipal, la rivista letteraria inglese dedicata alla letteratura araba contemporanea nata nel 1998.

venerdì 6 settembre 2013

Festival della letteratura di viaggio di Roma: "Raccontami una storia" - Sabato 28 settembre Giovanna Zucconi incontra Ilaria Guidantoni


Editoriaraba - E il Premio Nobel per la letteratura (araba) a…


Mancano 27 giorni (circa) all’annuncio del prossimo Premio Nobel per la Letteratura e i blog letterari sono in fibrillazione (anche #totoNobel su Twitter).

I nomi favoriti, stando a Ladbrokes, sito riportato anche da Marcia L. Qualey sul suo blog, sono pochi e soprattutto ricorrono da anni, il che fa pensare che siano stati messi lì per pro forma più che per una reale chance di vittoria, dichiara Chiara Comito autrice dell’articolo.

I primi in lizza sarebbero la scrittrice algerina Assia Djebar e il poeta siriano Adonis, entrambi con “punteggio” 14/1. Seguono lo scrittore libanese Elias Khouri e il poeta palestinese Ghassan Zaqtan, entrambi con minori possibilità, sembra, perché sono dati per ora 100/1.

***

Ora, visto che neanche l’Accademia svedese pare prestare molta attenzione alla letteratura araba che dal 1901 a oggi ha riportato solo un laureato al Nobel, lo scrittore egiziano Nagib Mahfuz, Editoriaraba propone di provare insieme a comporre una rosa di nomi di autori arabi che vorremmo ricevessero il Premio.

Ognuno nei commenti scrive due nomi:

a) chi vorresti vincesse il Premio Nobel quest’anno (e perché)

b) chi avresti voluto vincesse il Premio Nobel in passato (e perché) – così diamo possibilità anche a chi ormai non c’è più

Editoriaraba propone

a) Elias Khouri: perché ritiene sia il più importante scrittore libanese contemporaneo. E perché quando ha raccontato nei suoi libri della guerra civile libanese, o del popolo palestinese, lo ha sempre fatto con parole non scontate, non mai ha banalizzato l’orrore e le sofferenze umane. Inoltre non ha mai fatto mancare la sua voce quando si è trattato di denunciare i crimini di Assad e di alleviare la solitudine del popolo siriano.

b) Mahmoud Darwish: che non ha bisogno di commenti.

mercoledì 4 settembre 2013

Editoriaraba - La Tunisia e l’Algeria francofone ospiti di Babel, Festival di letteratura e traduzione


Quest’anno da Babel, Festival di letteratura e traduzione che ogni anno dal 2006 è organizzato nella città svizzera di Bellinzona, è il turno dell’Africa francofona: tra autori, case editrici e traduttori, per quattro giorni la cittadina del Canton Ticino sarà il luogo dell’incontro tra le diverse anime letterarie della francofonia africana. 
E tra gli invitati, figurano anche scrittori ed editori tunisini e algerini.

Il 14 settembre alle 10.30 sarà infatti la volta di Azza Filali: classe 1952, medico di professione ma scrittrice per vocazione, Filali è autrice di numerose pubblicazioni scientifiche e di due romanzi, tra cui l’ultimo Ouatann (patria, in arabo) pubblicato nel 2012 dalle edizioni Elyzad. Il romanzo- che io ho apprezzato e recensito su questo blog (ndr) - fa parte di quei libri che raccontano la Tunisia prima della rivoluzione: la disoccupazione, la perdita delle speranze, il sogno di Lampedusa. Il libro nel 2012 ha vinto il Premio letterario Comar d’Or per la narrativa tunisina d’espressione francese. Filali condividerà il palco con la sua editrice, la franco-palestinese ma tunisina d’adozione Elisabeth Daldoui; a Bologna invece, sarà il 10 settembre alle 22.15 alla Festa dell’Unità.

Lo scrittore e giornalista algerino Kamel Daoud dialogherà invece con la traduttrice Yasmina Melaouah e l’editore Sofiane Hadjadj il pomeriggio del 14 settembre alle 14. Nato nel 1970 a Mostaganem, Daoud è capo redattore del giornale Le Quotidien d’Oran e autore, tra gli altri, di alcune raccolte di racconti: L’Arabe e le vaste pays d’ô, che parla della condizione dell’uomo arabo nel mondo contemporaneao e grazie alla quale nel 2008 il suo autore riceve il premio letterario Mohamed Dib; Minotaure 504 (pubblicato nel 2011 dalla parigina Sabine Wespieser come anche il titolo che segue), raccolta selezionata per il Prix Goncourt de la nouvelle 2011 e La préface du nègre, di cui è stata pubblicata quest’anno la traduzione in italiano a cura della stessa Melaouah per le edizioni Casagrande, collana Babel, con il titolo La prefazione del negro. Quest’ultimo titolo in Algeria è stato pubblicato dalle edizioni Barzakh, una casa editrice nata nel 2000 da un’idea di Hadjadj e di una sua amica. Entrambi appassionati di letteratura, dopo gli studi in Francia erano tornati in Algeria con un sogno: aprire una casa editrice vivace e moderna che colmasse il vuoto editoriale che avevano ritrovato al ritorno nel paese. Nel tempo i due hanno pubblicato diversi titoli in arabo e francese e stabilito importanti partnership, come quella con la francese Actes Sud, che traduce ad un ritmo impressionante larga parte della letteratura araba contemporanea. 

***
La questione della francofonia nel mondo arabo è complessa e intricata e parlarne implicherebbe avviare un dibattito non solo linguistico ma anche storico-politico, che esula dall’ambito di editoriaraba. “La francofonia nel mondo arabo e il relativo dibattito – scrive Chiara Comito - interessano anche il nostro mondo editoriale, che spesso preferisce tradurre autori arabi francofoni o anglofoni, direi per alcuni motivi: entrarci in contatto, leggerne i manoscritti originali e seguire il processo di traduzione è molto più semplice rispetto all’avere a che fare con un autore che parla e scrive “solo” in arabo, una lingua che soffre ancora di scarsa visibilità e attenzione e di qualche pregiudizio. Inoltre, esistono (ancora) molti più traduttori dal francese o dall’inglese (e curatori post) rispetto ai traduttori arabisti. Non voglio qui negare l’esistenza e l’importanza di autori come: Amin Maalouf, Fouad Laroui, Yasmina Khadra, Assia Djebar, Kateb Yacine, solo per citarne alcuni, che hanno rappresentato e rappresentano tuttora un segmento fondamentale della letteratura araba moderna e contemporanea. Né d’altronde si può, né si deve, nascondere la situazione di diffuso plurilinguismo di cui “soffrono” Libano, Tunisia, Marocco e Algeria. Quello che mi preme sottolineare è che esiste tutto un mondo ancora largamente inesplorato (sebbene le cose, ultimamente, stiamo marciando in questa direzione) di autori arabi arabofoni validi e meritevoli di essere tradotti che sarebbe un peccato non poter mai vedere sugli scaffali delle nostre librerie”.

martedì 3 settembre 2013

Editoriaraba - “Vicolo del mortaio”: la narrazione, l’umanità e le storie di Nagib Mahfuz

Lucilla Parisi scrive per editoriaraba di Vicolo del mortaio, romanzo tra i più importanti e conosciuti del Premio Nobel egiziano Nagib Mahfuz (1911 – 2006), per rileggere un grande classico della letteratura araba..

di Lucilla Parisi*

Vicolo del Mortaio è un luogo che potrebbe essere ovunque nella sua pacata immobilità. Le vite dei suoi abitanti sono scorci di un’umanità stanca e appesantita dagli eventi. La povertà, la guerra, la precarietà hanno qui un significato universale e raccontano di giornate spese a sopravvivere all’oblio e alla morte. Volti disegnati con abilità e attenzione da chi conosce il mondo che rappresenta e lo descrive con il giusto distacco.
Il Cairo di queste pagine è solo un frammento della città durante la seconda guerra mondiale, guerra che dagli abitanti del Vicolo – soprattutto tra i giovani – viene vissuta come l’inizio di un cambiamento, seppur temporaneo, fatto di traffici di merci e di opportunità.
Hussein Kirsha, figlio del proprietario del caffè, rifugge sprezzante la vita del quartiere proprio per cercare fortuna nel conflitto:
Con lo scoppio della guerra, aveva preso servizio nelle guarnigioni dell’esercito britannico, dove riceveva trenta piastre al giorno contro le tre del suo primo impiego […] Si dava alla bella vita con sfrenato entusiasmo.
Hamida, sua sorella di latte, convinta di essere destinata – come il fratello – ad un’esistenza di agi ingaggia con il Vicolo una lotta fatta di intrighi e di latente ribellione, in attesa dell’uomo che, con la sua ricchezza e il suo amore, saprà riscattarla da una vita di rinunce. Il giovane Abbas al-Helwu, per amore di Hamida, abbandona il luogo in cui vive e lavora per cercare fortuna in guerra e tornare con le tasche gonfie di denaro, sufficiente a soddisfare la vanità e l’avidità della ragazza.

I più anziani sono osservatori stanchi della propria esistenza, inframmezzata da slanci di ingenua e goffa vitalità e da mal celate contraddizioni: come il ricco padrone del bazar che, ogni giorno, si fa preparare un piatto di farik (composto di carne di piccione mischiata a polvere di noce moscata) – un alimento afrodisiaco – capace di regalargli, durante la notte successiva, ore intere di voluttà con la moglie, nonostante bruci di passione per la giovane Hamida; o padron Krisha, che è dedito al consumo di hashish e alla frequentazione di ragazzi abbordati e condotti nel suo caffè per soddisfare le sue pulsioni più profonde, ben note ormai all’intero quartiere e alla moglie; o, ancora, come Sayyid Ridwan al- Hussein, uomo stimato e venerato da tutti per la sua incrollabile fede in Dio e per la cieca fiducia nell’umanità, ma incapace di portare nella propria casa il messaggio di pace e speranza che diffonde con tanta facilità fuori dalle mura domestiche.

Nel Vicolo ci sono storie che si raccontano da sole. Il tempo scorre inesorabile ed è scandito solo dal ritmo degli eventi, vicini e lontani, il cui racconto passa di bocca in bocca, di bottega in bottega, dall’alba sino al tramonto, per dissolversi poi nell’oscurità della notte.
“Il mattino rischiarò il Vicolo e un raggio di sole colpì la parte più alta del muro del bazar e del negozio di barbiere. Songor, il garzone del caffè, riempiva un secchio e bagnava per terra. Cominciava un’altra pagina di vita quotidiana e gli abitanti del Vicolo davano silenziosamente il benvenuto al nuovo giorno. [...] Così la vita tornava a scorrere nel Vicolo nel modo consueto, […] ben presto ogni notizia si smorzava in quel lago placido e stagnante, dove, al giungere della sera, gli avvenimenti del mattino svanivano nell’oblio.
Accostarsi alla scrittura del Premio Nobel Nagib Mahfuz, autore di decine di romanzi, significa ritrovare il piacere della lettura senza compromessi ed immergersi nel flusso di una narrazione da cui è difficile separarsi senza provare nostalgia. Ho camminato nel Vicolo del Mortaio, ho preso un tè nella bottega di padron Kirsha, mi sono persa nel bazar di Sayyid Selim Alwan e ho guardato dalle finestre socchiuse di Hamida, senza mai perdermi.
Vicolo del Mortaio è un romanzo fatto di persone e di luoghi reali in cui tornare e rivivere suggestioni ed emozioni dimenticate.
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Vicolo del Mortaio di Nagib Mahfuz – (Settembre 2011 – 17^ edizione Feltrinelli); traduzione dall’arabo di Paolo Branca. Prima edizione in lingua araba uscita nel 1947 col titolo Zuqaq al-Midaq.

* Lucilla Parisi si occupa da anni di letteratura e collabora con diverse riviste e blog letterari tra cui i-Libri.com e Scoprire Istanbul Magazine. Ha moderato all’interno di importanti manifestazioni del mondo editoriale, da ultimo Bookcity Milano, oltre ad aver intervistato scrittori e giornalisti internazionali. Ha un debole per gli scrittori arabi e sudamericani, ma predilige la letteratura “al femminile”.

La Radio del Festival delle storie per riascoltare le storie della Valle di Comino dell'edizione 2013

lunedì 2 settembre 2013

Editoriaraba - Jamila Hassoune, Ahdah Soueif, Ahmed Mourad e Nadine Kaadan al Festivaletteratura di Mantova


Al prossimo Festivaletteratura di Mantova (4 – 8 settembre), la letteratura araba sarà protagonista di diversi incontri, grazie ad ospiti come la libraia marocchina Jamila Hassoune, la scrittrice e attivista egiziana Ahdah Soueif, lo scrittore e fotografo egiziano Ahmed Mourad (ora in libreria con Polvere di diamante, Marsilio ed.) e la disegnatrice siriana, autrice di libri per bambini, Nadine Kaadan. Dialogheranno, tra gli altri, con loro: Paola Caridi, Elisabetta Bartuli ed Enrica Battista.

Su Editoriaraba il dettaglio degli appuntamenti

Editoriaraba - “Al-haraka baraka”, cinque scrittori, una primavera, quale futuro?

“Tutto passa” (كــلُّ حــــالٍ يـــزول ) di Mouneer Alshaarani

Chi meglio di uno scrittore sa interpretare il presente e immaginare il futuro? Chi meglio di uno scrittore può leggere i segni, raccogliere il dolore, farsi portavoce di un dramma? Chi meglio di uno scrittore può alleviare le sofferenze del proprio paese parlando di speranza, futuro e ottimismo?
Questo fine settimana sul sito della BBC World Service, all’interno del programma Newsday, cinque scrittori provenienti da Siria, Libia, Egitto, Tunisia e Yemen hanno proposto una loro personale chiave di lettura sugli eventi in corso, su ciò che è accaduto nel proprio paese negli ultimi 2-3 anni e hanno provato a immaginare come potrà essere il futuro.
Le visioni degli autori differiscono sensibilmente le une dalle altre e forse, anche senza sapere di che nazionalità erano, non sarebbe stato impossibile indovinare il loro paese di provenienza.

Samar Yazbek – Siria
Per l’autrice di Lo specchio del mio segreto e Il profumo della cannella, è molto doloroso parlare di quanto sta accadendo in Siria, perché la realtà ha ormai di gran lunga superato la fantasia più crudele. Questa realtà siriana di oggi e di ieri è talmente orribile da essere indicibile e l’uomo, di fronte alla barbarie compiuta da un altro uomo, nulla può, nulla è.
"The extent of the barbarity that exists in this world is beyond anyone’s imagination. What I have seen I cannot describe. Reality is more gruesome than anything the mind can conjure".

Ghazi Gheblawi – Libia
Per il co-fondatore di Libya al-Youm, nella Libia post-Gheddafi si guarda al futuro con un misto di apprensione, speranza e ottimismo. Forse il viaggio verso un futuro migliore e più giusto sarà arduo ed accidentato, ma nonostante le difficoltà, ne sarà valsa la pena una volta arrivati.
"We might be allowed to be angry, upset or frustrated, but we are not allowed in our loathsome disappointment to lose hope. Without hope, we wouldn’t be able to lift ourselves from our legacy of despotism, social stagnation and the carcasses of lost opportunities".

Sara Khorshid – Egitto
Nonostante i tragici eventi dell’ultimo mese, secondo Khorshid la rivoluzione non ha perso del tutto: si tratta solo di ritrovare la slancio iniziale. Coloro i quali sono ancora fedeli agli ideali del primo periodo devono rimanere uniti e lottare contro tutte le forme di autoritarismo, sia esso militare o religioso.
The mission of those still loyal to the revolution must be to stand up against the army’s brutal crackdown on Muslim Brotherhood members – a crackdown that goes against everything the revolution called for.

Samar Mezghanni – Tunisia
Cronache di doloroso pessimismo arrivano invece dal paese che ha dato il via alle rivolte nei paesi arabi. Secondo la giovanissima autrice (classe 1988), le cose non vanno affatto bene in Tunisia e la colpa è in parte dei tunisini, ma soprattutto dei leader al potere. Non molto è cambiato da quando Ben Ali è stato mandato a casa, e la rivoluzione non è finita, non ancora.
"We found out that the people we recognised as leaders are not offering us a vision, are not uniting us and are not taking the lead about the future of our country".

Farea al-Muslimi – Yemen
Lo Yemen è ancora impantanato in uno stallo economico e politico, tuttavia l’autore intravede alcuni spiragli di luce. Primo tra tutti, la mancata salita al “trono” presidenziale del figlio dell’ex presidente Saleh (mai del tutto scomparso dalla scena). E se è vero che al-haraka baraka (il movimento è benedizione), il futuro dovrà essere per forza più promettente del presente.
“Al-Harka barka, a popular phrase goes, pointing to the sky, “Movement is a blessing.”Directing my gaze at the stirrings of political power players, rather than cloud activity, I tend to view Yemen’s future in much the same way".