venerdì 26 aprile 2013

Editoriaraba - Saoud Al Sanousi, vincitore dell’Arabic Booker 2013: il mio libro contro i pregiudizi


Saoud Al Sanousi, vincitore dell’edizione 2013 dell’Arabic Booker, appare come un giovane uomo molto determinato, ci racconta l'inviato di Editoriaraba.
A soli 31 anni, alla sua seconda prova da scrittore, il più giovane autore ad avere mai vinto il premio per la narrativa araba ha conquistato l’Arabic Booker con una storia “unica”, come l’ha definita Bassam Chebaro, suo editore libanese, che ha costretto i giudici a rimanere incollati alle pagine del libro fino alla fine, come ha detto Galal Amin, presidente della giuria.
"Il gambo di bambù" affronta un argomento sensibile e spinoso al tempo stesso: le dure condizioni di vita dei lavoratori filippini nei paesi del Golfo. Un fenomeno, quello dei migranti asiatici nei (ricchi) paesi arabi, pieno di ombre e che diventa sempre più imponente nei numeri. 
Josè, il protagonista, è figlio di un ricco kuwaitiano e di una domestica filippina che lavorava presso la famiglia del primo. Dopo la nascita del figlio, la donna era stata costretta a tornare nel proprio paese. Al compimento dei 18 anni Josè decide di tornare in Kuwait alla ricerca del padre e delle sue origini. Perché lui, come un gambo di bambù non ha radici, è un senza terra. Un giovane uomo senza identità e vittima dei pregiudizi e degli stereotipi.
Il libro affronta dunque il tema del razzismo e dell’identità o della mancanza di questa. È un romanzo, ha detto Al Sanousi in conferenza stampa, su chi non ha cittadinanza. Neanche nella sua famiglia, visto che la madre di Josè a volte non riesce neanche a guardarlo in faccia o a sentirlo parlare perché le ricorda il marito.
L' autore parla anche delle difficoltà della madre di Josè e delle difficoltà di quest’ultimo, alla ricerca di sé in un paese che invece lo percepisce come un corpo estraneo. 
Questo è un libro che solleva molti interrogativi, ha detto Al Sanousi. Interrogativi che lui stesso si è posto sin da quando, molto giovane, era andato a lavorare in contesti “multiculturali” e aveva sperimentato in prima persona il dolore che si prova nell’essere vittima di pregiudizi e stereotipi nocivi, che lui aveva sempre rifiutato. 
Il giovane scrittore si era quindi domandato: come ci vedono gli altri e noi, come li vediamo? E quello che aveva visto in risposta non gli era piaciuto, ma non era neanche riuscito a mettere su carta quelle emozioni negative. 
Finché non è arrivato Josè, tramite cui Al Sanousi è riuscito a descrivere gli aspetti negativi degli stereotipi.
Come il suo autore, il libro non dà risposte. Ma solleva domande e questioni (il razzismo verso chi consideriamo inferiore rispetto a noi, il trattamento dello straniero, la mancanza di identità e la ricerca del sé) che, a prescindere dall’ambientazione del libro, sono assolutamente e umanamente universali.

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